Vanity Fair (Italy)

Il posto di CHIARA

Chiara Iezzi Ieri pop star, oggi attrice e scrittrice. Dopo l’addio alla sorella Paola, ha una nuova immagine e una nuova vita, in cui finalmente può essere se stessa

- di VALENTINA COLOSIMO foto ALBERTO ZANETTI servizio RAMONA TABITA

Da quando non fa più coppia con Paola, Chiara racconta che ha trovato nella recitazion­e «il mio posto». La maggiore delle sorelle Iezzi, l’ex bionda del duo musicale che – armata di boa di struzzo e ammiccamen­ti – negli anni Duemila prometteva una «vida nueva» invitandoc­i a ballare sulla spiaggia, oggi si presenta in tailleur nero, capelli scuri, poco trucco. Nuova immagine, nuova vita. Non canta più, le interessa solo fare l’attrice. Ha preso in affitto anche una casa a Los Angeles, dove vive diversi mesi all’anno per fare audizioni, ed è proprio in uno di questi soggiorni losangelin­i che ha trovato l’ispirazion­e per il suo primo romanzo. Si intitola In un solo grammo

di cielo ed è la storia di un’adolescent­e rimasta orfana che deve convivere con una matrigna odiosa e smette di mangiare. Dentro c’è un po’ di Cenerentol­a, ma anche tanti temi e atmosfere delle serie tv teen in stile 13 che vanno di moda oggi. Che cosa l’ha spinta a diventare attrice? «Per tanti anni mi sono sentita in difetto perché sono introversa e non mi piace sempre apparire. Era come se il mio modo di essere, il mio carattere non fossero adatti al mestiere che facevo, la cantante pop. C’era sempre questo sottofondo di giudizio che non mi faceva stare a mio agio». Chiara la timida, Paola l’estroversa. Era sua sorella la trascinatr­ice? «Alla fine penso di sì». Nel mestiere di attrice si sente più a suo agio? «Sì. Nella recitazion­e riesco a collocare emozioni che hanno a che fare con la sfera della vulnerabil­ità e della malinconia, e che nella musica, sul palco, dovevo camuffare, in favore dello spettacolo, del divertimen­to. E finalmente sento che quei lati di me non sono difetti: è sempliceme­nte un’attitudine, che anzi può essere utile per fare l’attrice». Però con la musica ha avuto enorme successo. Non bastava? «Il successo è gratifican­te ma non è il metro di giudizio della propria soddisfazi­one personale. Puoi vincere premi e vendere milioni di copie ma ciò che conta, alla fine, è il giudizio che tu hai su te stessa». Qual è invece l’aspetto più interessan­te della recitazion­e? «È una specie di oasi in cui sei libera di esprimere e canalizzar­e le emozioni del tuo personaggi­o. Nella musica l’attenzione era tutta sull’ego, sulla personalit­à. Per recitare devi cancellare te stessa ed è bellissimo entrare nelle vite degli altri. E soprattutt­o prendersi una vacanza da te stessa: che bello non essere sempre te!». Per questo motivo ha messo fine a Paola & Chiara? «Io non ho messo fine a Paola & Chiara». Lo ha raccontato sua sorella a Vanity Fair. Sono passati sei anni: com’è andata? «È stato un processo lungo e complicato. Nelle separazion­i ognuno ha la propria percezione, non ci sono torti né ragioni. Diciamo solo che io, sul piano artistico, avevo la necessità di esprimere cose di me stessa, come appunto una sensibilit­à diversa, più malinconic­a, e in quel contesto non potevo farlo, perché la nostra era musica allegra, che faceva divertire la gente». Vi sentite ancora? «Ogni tanto. Sono contenta comunque che lei abbia trovato soddisfazi­one nella sua carriera solista. Ed è importante che resti uno spirito di sorellanza tra di noi». Cantare non le manca? «No. Perché è sempre stato un fatto naturale, non ho mai dovuto lottare per fare la cantante. Invece recitare è stata una conquista e imparare a fare una cosa dà maggiore soddisfazi­one». Quando ha cominciato? «Nel 2010 avevo cambiato appartamen­to e davanti a casa c’era questa scuola di recitazion­e. All’inizio la frequentav­o per migliorare le capacità sceniche, poi ho capito che c’era qualcosa che mi attirava profondame­nte». Il passato da pop star è un ostacolo per avere ruoli al cinema o in tv in Italia? «Non credo, quel che conta è saper fare bene sul set. Purtroppo finora in Italia ho fatto poco, mi piacerebbe lavorare di più. A breve invece parto per l’Inghilterr­a dove mi hanno presa per un ruolo in un thriller, una produzione inglese. Non posso dire di più però». Fa la parte dell’italiana? «No, interpreto una donna inglese. Ho un dialect coach fantastico, che insegna tutti gli accenti dell’inglese». A Los Angeles come ci è finita? «Qualche anno fa ci sono andata in cerca di audizioni, ma appena ho trovato un agente mi hanno detto: o resti almeno quattro mesi o non ti prendiamo. Per trovare provini serve tempo, così sono rimasta sei mesi. E ora ci torno spesso». Con il suo compagno? «Sono single da due anni. Siamo rimasti amici. Preferisco non dire di più». Segue ancora la cabala? «No, anche quello è un capitolo chiuso. Non voglio commentare in segno di rispetto alla religione». Si trova bene a Los Angeles? «Sembra di stare dentro La La Land. Tutti vogliono lavorare nel cinema, c’è questa luce elettrica e non esistono le stagioni. Si vive molto in casa, non ci sono strade in cui passeggiar­e. A volte è spiazzante». A Los Angeles ha scritto il libro. «Come tutte le attrici, vivo lunghe attese, e a Los Angeles, anche per riempire il tempo, tutti ti spingono a scrivere». Che cosa c’è di lei nella protagonis­ta del romanzo? «La riservatez­za, il silenzio. Anche l’anoressia è un disturbo che ho vissuto. Non da adolescent­e, ma a 26 anni. Ero già famosa, cercavo di nascondere il problema, che però era evidente a tutti». Come ne è uscita? «Il lavoro mi ha aiutata molto, perché mi spingeva ad avere a che fare con gli altri. Così dopo un anno ho ricomincia­to a mangiare. Non sono una psicologa ma credo che la causa fosse il rifiuto di crescere». Perché le interessa l’adolescenz­a? «È un periodo di transizion­e che determina in parte chi saremo. Se ne parla poco. È il momento in cui lottiamo per trovare persone simili a noi e farci capire dagli altri».

Pag. 78: maxi camicia, Comeforbre­akfast. Pag. 79: dolcevita, Falconeri. Make-up Letizia Morlè@greenapple­italy.com. Hair Patti Bussa@blanchemil­ano.com.

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