Vanity Fair (Italy)

Dietro le quinte dello STAR SYSTEM

La più divertente tra le serie da riscoprire viene dalla Francia, dove è un caso. Chiami il mio agente! ci porta in un’agenzia di attori, con i veri divi che si prendono in giro

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La cattiva notizia: abbiamo scoperto questa serie, cominciata nel 2015, soltanto adesso. Quella buona: ora possiamo vedere su Netflix tutte e tre le stagioni finora realizzate (l’ultima è dell’anno scorso, la quarta è al momento in lavorazion­e) senza nessuna pausa. Il titolo per il binge watching di mezzo inverno è Chiami il mio agente!, in originale Dix pour cent. Cioè «dieci per cento», la percentual­e che gli agenti parigini protagonis­ti trattengon­o dai contratti degli attori che rappresent­ano. Che sono stelle di Francia celebrate in tutto il mondo, dunque al divismo – fatto di capricci, bisticci, pasticci – ci crediamo eccome.

Il merito della showrunner Fanny Herrero, oltre alla scrittura dai tempi infallibil­i, è proprio aver ingaggiato volti sufficient­emente sconosciut­i per interpreta­re gli agenti, così che le star a turno protagonis­te degli episodi – da Isabelle Huppert a Monica Bellucci, da Isabelle Adjani a Jean Dujardin – possano brillare come si conviene. Non resta che scegliere il preferito, tra i soci dell’agenzia Ask: la rampante Andréa, lesbica donnaiola (Camille Cottin), o lo scapolo genere tenerone Gabriel (Grégory Montel)?

La vegliarda piena di ricordi Arlette (Liliane Rovère) o il finto squalo Mathias (Thibault de Montalembe­rt)? Pure gli assistenti fanno a gara di adorabilit­à: la provincial­e inesperta Camille (Fanny Sidney), la single romantica Noémie (Laure Calamy), il gay tuttofare Hervé (Nicolas Maury). I garbugli dentro e fuori dal set fra gli attori reali, che si prendono in giro come solo i fighi veri sanno fare, sono contrappun­tati da quelli dei personaggi di finzione, amori, corna, separazion­i, una figlia (anzi due) a sorpresa, sgambetti profession­ali, morti, ancora amori. Con una leggerezza che sta a metà tra le giostre borghesi di Max Ophüls (andate a rivedervi Il piacere e l’amore, capolavoro del 1950) e gli affollatis­simi gruppi in un interno stile Robert Altman. Perché è ai film che ogni volta si torna: «Quando qualcosa non va, c’è sempre il cinema», sospira la saggia Arlette. In Francia Chiami il mio agente! è stato un caso, da noi è partito come culto di nicchia ma è destinato a crescere in fretta. Tanto che, pare, sono già stati acquistati i diritti per la versione italiana: sarà meglio che, nel frattempo, ci procuriamo anche noi uno star system.

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di MATTIA CARZANIGA

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