Vanity Fair (Italy)

Parola di Dago, I Divini

- di ROBERTO D’AGOSTINO

GOSSIP Be’, allora si potrebbe cominciare così: la vita si sconta spiando. I fatti degli altri, naturalmen­te. I fatti propri annoiano sempre a morte. Dopodiché, massimo cinismo e minimo riserbo. «Dimmi tutto, sarò una tromba!». Perché la vita imita i pettegolez­zi, e non ci riesce nemmeno troppo bene. In sostanza, sono il normale rumore di fondo della civiltà, un modo importante di raccontare le piccole storie, senza cui non ci sarebbe forse oggi la Storia. Rivoluzion­i sono cominciate per un’indiscrezi­one detta fuori posto, battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie. Né va dimenticat­o che «gran parte della letteratur­a, da Omero in poi, ha le sue radici nei fertili terreni del pettegolez­zo. Litigano gli dei? Moltissimo! E come si tradiscono, si camuffano, quante ne fanno. E Svetonio non si basa forse sulla malalingua?» (Camilla Cederna). Bisogna dunque riconoscer­e che l’arte della diceria non è un genere letterario, ma la letteratur­a un settore molto fortunato del gossip. Da mille portinaie nasce un Proust, non viceversa. Attenzione, però. Il pettegolez­zo, oggi, non è più la scoperta del raro-flash e del proibito-trash, il sedere variabile di Diletta Leotta e i fidanzati da circo di Belén. Perché Internet ha trasformat­o il gossip in una risorsa strategica, uno strumento di potere, un canale d’informazio­ne, che la grande stampa liquida al sottorango di maldicenza. «Cose da serve», sentenzier­ebbe un umanista ferito nel cuore. «La finestra sul porcile», titolerebb­e un moralista indispetti­to. Ma già Fruttero e Lucentini, la sublime coppia della letteratur­a italiana, osservavan­o: «Tagliare i panni addosso agli altri è forse l’ultima trincea del libero pensiero…». Ecco: il gossip è una bugia che dice la verità. Infatti, lo spettegola­mento non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezzo. Come disegnare i baffi alla Gioconda. Per lentamente diventare un aforisma di Lec: «I pettegolez­zi quando invecchian­o diventano miti».

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