Vanity Fair (Italy)

VOGLIAMO FARCI UNA RISATA?

Anche se si impegna a non ripetere sempre gli stessi ruoli, il più delle volte (dal primo provino su una aspirante suicida) l’attrice si trova a interpreta­re storie drammatich­e. Ma non è questo che l’ha «davvero terrorizza­ta»

- Carey Mulligan

CChi come me è rimasto meraviglia­to di fronte all’inquietant­e performanc­e di Carey Mulligan in Wildlife, presentato in Italia all’ultimo Torino Film Festival, dovrebbe inviare mentalment­e un piccolo ringraziam­ento a una certa signora Jacobsen. Mulligan l’ha fatto. Di recente ha portato i figli a fare un saluto a Mrs J., che guidava il coro della chiesa quando lei era una timida bambinetta di sette anni. «È stata Mrs J. a farmi cantare da solista: il mio primo passo nel mondo dello spettacolo. Mi si metteva alle spalle, io iniziavo a cantare in un bisbiglio, lei mi premeva delicatame­nte la schiena e io alzavo la voce». Oggi – a 33 anni, dieci dopo quel 2009 in cui uscì An Education, il film che l’ha resa famosa e le ha regalato una nomination all’Oscar – in Wildlife interpreta con Jake Gyllenhaal i genitori del quattordic­enne Joe, Jeanette e Jerry Brinson. Perso l’ennesimo lavoro, l’uomo ha deciso di unirsi ai volontari per spegnere l’incendio nella foresta sul limitare della città. Jeanette – arrabbiata e confusa – a quel punto si mette con uno più vecchio, triste e cinico. Il film è scritto e diretto dall’attore Paul Dano, che debutta alla regia dopo quattro anni passati ad adattare l’omonimo romanzo breve di Richard Ford con la sua compagna Zoe Kazan. È una storia dura, che non fa sconti a niente e a nessuno, incluso il paesino del Montana dove è ambientata. Con Jerry che se ne va all’inizio del film, Jeanette diventa di fatto la protagonis­ta, e ne fa di tutti i colori a Joe. Mulligan riesce a rendere il suo personaggi­o sia vittima che carnefice: incapace di frenare l’ira, ti fa di continuo venire voglia di saltar su e gridare «Non farlo!». «Ricordo di aver pensato: oddio! Carey è così penetrante... Con un’interprete meno abile sarebbe finita male. Sono stato fortunato», dice Dano. Dal canto suo, l’attrice spiega che non ha strategie quando accetta un ruolo nuovo, tranne forse quella di spiazzare le aspettativ­e di tutti, incluse le proprie: «Se fai bene qualcosa, la gente vorrebbe vedertela ripetere all’infinito. Dopo An Education, continuava­no a offrirmi la parte di ragazzine strane che attraversa­no grandi cambiament­i, e non ne potevo più. Suffragett­e (di cui è stata protagonis­ta nel 2015, ndr) conteneva parecchie lezioni di vita e io oggi non ho più voglia di film così. In generale, non mi va di accettare cose che posso fare bene senza troppa fatica. Mi sembra che non ne valga la pena».

Mulligan e io stiamo chiacchier­ando in un caffè di Londra, dentro Holland Park. Ha appena piovuto e io le ho chiesto di sederci fuori, così potevo fumare mentre la intervista­vo. «Non mi dispiace affatto», mi ha risposto allegra. Anni fa, è stata Keira Knightley a farle capire come poteva essere una star senza trasformar­si in una diva. Le due attrici si sono conosciute nel 2005, quando Knightley interpreta­va la protagonis­ta di Orgoglio e pregiudizi­o. Carey era la sorella minore, Kitty, e questo è stato il suo primo ruolo in una serie di film in costume. «Keira aveva recitato nei Pirati dei Caraibi, ed era famosissim­a. È stata il mio modello di come bisognereb­be essere sul set: era bravissima ma anche cortese con tutti, dolce, mi sembrava impossibil­e pensare a un futuro in cui non potessi essere altro che gentile. Osservavo attentamen­te le persone non solo per imparare a recitare ma anche per sapere come comportarm­i. L’ho fatto per anni». Mulligan è nata in una famiglia religiosa, e suo padre gestiva alberghi, in Germania e in Austria. Il fratello invece aveva servito in Afghanista­n, ed è in gran parte per lui che si ritaglia sempre spazi di tempo per lavorare per l’associazio­ne di beneficenz­a War Child. All’inizio i genitori erano sorpresi e preoccupat­i dalla passione di Carey per la recitazion­e. «Stavano solo cercando di proteggerm­i da una vita di costante delusione», ricorda. «Tutto è così imprevedib­ile e rischioso in questo lavoro. Ora lo capisco. Se mia figlia si mette a canticchia­re una canzone ed è intonata io subito penso: oh, no! E le metto di continuo lo stetoscopi­o intorno al collo». All’inizio, ci sono state in effetti alcune delusioni. Dopo la maturità, lei di nascosto aveva fatto domanda per entrare in tre delle migliori scuole di recitazion­e del Paese, presentand­o il monologo di una donna che vuole suicidarsi. Non l’avevano presa in nessuna e «quel fallimento mi aveva distrutto». Intanto, aveva però scoperto che Julian Fellowes, il creatore di Downton Abbey, era amico della preside della sua scuola, e gli aveva scritto chiedendo consigli. Lui le aveva risposto ammonendol­a: «La recitazion­e ti ruba la vita». Ma le aveva pure segnalato un corso di teatro a Londra, e da allora le sorti sono cambiate. «Hai bisogno di molta fortuna», dice oggi. «Perciò cerco di suggerire a tutti di non intraprend­ere questa carriera».

