VOCI A SANREMO
Il party di Radio Italia con Vanity Fair e Real Time ha inaugurato il 69° Festival: abbiamo chiesto agli artisti le loro dediche «speciali»
Con le canzoni, scriveva Guccini, non si fanno le rivoluzioni. Però puoi sempre difenderci qualcosa, che sia l’amore o la guerra. In fondo per questo siamo qui». Irama ha occhi chiari quasi trasparenti. Più ancora nel buio del Victory Morgana Bay di Sanremo, dove Radio Italia in partnership con Vanity Fair e Real Time ha aperto i saloni del 69esimo Festival. Ha una gioventù gentile, tiene cara la memoria e balla, anche con le parole. Nasce così un gioco: a che cosa darebbero voce, oggi, questi artisti che hanno votato la loro alla musica? Paola Turci: «Io la darei a chi non gli esce». Francesco Renga: «Alle donne violate: sto male da uomo, da padre, da essere vivente». Il Volo: «Che poi basterebbe trattarle come la propria madre, come un fiore». Ultimo: «Io la mia voce la darei a quelli rimasti indietro, che però sono avanti». I Negrita: «O alle migranti, sarebbe bello». Mahmood: «Alla famiglia, che non è quella certificata da un matrimonio: a volte lo sono gli amici». Nek: «Griderei forte contro l’indifferenza: ne siamo malati». Shade e Federica Carta: «A chi ha talento, ma prova vergogna». Enrico Nigiotti: «A chi importante non ci si sente». Gli Zen Circus: «E, anzi, si nasconde in difetto». Einar: «Alla bontà, perché congedi l’invidia con una bella pacca sulla spalla». Anna Tatangelo: «All’orchestra dell’Ariston, sopra archi e fiati». I Boomdabash: «Ai bambini dell’Ilva di Taranto, mai più silenzio sulla loro salute». I liguri Ex-Otago: «Al ponte di Genova, quando ne avremo uno nuovo». Nino D’Angelo e Livio Cori: «Ai ragazzi che vanno via dall’Italia». Ghemon: «A chi qui si fa il culo tutti i giorni». Arisa: «Al punto di vista: perché non si orienti mai su quello che ci manca». Anna Foglietta, protagonista del Dopofestival: «All’elettorato orfano. Darei voce a noi, gli ostinati. Che sogniamo ancora per i nostri figli diritti svaniti in civiltà perdute».