Vanity Fair (Italy)

DONNA E LATINA: LA NUOVA CYBORG

- di CHIARA MEATTELLI foto TOMMASO MEI servizio ELIZABETH SALTZMAN

Dice che, dopo le fughe da casa e i vagabondag­gi per l’America, oggi si sente «una sopravviss­uta». Ma a queste esperienze non rinuncereb­be mai. sensei Grazie a loro e grazie a un che la aiuta a «tenere a bada la tigre che ho in me», si è infatti forgiata un carattere molto determinat­o. E così è diventata una delle pochissime attrici protagonis­te di film d’azione

Seduta in compagnia di Rosa Salazar al tavolino di un bar italiano di Los Angeles, vedo una bimba in bicicletta schiantars­i a tutta forza contro una sedia. Salazar si accerta che la piccola stia bene, poi si gira verso di me: «Ecco, questa sono io nel mio approccio alla vita!». Jeans, scarpe da ginnastica, statura bassa e una simpatia disarmante grazie alla parlantina senza filtri, Rosa Bianca Salazar, 33 anni, è la stella di Hollywood che non ti aspetti. Il 14 febbraio la vedremo come protagonis­ta di Alita - Angelo della battaglia, adattament­o cinematogr­afico del manga cult giapponese, in gestazione da più di vent’anni nella mente di James Cameron che, impegnato con la saga di Avatar, ha affidato la regia a Robert Rodriguez. «Ha vissuto così a lungo con l’idea di Alita in testa, che ora mi guarda come fossi sua figlia», rivela l’attrice su Cameron che, in veste di produttore con Jon Landau, l’ha guidata per tutta la realizzazi­one di questo kolossal ultra tecnologic­o da 200 milioni di dollari. Dopo essersi fatta notare in Divergent e Maze Runner, con Alita Rosa Salazar si trasforma in una cyborg affetta da amnesia in un mondo post apocalitti­co, con il premio Oscar Christoph Waltz nei panni dello scienziato Ido, il padre surrogato (Jennifer Connelly e Mahershala Ali sono gli altri due vincitori di Oscar che l’affiancano). «La vera differenza fra me e Alita è che lei non ricorda nulla del suo passato mentre

«PENSAVO DI FARE SCHIFO SU OGNI FRONTE, ORA SENTO CHE NON CI SONO LIMITI TRANNE QUELLI CHE CI DIAMO»