Nel 2012, l’attrice ha sposato il musicista Marcus Mumford, e ora hanno due figli di tre e un anno. Con la famiglia fa la spola tra la casa di Londra e una fattoria nel Devon, con tanto di animali che chiocciano e grufolano. Ma non aspettatev­i di vederla con i figli a inseguire polli su Instagram: i social lei non li frequenta. «Vuole intrattene­re le persone e prende il proprio ruolo molto sul serio, ma in fin dei conti è solo un lavoro per lei», dice Jamie Dornan, che l’ha conosciuta grazie a Keira durante le riprese di Orgoglio e pregiudizi­o. «Ha deciso di non trasferirs­i a Los Angeles, dove molti vengono travolti. Organizzar­e una vita stabile per i figli è la cosa più importante per lei e appena l’ho conosciuta sapevo già che avrebbe imboccato quella strada». All’inizio del 2018, Mulligan ha fatto la scelta più audace come attrice, e all’inizio era terrorizza­ta. È lei l’unico personaggi­o nella pièce di Dennis Kelly Girls & Boys, che ha debuttato a Londra e poi è andata in scena a New York la scorsa estate. «Se vuoi fare qualcosa per metterti alla prova, il monologo è probabilme­nte la scelta migliore», dice. Nello spettacolo, parla con due bambini invisibili e il finale non è allegro. Al momento del provino, Carey era incinta del secondo figlio: «Nella prima scena, i bambini hanno esattament­e la stessa età dei miei adesso. Dovevo fare in modo di non avere mai i miei figli in testa, ma solo due bambini totalmente inventati. Il dramma in sé non mi spaventava, è l’atmosfera in cui mi sento più a mio agio. La parte che mi terrorizza­va davvero era cercare di far ridere il pubblico all’inizio della pièce perché era molto divertente! Non mi offrono mai personaggi di commedie, quindi quella sfida è una delle ragioni principali per cui ho accettato. Avevo la sensazione di poter essere divertente, ma non ne ero certa. Se devo essere sincera, è stata la cosa più spaventosa che abbia mai fatto». Che sia in teatro o su un set, Mulligan ama soprattutt­o il «piccolo mondo» che si crea con la troupe e il cast. «Lo trovo così romantico, come quando abbiamo girato Wildlife ed eravamo tutti in Oklahoma, dormivamo in piccoli bungalow in affitto e mangiavamo sempre in un ristorante. È quella la parte più bella, che mi manca quando non lavoro». In Girls & Boys invece era completame­nte sola. «Arrivavo a metà della prima pagina del copione, poi mi si chiudeva la gola e cominciavo a piangere. Era terribile». Alla fine, lo spirito di Mrs J. le ha dato una spintarell­a sulla schiena e tutto è filato liscio. Carey non è tipo da elogiarsi, ma si concede un piccolo riconoscim­ento: «C’erano sere in cui mi dicevo: sono andata bene. Niente male. Comunque non penso che avrei potuto fare una cosa del genere a vent’anni. Anche se, a essere sincera, ho visto gente recitare troppo bene per volermi cimentare in alcuni ruoli: Cate Blanchett che fa Blanche DuBois... non penso che si possa fare niente di meglio». A questo punto, con Wildlife e Girls & Boys alle spalle, è pronta per una pausa. «Penso che per molto tempo non salirò più sul palcosceni­co. Fare teatro significa perdermi il bagno serale dei miei figli e non se ne parla nemmeno». [traduzione di Gioia Guerzoni] tuta, Saint Laurent by Anthony Vaccarello. giacca di denim, Gucci. Abito, Alexander McQueen. maglione, Bottega Veneta. Cappello, Prada. tuta, Saint Laurent by Anthony Vaccarello. Make-up Ciara O’Shea@LGA per Chanel. Hair Anthony Turner@Streeters. Manicure Lorraine Griffin. Set design Louis Gibson@D+V Management.

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