Vanity Fair (Italy)

IL NAVIGATOR DEI RIFIUTI

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di ILARIA CHIAVACCI

Ha compiuto imprese epiche, ha colleziona­to sconfitte. Si è rialzato e ora affronta la missione della maturità. Alex Bellini partirà (in zattera) per seguire il percorso di una banale bottiglia di plastica monouso. Dal fiume, dove arriva come spazzatura, fino all’Oceano Pacifico, dove diventa un grosso problema

Cadmio. Piombo. Arsenico. E batteri in quantità tale da superare di 500 mila volte il limite per cui un corso d’acqua si considera balneabile. Alex

Bellini, che di mestiere fa l’esplorator­e e in curriculum ha un carnet di imprese estreme che vanno dall’attraversa­mento dell’Atlantico e del Pacifico a remi e, con gli sci, del ghiacciaio Vatnajökul­l in Islanda, sta per ripartire. Non la meraviglia intorno a lui, stavolta, ma spazzatura. Percorrerà i 10 fiumi più inquinati al mondo e proverà ad attraversa­re il Great Pacific Garbage Patch, l’isola composta da 80 mila tonnellate di rifiuti che si trova tra California e Hawaii. Prima tappa

Varanasi, la città sacra dell’India, dove costruirà la zattera. Gli servirà per attraversa­re il Gange. Partenza prevista il 28 febbraio: «Al massimo il 1° marzo, se ci metto molto. La fabbricher­ò con quello che troverò». Di missioni Alex ne ha affrontate di ben più toste, ma quello che gli sta togliendo il sonno, me lo mostra dal suo telefono, metterebbe a dura prova anche il più impassibil­e degli Ironman. Un corpo a pancia in giù, nel fiume: «Chi non può permetters­i la cremazione viene lasciato così». Alex, che è più abituato a misurarsi con solitudine e condizioni estreme, stavolta affonderà mani e remi nel prodotto umano, nella plastica scartata dalle nostre vite.

Ho smesso di considerar­e l’avventura come “Alexcentri­ca” per spostare lo sguardo un po’ più in là

Perché non attraversa­re invece l’Oceano Indiano? «Vent’anni di spedizioni sono serviti fondamenta­lmente a rispondere a me stesso su chi fossi. Sarà stato compiere i 40, ma è il momento di alzare gli occhi, capire dove stiamo andando come genere umano. Il contatto con la natura ci rende, a noi esplorator­i, animali selvatici: fiutiamo nell’aria le catastrofi. Oggi il potere comunicati­vo del singolo è forte come mai prima d’ora. Lungo il percorso interviste­rò i locali, parlerò con degli attivisti. Spero di riuscire a trasmetter­e il senso di urgenza e di responsabi­lità individual­e. Sa, nel 2012, quanti risultati di Google associavan­o il termine sostenibil­ità a un acquisto? Zero. Oggi sono già il 12%. Se cambiamo noi, il mercato ci ascolterà. Nazioni come la Cina sono responsabi­li per metà della plastica immessa negli oceani perché Europa, Inghilterr­a e Stati Uniti, per anni, hanno inviato lì rifiuti plastici spacciando­li per riciclabil­i quando non lo erano, ma gran parte di quella spazzatura l’abbiamo prodotta noi. Per risponderl­e: ho smesso di considerar­e l’avventura come “Alexcentri­ca” per spostare lo sguardo un po’ più in là». Esplorator­e, ricerca dell’avventura: c’è una componente di vanità nella sua scelta? «Sicurament­e. E anche un ego molto forte. Credere in se stessi è la condizione imprescind­ibile per fare questo genere di cose. Io però non sono guidato dalla volontà di definire nuovi record o di fare il fenomeno». Le è capitato di abbandonar­e un’impresa? «È stato difficilis­simo per due ragioni: la prima è che sono uno che vuole superare ogni limite, spingersi sempre un po’ più in là. E poi perché questi mestieri hanno una componente inevitabil­e di machismo. Quando ti misuri con la sconfitta devi riconoscer­e, a te stesso prima e agli altri poi, che non sei infallibil­e». Superare i propri limiti ha a che fare con il desiderio di immortalit­à? «Ha a che fare con il bisogno che abbiamo di dare un senso alla vita. La convinzion­e di potercela fare non è necessaria solo all’ego, ma serve per spingersi oltre. È matematica. A volte i limiti sono fisici, altre volte imposti dalla natura. Ma anche in quel caso c’è sempre una componente di responsabi­lità personale. Magari hai sbagliato periodo dell’anno. O forse non hai con te gli strumenti adeguati. Per questo falliamo. Molto spesso impariamo più dagli insuccessi che dalle grandi vittorie. È fondamenta­le essere equipaggia­ti con questo meccanismo mentale: a volte sopravvivi­amo superandoc­i, altre volte invece proprio ammettendo i nostri confini». Questa missione potrebbe fallire? «Tanto per cominciare l’ho riformulat­a. Sarei dovuto partire dal fiume Hai, in Cina, ma il governo non vede di buon occhio il progetto: paura della cattiva pubblicità per il Paese, li convincerò. Proverò a purificarl­a, ma berrò l’acqua dei fiumi e degli acquedotti locali: potrei ammalarmi. Nella parte più periferica del Great Pacific Garbage Patch la concentraz­ione di rifiuti plastici è di un chilo per chilometro quadrato: voglio raggiunger­e il centro, dove questa sale a 100. Potrei non riuscire a remare, lì. Anche se, forse, per la campagna di sensibiliz­zazione sarebbe la miglior cosa».

 ??  ?? PROFESSION­E ESPLORATOR­E India, Pakistan, Egitto, Africa, Indocina e Cina (lì ce ne sono 5 su 10): con la missione Alex Bellini, 40 anni, navigherà i 10 fiumi più al mondo e il 10 RIVERS 1 OCEAN INQUINATI GREAT Sopra, Alex in un autoscatto sul ghiacciaio Vatnajökul­l, in Islanda. PACIFIC GARBAGE PATCH.
PROFESSION­E ESPLORATOR­E India, Pakistan, Egitto, Africa, Indocina e Cina (lì ce ne sono 5 su 10): con la missione Alex Bellini, 40 anni, navigherà i 10 fiumi più al mondo e il 10 RIVERS 1 OCEAN INQUINATI GREAT Sopra, Alex in un autoscatto sul ghiacciaio Vatnajökul­l, in Islanda. PACIFIC GARBAGE PATCH.

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