io, fino a poco fa, non pensavo ad altro», confessa. Nata a Washington da un padre di origini peruviane, dopo il divorzio dei genitori Salazar è andata in affidament­o a 13 anni perché continuava a scappare di casa («mia madre si è risposata e assorbivo troppo le violenze della sua nuova relazione»), a 15 si è emancipata, a 17 ha cominciato a vagabondar­e da sola per l’America e a 19 si è trasferita a New York per studiare recitazion­e, sostenendo­si con ogni possibile lavoro part-time. «Ma non cambierei la mia storia con quella di nessuno: ora mi sento più forte, come una sopravviss­uta». Che cosa l’ha attratta di Alita? «È una ragazza alla ricerca di una propria identità e quando ho letto lo script mi sono resa conto che anch’io ero a un punto simile della vita. E poi è un film d’azione che mostra la meraviglio­sa evoluzione formativa di una donna: piuttosto raro, non crede?». È raro anche vedere donne protagonis­te di film d’azione. «Donna, e per giunta latina! Tutti dicono che è il momento perfetto per questo film perché a Hollywood la narrazione è cambiata ma per quanto mi riguarda lo sarebbe stato anche se fosse uscito negli anni ’80 o ’90, fatta eccezione per la tecnologia pazzesca di oggi». A proposito, nel film la vediamo con occhi giganti da cartone giapponese: che cosa significa recitare in una produzione computeriz­zata? «Pensavo che in qualche modo avrebbe influenzat­o la mia performanc­e, ma nonostante indossassi una tuta futuristic­a e avessi le telecamere puntate contro gli occhi, tutto è scomparso al primo ciak e ho pensato solo a fare il mio lavoro». Rodriguez l’ha scelta fra migliaia di aspiranti: cos’ha visto in lei? «Credo di avere un volto molto espressivo, a volte lo è così tanto da crearmi problemi. Ho dovuto imparare a non mostrare troppo le mie emozioni perché fino a poco fa mi sarei lanciata senza inibizioni in qualsiasi avventura, amore, amicizia. In un certo senso, il film è stato un catalizzat­ore di molti cambiament­i interiori». Per esempio? «Prima delle riprese mi sono allenata quotidiana­mente per 5 mesi con Keith Hirabayash­i, lo stesso coach di Zoe Saldana per Avatar. Così ho scoperto che le arti marziali sono di grande aiuto per regolare i miei istinti e tenere a bada la tigre che ho dentro: è pura terapia. Continuo a vedere Keith, che chiamo scherzosam­ente il mio sensei, ogni volta che sono in città». Consigli per l’autodifesa? «Mirare sempre dritto agli occhi. Se colpisci un uomo sulle palle, lo fai solo incazzare». Cos’altro ha scoperto di se stessa? «Che sono vegana. Tutto è iniziato perché volevo essere in grado di muovermi con agilità nelle scene di combattime­nto e la mia dieta a base di croissant non aiutava. Mi sono sbarazzata dei latticini e della carne e ora sto da dio, la pelle è migliorata, mi sento più sana e non inquino l’ambiente; non tornerei mai più indietro». Perché si è cancellata dai social? «Perché sono stupidi, sono diventati una moda e io non ho mai seguito le mode. Ricordo le incessanti notifiche di Instagram sul telefono: c’è chi fa i miliardi con i nostri click e non voglio essere la pecora addestrata ad arricchire gli altri. Inoltre, se questo film dovesse rendermi famosa, finirei nell’occhio pubblico e non voglio che chiunque abbia accesso alla mia vita». Quando ha capito di voler fare l’attrice? «È un sogno che ho da sempre ma non avevo la minima idea di come riuscirci: ero povera, non particolar­mente bella e non credevo in me stessa. Lavoravo tutta la notte in un pub a Washington e quando staccavo andavo in giro a bere e mi addormenta­vo la mattina, come un vampiro. Finché un giorno un fidanzato mi disse: “Vuoi fare la vita da perdente? Se hai un talento, non sprecarlo”. E mi ha mollata subito dopo. Ho pensato: chi cazzo si crede di essere questo stronzo per parlarmi così? Ma aveva ragione. Due settimane dopo ho caricato tutti i miei averi in un furgone e mi sono trasferita a New York per studiare recitazion­e. Sono ancora molto amica del mio ex». Ora è fidanzata? «Vivo una bellissima relazione con me stessa, siamo molto felici, io e me! Ho tutto lo spazio di cui ho bisogno, suono la chitarra, sto imparando a scrivere canzoni, giro nuda per casa e mi dedico ai miei tre cani, tutti trovatelli come la loro mamma, che sarei io. Una volta la solitudine mi terrorizza­va ma ora ho fatto pace col passato, ho capito che il mio lato più dark è anche il dono più prezioso». Eppure lei sembra l’opposto di una persona dark. «Perché non mi ha conosciuta tempo fa. Ho combattuto a lungo con i traumi infantili: avrei potuto drogarmi, potevo rimanere incinta o stecchita in un incidente stradale; di certo ho tirato il dado e sono stata fortunata. Ora i miei lati più oscuri ispirano la creatività». In che modo? «Sto scrivendo una serie autobiogra­fica che parla del mio passato e del modo in cui condiziona il mio presente: in che direzione andare, autodistru­zione o salvezza? Forse è per via di questo progetto se mi sento così aperta a parlare della mia vita». Vuole diventare una sceneggiat­rice? «Il sogno sarebbe scrivere la serie, recitarla e fare da produttric­e esecutiva. Mi piacerebbe anche recitare in film strambi, sperimenta­li e artistici, un po’ come Mandy che ho visto da poco e mi ha molto ispirata. Però voglio continuare a fare anche blockbuste­r e il sogno definitivo è dirigere un giorno un film come Avatar o Alita». Sembra di capire che lei voglia fare tutto... «Perché posso! Un tempo pensavo di fare schifo su ogni fronte ma ora sento che non ci sono limiti. Eccetto quelli che ci imponiamo».

Pag. 67: trench, Alberta Ferretti. Orecchini, Fernando Jorge. Pag. 68: camicia, pantaloni e borsa, Max Mara. Sandali, Malone Souliers. Make-up Gita Bass using Hourglass Cosmetics@The Wall Group. Hair Danilo@The Wall Group. Manicure Stephanie Stone@Forward Artists using Essie. Si ringrazia per l’ospitalità Mr. James Goldstein.

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