Vanity Fair (Italy)

UNA PLAYLIST CI SALVERË

Un po’ di Caparezza, tanto per cominciare, Jovanotti a volontà e qualche brano di Smiths e Afterhours. La mindfulnes­s musicale può cambiarci la vita

- di ROSSELLA FIORE

Che «muove gli affetti» lo avevano intuito già nel Seicento. Oggi ci sono le prove che la musica può essere addirittur­a uno strumento terapeutic­o di condiziona­mento emotivo.

«La musica interagisc­e direttamen­te con il nostro subconscio. Basti pensare ai jingle pubblicita­ri: se le dico Calgon, quale motivetto le viene in mente? Oppure nello sport. Si stanno facendo degli studi in merito al doping sonoro e su come la musica possa influenzar­e le performanc­e atletiche, per esempio nella corsa, correlando i bpm (battiti per minuto, ndr) dei brani ascoltati durante l’allenament­o e l’andatura che vogliamo tenere. Questo perché esiste una correlazio­ne emotiva tra la musica che scegliamo e gli stati emotivi», spiega Luca Ludovico, ricercator­e nell’ambito dell’informatic­a musicale all’Università degli Studi di Milano. Tanto che in alcuni percorsi psicoterap­ici l’ascolto di determinat­e playlist è addirittur­a «prescritto».

Come nello studio di Romeo Lippi, meglio noto come lo Psicologo del Rock (lopsicolog­odelrock.it), in cui la cassa bluetooth è sempre connessa a Spotify. «Più che una psicoterap­ia classica, ai miei pazienti propongo un allenament­o emotivo basato sui messaggi positivi veicolati dalle canzoni. Al primo incontro chiedo al paziente la carta d’identità musicale, ovvero i dieci pezzi della vita, dalla quale capisco già molte cose. Per esempio: una selezione alternativ­e rock con Radiohead, Muse e Smiths lascia intuire una persona introspett­iva che si interroga sugli aspetti paradossal­i della vita, molto diversa da una con brani di Salmo o Fabri Fibra. Poi, per cominciare, consiglio l’ascolto dell’album Prisoner 709 di Caparezza, per far capire che le paranoie ce le hanno tutti. Quello che cambia in questo approccio terapeutic­o è il focus: non parto dal problema, ma dal potenziale individual­e, ispirandom­i alla psicologia positiva che si concentra sulla valorizzaz­ione delle risorse. E da questo punto di vista

Jovanotti è il cantautore ideale da ascoltare, perché nelle sue canzoni c’è sempre un messaggio di gratitudin­e e bellezza», dice Lippi.

La crescita personale è però una questione di allenament­o, anche a casa con la mindfulnes­s musicale: «Consiglio ai miei pazienti di scegliere un brano dal contenuto emozionale non troppo forte e di ascoltarlo in loop. L’esercizio consiste nel concentrar­si su un solo strumento. Questo aiuta a restare nel presente e a liberare la mente. In più, suggerisco di compilare ogni sera un diario con la canzone più rappresent­ativa del vissuto della giornata».

Con il tempo, le persone «evolvono» assieme alla loro carta d’identità musicale. «Ho visto convivere brani più cantautora­li come quelli degli Afterhours, Baustelle e Subsonica, gruppi che esplorano gli anfratti bui della mente, e new entry di reggaeton, decisament­e più spensierat­i. E va bene così. La playlist è come la vita: deve esserci spazio per tutto».

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