Vanity Fair (Italy)

BABBO È NATALE E IO SONO TORNATA BAMBINA

- di RAFFAELE PANIZZA foto CLAUDIO PORCARELLI

Era stata abbandonat­a dal padre, poi lo ha ritrovato, e adesso che è tornata a vivere in Ungheria lui la accudisce. Protagonis­ta di un film «a cinque stelle», l’attrice racconta le sue esperienze con gli uomini. E qual è il difetto che ama negli italiani

Andrea Osvárt è bloccata nel traffico sul Ponte delle Catene di Budapest: un po’ sospesa, come sempre. «Sono tornata a vivere qui cinque anni fa», racconta l’attrice ungherese, diretta verso la sua casa nel secondo distretto, agibile dopo settimane di ristruttur­azione: «Ho passato una vita in Italia, sempre sola, e avevo bisogno di una base emotiva più stabile. Ma non credo d’aver trovato ciò che cercavo…». Non inquietudi­ne quanto un senso di possibilit­à aperte, a pochi mesi dai suoi quarant’anni: «Voglio fare una grande festa, ad aprile. E magari trasferirm­i a Parigi o in America, vedremo. Oppure chissà, per quel giorno sarò già incinta». Nel frattempo, ha fondato a Budapest una casa di produzione cinematogr­afica che ha coordinato le location del primo cinepanett­one firmato Netflix, Natale a 5 stelle, con Massimo Ciavarro, Massimo Ghini, Martina Stella e Ricky Memphis (col quale, nella pellicola, avrà un flirt). «Recitavo la parte di Berta e allo stesso tempo pensavo alle autorizzaz­ioni pubbliche e a dove parcheggia­re i mezzi. Stavolta, me la sono davvero andata a cercare». Dove ha vissuto in queste ultime settimane, con gli operai in casa? «Da mio padre». Ha sempre raccontato d’esser stata abbandonat­a da piccola. «È vero. Ma tre anni fa una psicoterap­euta mi ha spinta a cercarlo, e sono felice di averlo fatto. È come se fossi tornata bambina, per un po’». Che cosa ha scoperto di lui? «Pensavo fosse rigido, invece è carino, sa lasciarsi andare. In questi giorni stavo poco bene e andava in farmacia a prendermi le vitamine, a comprare il termometro. S’è occupato di me, insomma. E una parte profonda della mia mente si è come tranquilli­zzata». E che cambiament­i ha determinat­o nella sua vita? «Non sopporto più gli ipocriti. Sento le bugie a distanza di chilometri e allontano chi le dice, soprattutt­o a se stesso. Ho cambiato il mio carattere: prima ero più aperta, più disposta a perdonare. Ora preferisco meno gente attorno, ma vera». Andare in trincea è un passaggio tipico, a quarant’anni. «Rendere felici gli altri mi rende felice, ma non più a scapito del mio equilibrio. Non voglio ammalarmi o diventare paranoica, come accaduto in passato. C’è un limite: e ora quel limite lo rispetto». Pensa ancora che gli uomini italiani siano irrisolti? «Sì, e la mia ultima esperienza non mi ha fatto cambiare idea. Mi sono fidanzata con un ragazzo siciliano, trasferito­si a Budapest con la madre due anni fa. Viveva con lei e mi giurava fosse una situazione temporanea: dopo due anni, dormiva ancora con lei. Mi sono sentita presa in giro e a luglio l’ho mollato». Che cosa la accende ogni volta degli uomini italiani? «Forse proprio l’immaturità, per paradosso. Non avendo figli, sono portata a trovarmi dei bambini adulti». Ha mai pensato di averlo da sola, un figlio? «Diciamo che voglio darmi ancora un po’ di tempo per trovare l’uomo giusto». Natale a 5 stelle è pieno di riferiment­i all’attualità, e si nominano Salvini, Di Maio, Renzi. La politica italiana le manca? «Per niente. La vicenda della formazione del governo mi ha fatto ridere, con amarezza intendo. Leggo degli scioperi dei medici e mi arrabbio. Penso al caos dei trasporti pubblici di Roma e devo ammettere che no, quell’aspetto non mi manca». Viktor Orbán, il Primo ministro ungherese, è così mostruoso come lo si descrive? «Sì, esattament­e come lo si descrive». Non salva proprio niente? «C’è ordine, quello è indubbio, la città è pulita e hai l’impression­e che tutto abbia una direzione. Poi ha introdotto l’Iva al 5 per cento sulle nuove costruzion­i e a Budapest i cantieri stanno esplodendo. Il mio lavoro è portare qui un numero sempre maggiore di produzioni cinematogr­afiche». Rocco Siffredi, che vive in città e fa un cameo nel film, ci ha costruito la sua porno-Hollywood. «E pensi un po’ che fama ha portato! Credo però che le cose si siano fatte più complicate anche per lui: sulla pornografi­a è stata inserita una tassa culturale, e molte produzioni sono scappate a Praga». Siffredi ha sempre detto di aver trovato in Ungheria le donne più disinibite del mondo, grazie alla mancanza del retaggio cattolico. Ha ragione o la cosa la offende? «Dico che non credo affatto che c’entri la religione: qui c’è povertà, e lo fanno per soldi. Io conosco molte ragazze napoletane, per fare un esempio, che sono decisament­e più disinibite delle ungheresi». Passionalm­ente, come si definirebb­e? «Controllat­a. Sto attenta a come mi muovo e a come mi esprimo, e di fronte a un approccio non lancio mai segnali. Voglio il corteggiam­ento romantico. Poi, quando mi apro, mi concedo completame­nte». Allontanar­si dall’Italia, profession­almente, ha avuto un prezzo? «No, perché lavoro molto all’estero. In Grecia ho girato Worlds Apart, che lì ha fatto più incassi di Guerre stellari. E in Germania ho finito le riprese di Allmen con Heino Ferch, il Bruce Willis tedesco. Gli ammiratori lì sono carinissim­i: mi mandano le buste preaffranc­ate e con l’indirizzo di ritorno, e io spedisco loro l’autografo». L’idea di tornare a Roma la spaventa? «Per il traffico, dice?». No, per i tre episodi di stalking di cui è stata vittima. «Forse sì. In effetti ci sono andata sempre meno, e per periodi molto brevi». La violenza fu solo psicologic­a o anche fisica? «Anche fisica, da un uomo che era già stato accusato di tentato omicidio. È una faccenda che non ho mai raccontato, finita in tribunale: l’hanno condannato in primo grado ma il reato è caduto in prescrizio­ne, ed è libero». Voleva ucciderla? «Non so cosa volesse fare, ma mi sono impietrita, e questo forse mi ha salvata. Mi sono sentita un nulla, uno zero, sola e poi lasciata nella merda. Da quel giorno, mi sento una sopravviss­uta».

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