BABBO È NATALE E IO SONO TORNATA BAMBINA
Era stata abbandonata dal padre, poi lo ha ritrovato, e adesso che è tornata a vivere in Ungheria lui la accudisce. Protagonista di un film «a cinque stelle», l’attrice racconta le sue esperienze con gli uomini. E qual è il difetto che ama negli italiani
Andrea Osvárt è bloccata nel traffico sul Ponte delle Catene di Budapest: un po’ sospesa, come sempre. «Sono tornata a vivere qui cinque anni fa», racconta l’attrice ungherese, diretta verso la sua casa nel secondo distretto, agibile dopo settimane di ristrutturazione: «Ho passato una vita in Italia, sempre sola, e avevo bisogno di una base emotiva più stabile. Ma non credo d’aver trovato ciò che cercavo…». Non inquietudine quanto un senso di possibilità aperte, a pochi mesi dai suoi quarant’anni: «Voglio fare una grande festa, ad aprile. E magari trasferirmi a Parigi o in America, vedremo. Oppure chissà, per quel giorno sarò già incinta». Nel frattempo, ha fondato a Budapest una casa di produzione cinematografica che ha coordinato le location del primo cinepanettone firmato Netflix, Natale a 5 stelle, con Massimo Ciavarro, Massimo Ghini, Martina Stella e Ricky Memphis (col quale, nella pellicola, avrà un flirt). «Recitavo la parte di Berta e allo stesso tempo pensavo alle autorizzazioni pubbliche e a dove parcheggiare i mezzi. Stavolta, me la sono davvero andata a cercare». Dove ha vissuto in queste ultime settimane, con gli operai in casa? «Da mio padre». Ha sempre raccontato d’esser stata abbandonata da piccola. «È vero. Ma tre anni fa una psicoterapeuta mi ha spinta a cercarlo, e sono felice di averlo fatto. È come se fossi tornata bambina, per un po’». Che cosa ha scoperto di lui? «Pensavo fosse rigido, invece è carino, sa lasciarsi andare. In questi giorni stavo poco bene e andava in farmacia a prendermi le vitamine, a comprare il termometro. S’è occupato di me, insomma. E una parte profonda della mia mente si è come tranquillizzata». E che cambiamenti ha determinato nella sua vita? «Non sopporto più gli ipocriti. Sento le bugie a distanza di chilometri e allontano chi le dice, soprattutto a se stesso. Ho cambiato il mio carattere: prima ero più aperta, più disposta a perdonare. Ora preferisco meno gente attorno, ma vera». Andare in trincea è un passaggio tipico, a quarant’anni. «Rendere felici gli altri mi rende felice, ma non più a scapito del mio equilibrio. Non voglio ammalarmi o diventare paranoica, come accaduto in passato. C’è un limite: e ora quel limite lo rispetto». Pensa ancora che gli uomini italiani siano irrisolti? «Sì, e la mia ultima esperienza non mi ha fatto cambiare idea. Mi sono fidanzata con un ragazzo siciliano, trasferitosi a Budapest con la madre due anni fa. Viveva con lei e mi giurava fosse una situazione temporanea: dopo due anni, dormiva ancora con lei. Mi sono sentita presa in giro e a luglio l’ho mollato». Che cosa la accende ogni volta degli uomini italiani? «Forse proprio l’immaturità, per paradosso. Non avendo figli, sono portata a trovarmi dei bambini adulti». Ha mai pensato di averlo da sola, un figlio? «Diciamo che voglio darmi ancora un po’ di tempo per trovare l’uomo giusto». Natale a 5 stelle è pieno di riferimenti all’attualità, e si nominano Salvini, Di Maio, Renzi. La politica italiana le manca? «Per niente. La vicenda della formazione del governo mi ha fatto ridere, con amarezza intendo. Leggo degli scioperi dei medici e mi arrabbio. Penso al caos dei trasporti pubblici di Roma e devo ammettere che no, quell’aspetto non mi manca». Viktor Orbán, il Primo ministro ungherese, è così mostruoso come lo si descrive? «Sì, esattamente come lo si descrive». Non salva proprio niente? «C’è ordine, quello è indubbio, la città è pulita e hai l’impressione che tutto abbia una direzione. Poi ha introdotto l’Iva al 5 per cento sulle nuove costruzioni e a Budapest i cantieri stanno esplodendo. Il mio lavoro è portare qui un numero sempre maggiore di produzioni cinematografiche». Rocco Siffredi, che vive in città e fa un cameo nel film, ci ha costruito la sua porno-Hollywood. «E pensi un po’ che fama ha portato! Credo però che le cose si siano fatte più complicate anche per lui: sulla pornografia è stata inserita una tassa culturale, e molte produzioni sono scappate a Praga». Siffredi ha sempre detto di aver trovato in Ungheria le donne più disinibite del mondo, grazie alla mancanza del retaggio cattolico. Ha ragione o la cosa la offende? «Dico che non credo affatto che c’entri la religione: qui c’è povertà, e lo fanno per soldi. Io conosco molte ragazze napoletane, per fare un esempio, che sono decisamente più disinibite delle ungheresi». Passionalmente, come si definirebbe? «Controllata. Sto attenta a come mi muovo e a come mi esprimo, e di fronte a un approccio non lancio mai segnali. Voglio il corteggiamento romantico. Poi, quando mi apro, mi concedo completamente». Allontanarsi dall’Italia, professionalmente, ha avuto un prezzo? «No, perché lavoro molto all’estero. In Grecia ho girato Worlds Apart, che lì ha fatto più incassi di Guerre stellari. E in Germania ho finito le riprese di Allmen con Heino Ferch, il Bruce Willis tedesco. Gli ammiratori lì sono carinissimi: mi mandano le buste preaffrancate e con l’indirizzo di ritorno, e io spedisco loro l’autografo». L’idea di tornare a Roma la spaventa? «Per il traffico, dice?». No, per i tre episodi di stalking di cui è stata vittima. «Forse sì. In effetti ci sono andata sempre meno, e per periodi molto brevi». La violenza fu solo psicologica o anche fisica? «Anche fisica, da un uomo che era già stato accusato di tentato omicidio. È una faccenda che non ho mai raccontato, finita in tribunale: l’hanno condannato in primo grado ma il reato è caduto in prescrizione, ed è libero». Voleva ucciderla? «Non so cosa volesse fare, ma mi sono impietrita, e questo forse mi ha salvata. Mi sono sentita un nulla, uno zero, sola e poi lasciata nella merda. Da quel giorno, mi sento una sopravvissuta».