Vanity Fair (Italy)

A ogni episodio va a finire che muoio

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Alcol, fumo, sesso libero e molta droga. Russian Doll, la nuova serie disponibil­e su Netflix dal 1° febbraio, sfida la vostra soglia di tolleranza al politicame­nte scorretto. Non è un caso che il volto nonché autrice del progetto sia l’americana Natasha Lyonne, 39 anni, icona gay e con un passato di dipendenze di cui non ha mai fatto mistero. Anzi, ci ha giocato in tutti i suoi ruoli, dall’esperta di sesso di American Pie alla detenuta tossica di Orange Is the New Black. In questa commedia surreale dall’umorismo nero, scritta con la regina della sitcom americana Amy Poehler (vedi Parks and Recreation), Lyonne è Nadia, ingegnere informatic­o, cinica e sempre sballata, costretta a rivivere all’infinito la notte del suo 36esimo compleanno. Come? Continua a morire, risveglian­dosi nello stesso momento della serata: in bagno durante la sua festa. Forse è l’effetto psicotropo dell’ultima sigaretta di cocaina, o forse è morta davvero ed è finita all’inferno. Tant’è. Come Bill Murray nel film di culto degli anni Novanta Ricomincio da capo, Nadia è bloccata in un circolo temporale, risvegliat­a sempre dalla stessa canzone (Gotta Get Up di Harry Nilsson), con gli eventi che si ripetono sempre uguali. Ma superata la prima fase di isterismo, decide di venire a capo del mistero e comincia un’«indagine» che è soprattutt­o alla scoperta di sé stessa. Sempre fra parolacce, orge e battute senza filtri.

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