LA LUNGA NOTTE
Un incontro con una sconosciuta e inizia la paura nella Vienna di Stefan Zweig
Se vi sentite angosciati, preoccupati, tormentati, non leggetelo. O magari sì. Dipende da come siete fatti: se siete capaci di distrarvi dai pensieri bui, e allora c’è Netflix, o avete bisogno di toccare il fondo per risalire. Nel secondo caso Paura di
Stefan Zweig (Adelphi, pagg. 113, € 10; trad. Ada Vigliani) può aiutare. Paura, «Angst» in tedesco, è un tascabile Adelphi di un centinaio di pagine che si legge in poche ore ma lascia un segno. È la storia di Irene, giovane moglie di un avvocato penalista che vive senza gran coscienza di sé tra balli e colazioni, com’era costume della sua classe sociale, l’alta borghesia della Vienna di
inizio Novecento. Con la superficialità con la quale ha fatto tutto nella vita – sposarsi senza amore, avere due figli e farli crescere alle bambinaie – diventa l’amante di un giovane pianista. Mentre esce da casa sua viene sorpresa da una donna che inizia a ricattarla, e lì inizia l’incubo di Irene e del lettore: la paura di perdere tutto quel che non sapeva nemmeno di avere e di cui comprende l’importanza vitale solo mentre lo sta perdendo. C’è un colpo di scena finale bellissimo e non dirò una parola di più sulla trama. Ma vi ritroverete a soffrire con Irene, a sentire il peso della sua colpa, che è soprattutto l’inconsapevolezza di sé. La scrittura di Zweig coinvolge fino a far male, come nella Novella degli scacchi o in Lettera di una sconosciuta che forse sono le sue opere più celebri, dense di stati d’animo che somigliano in modo inquietante alla sua vita e alla sua morte. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta, Zweig ebbe un grande successo e fu uno degli autori più tradotti, amico di James Joyce ed Hermann Hesse. Era cosmopolita ed europeista ma soprattutto così contrario ai totalitarismi da lasciare l’Europa per New York prima e poi il Brasile dopo l’avvento al potere del nazionalsocialismo. Nel 1942, a sessantun anni, decise di uccidersi insieme alla giovane seconda moglie: l’esilio gli era insopportabile quanto il mondo dal quale era fuggito. Lasciò una lettera dove diceva: «Saluto tutti i miei amici. Che dopo questa lunga notte possano vedere l’alba. Io che sono troppo impaziente li precedo».