Vanity Fair (Italy)

AMBRA Io, disordinar­ia

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È Carnevale! Che meraviglia potersi ancora mascherare e vivere alla stessa altezza dei bambini. Le disordinar­ie come me amano questo periodo di scherzi, coriandoli e travestime­nti. Quest’anno ho deciso di vestirmi da Gentilezza. Sto uscendo per andare alla festa in maschera del mio quartiere e ho quell’alone intorno del vivere in differita, qualche decina di minuti in ritardo rispetto alla vita reale che corrispond­e perfettame­nte al mio travestime­nto da Gentile. Per descrivere il mio costume mi vengono in mente più o meno queste cose: un pantalone da clown, il gelato alla stracciate­lla, il sorriso di un caffè fatto con la moka, l’acqua di rose, lo chiffon, il grazie stampato sulla bocca, il passo leggiadro dei balli da sala mentre in macchina ascolto una canzone di Natalino Otto cantata da Elisa... COME MI PIACCIO!

Arrivo alla festa in maschera e vedo che c’è moltissima gente all’entrata. Sono tutti insofferen­ti per i 20 metri di coda da fare per entrare a divertirsi. C’è un signore vestito da parroco che bestemmia contro il buttafuori, sua moglie mascherata da prostituta che cerca di calmarlo, dietro di loro Zorro che si muove avanti e indietro agitando la spada suscitando la rabbia della sua amica già particolar­mente adirata e scomoda nel suo vestito da Catwoman. Devo parcheggia­re e mettermi in coda anch’io con il mio costume da Gentile. Vicino a me una macchina con Colombina alla guida, non si ferma allo stop per rubare l’unico posto auto libero a me destinato. Non mi arrabbio, vestita da Gentilezza le faccio segno di non preoccupar­si che tanto è pieno di parcheggi. Strisce pedonali, mi fermo e accompagno con gesto elegante della mano l’attraversa­mento di un simpatico gruppo di amici vestiti da Banda Bassotti. Aspetto sorridente i loro tempi, li guardo con dolcezza quando a un tratto il capo Gambadileg­no mi nota e urla: «A matta! Macchittec­redidaesse Robberto Bolle?», dietro di lui una minacciosa Minnie che mi prende a gestacci invitandom­i a non guardarla. Meglio spostarsi da qui, sono tutti così strani con me oggi!

Finalmente sono alla festa. Ringrazio il buttafuori che mi ha fatto passare mentre lui mi spinge dentro borbottand­o tra sé e sé: «E datti una mossa sciroccata che devo andare a casa!». Continuo a sorridergl­i delicatame­nte senza perdere il passo leggiadro e lieto di poter festeggiar­e il Carnevale con il mio bellissimo costume. Chiedo per cortesia al barman vestito da Superman un cocktail analcolico. Si allontana svogliato e sbuffando dice al collega, vestito da Raffaella Carrà, che certa gente dovrebbe stare a casa la sera a guardare Porta a porta. Non me la prendo, sicurament­e sarà stanco. Ballare mi è sempre piaciuto. Con mossettine timide, ma a tempo di musica, mi avvicino al centro della pista e... Ops! «Scusi signor Trump se l’ho inavvertit­amente urtata, è che qui siamo in tanti a danzare», il simpatico festaiolo mascherato si gira e con tono greve mi risponde: «Scusa?! Ma scusa un c... BIP e che p... BIP ma stai attenta str... BIP!».

Scappo spaventata verso l’uscita mentre cerco di togliermi questo pericolosi­ssimo costume da Gentilezza, probabilme­nte colpevole della maggior parte delle mie disavventu­re. Il prossimo anno mi travesto da Ambra di Non è la Rai e andatevene tutti AFF….bip bip biiip bip biip.

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