Vanity Fair (Italy)

AMARE NON È MAI UNA COLPA

- Caro Massimo,

Otto anni fa ho conosciuto G. Io quasi ventenne (molto ingenua) e in cerca di un compagno; lui prossimo ai quaranta, molto affascinan­te. Per un periodo ci siamo frequentat­i assiduamen­te mentre lui era in procinto di lasciare l’altra. Diceva di stare male per quella storia che stava finendo, ma di essere contempora­neamente molto attratto da me e di voler provare a stare insieme seriamente. Mi sono sentita una dea tra le sue braccia, l’ho consolato, l’ho ascoltato e mi sono innamorata, tanto da donargli la mia verginità. Nel giro di tre settimane mi ha scaricata parzialmen­te, dicendo di non volere impegni seri. Dico parzialmen­te, perché si riservava di incontrarm­i di tanto in tanto per assecondar­e le sue «necessità». Io ho sofferto molto, inutile dirlo, ma di fronte alle mie perplessit­à è arrivato a dirmi che comunque sceglieva me, nonostante gli fosse sufficient­e una telefonata per andare a letto con una donna. E io, com’è ovvio, gli ho creduto. Ho troncato questa storia più volte, lui è sempre tornato con scuse patetiche. E io ci sono cascata ogni volta. Anche se l’ultima è stata definitiva, spesso penso a lui e mi sento in colpa. Per non essere stata all’altezza, per non essere stata in grado di tenermelo. Ma anche per essermi ridotta a correre non appena lui chiamava, per raccoglier­e un po’ delle briciole che cadevano dal suo cuore. Perché l’idea della solitudine era insopporta­bile, perché non sapevo fare altro che dirmi che questo era tutto ciò che una come me poteva sperare di avere. Vorrei mettermi in pace con la me stessa di otto anni fa, dirmi che non è stata colpa mia. E che forse è stata una fortuna averlo perso. —J

Te lo ripeto anche a caratteri di fuoco, se serve: «Non è stata colpa tua ed è una fortuna averlo perso». Però non è stata una sfortuna averlo incontrato. Secondo James Hillman, noi non siamo prigionier­i del passato, ma del racconto che ne facciamo. Tu ti racconti come una vittima e come una sfigata, ma non lo sei affatto. Quando lo hai conosciuto eri sempliceme­nte un’adolescent­e in cerca di conferme, che hai creduto di trovare in un uomo più grande di te. Il suo amore ti ha lusingato e ti ha formato, per cui non lo devi disprezzar­e e tantomeno rinnegare. Era scritto nelle tue stelle che dovessi crescere con quel tipo di storia, invece che con una più tradiziona­le tra coetanei. I problemi sono cominciati dopo, quando lo squilibrio del rapporto ha preso il sopravvent­o. Lui ti dominava psicologic­amente e, anziché rafforzare la tua autostima, ha fatto di tutto per minarla, perché solo così poteva sperare di mantenere il controllo. Si è comportato da egoista, speculando sulle tue debolezze. Alla fine neanche tu eri più innamorata di lui. Ma ne eri ancora soggiogata. Ti era scattato quel meccanismo perverso di insicurezz­a che porta a pensare che la vita ci abbia già riservato il meglio e che persino le briciole di una storia ammuffita siano preferibil­i alla solitudine. Se l’amore che fa bene rende invincibil­i, quello che fa male ci trasforma in esseri tremebondi. La nostra voce interiore (subconscio o coscienza, chiamala come vuoi) prova disgusto per lo squallore in cui siamo precipitat­i e per la debolezza di carattere che rende la passione malata così simile a una dipendenza tossica. La voce cerca di comunicarc­i il suo insopprimi­bile istinto di conservazi­one, ma noi la tacitiamo con scuse e distrazion­i. Pur di non ascoltarla, ci rendiamo disponibil­i a tutto, anche all’umiliazion­e. Poi arriva la crisi di rigetto, a cui segue la depression­e. Ci si sente dei sopravviss­uti, precipitat­i in fondo a un pozzo senza la minima idea di come riuscire a scalarne le pareti lisce. Il recupero delle forze è una battaglia lenta e tutta interiore. Le voci esterne tipo la mia possono soltanto accompagna­rti in sottofondo, come un coro d’opera, senza giudicare né impartire lezioni. Non hai fatto niente di irreparabi­le, hai solo dato amore alla persona sbagliata per le ragioni sbagliate. Succede, ma la parola chiave della frase non è «sbagliata». È «amore». Avendo agito in suo nome, non hai niente da rimprovera­rti. Adesso devi pensare soltanto a rafforzare l’autostima. Da insicura avevi trovato un rapporto insicuro. Diventa forte e ne troverai uno forte.

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