IL CODICE DELLA FELICITË
Se escludo il Paperino di Walt Disney o le meravigliose avventure di Wile Coyote, sempre uguali a loro stesse per storia, svolgimento ed epilogo, eppure sempre esilaranti, ho avuto sia nell’infanzia sia nella maturità – almeno fino all’avvento dei capolavori della Pixar – un rapporto relativamente periferico e di pura cortesia con il fumetto e con l’animazione. Quando Telethon mi ha chiesto di girare un cortometraggio per la fondazione raccontando la vera storia di Vasco e Viola, due nomi immaginari che incarnavano però la storia vera e reale di un bambino affetto da immunodeficienza e costretto a vivere isolato dal mondo e di una bambina in lotta contro il tumore, questo rapporto antico si è ravvivato mettendomi di fronte a una sfida che mi ha prima spaventato, poi commosso e infine esaltato. Avevo paura di replicare i bellissimi corti che hanno preceduto il mio lavoro senza apportare nulla di personale e di fare una di quelle cose che covano il rischio della retorica, del pietismo e del sentimentalismo. Temevo anche di non essere in grado di spiegare che dietro l’animazione ci sono persone in carne e ossa e di toccare al tempo stesso la vera essenza della questione: l’importanza della terapia genica che dopo anni di ricerca sta curando bambini affetti da gravi e rare malattie genetiche e ora sta anche dando nuove speranze di cura a chi combatte contro il cancro. Mi sono detto «devi riuscire a dire a un vasto pubblico che la medicina genica è il futuro della nostra storia non solo medica, ma anche antropologica». Mi sono detto che un domani i nostri nipoti saranno curati solamente così: intervenendo sul Dna e sostituendo o toccando la lettera fallace del nostro codice genetico. È un tema che mi interessa moltissimo e considero positivo il fatto che l’umanità, anche grazie a ricercatori italiani di grande valore che lavorano con fondi risibili, che stanno cambiando il mondo e di cui si parla troppo poco, si stia affacciando a un cambio storico dai contorni incalcolabili e imprevedibili. Un giorno potremo pensare ai nostri figli prima che vengano al mondo ed eliminare dei traumi trasmessi attraverso il Dna prima che nascano le persone, restituendo agli uomini e alla loro storia una rivoluzione di immensa portata che tocca l’essenza stessa dell’origine della vita. L’accesso a questa cassaforte dell’esistenza chiamata Dna ci trasformerà per sempre e in qualche modo Vasco e Viola parla anche di questo tema. Per realizzare il corto mi sono affidato all’animazione, una ricchezza che permette di dare corpo al mondo del non visto, alla cellula, al ricordo e alla paura della morte, proiettando sullo schermo la voglia di sole, di luce, di aria e di vita. Tutte queste componenti, in un cortometraggio, rischiavano di essere ridotte nella migliore delle ipotesi a una bellissima pubblicità. L’animazione mi ha permesso invece di aprire le porte dell’inconscio, quello spiraglio della fantasia che non è inquadrabile e rappresentabile, ma permette di ricostruire un immaginario da zero. L’animazione è una grandissima porta di comunicazione che non si decifra con le immagini tradizionali, ma che la nostra fantasia riesce in qualche modo a suggerire all’inconscio perché il rapporto tra immaginazione e animazione è molto più stretto di quanto non sia con le immagini filmiche in senso tradizionale. In pochissimi giorni, grazie anche all’aiuto di un team straordinario, siamo riusciti nell’impresa. Lo abbiamo fatto per Vasco e Viola, ma lo abbiamo fatto soprattutto per quel che saremo e vorremo essere domani. Uomini, tra gli uomini, senza più lacrime da spendere.