Parola di Dago, I Divini
GOSSIP Be’, allora si potrebbe cominciare così: la vita si sconta spiando. I fatti degli altri, naturalmente. I fatti propri annoiano sempre a morte. Dopodiché, massimo cinismo e minimo riserbo. «Dimmi tutto, sarò una tromba!». Perché la vita imita i pettegolezzi, e non ci riesce nemmeno troppo bene. In sostanza, sono il normale rumore di fondo della civiltà, un modo importante di raccontare le piccole storie, senza cui non ci sarebbe forse oggi la Storia. Rivoluzioni sono cominciate per un’indiscrezione detta fuori posto, battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie. Né va dimenticato che «gran parte della letteratura, da Omero in poi, ha le sue radici nei fertili terreni del pettegolezzo. Litigano gli dei? Moltissimo! E come si tradiscono, si camuffano, quante ne fanno. E Svetonio non si basa forse sulla malalingua?» (Camilla Cederna). Bisogna dunque riconoscere che l’arte della diceria non è un genere letterario, ma la letteratura un settore molto fortunato del gossip. Da mille portinaie nasce un Proust, non viceversa. Attenzione, però. Il pettegolezzo, oggi, non è più la scoperta del raro-flash e del proibito-trash, il sedere variabile di Diletta Leotta e i fidanzati da circo di Belén. Perché Internet ha trasformato il gossip in una risorsa strategica, uno strumento di potere, un canale d’informazione, che la grande stampa liquida al sottorango di maldicenza. «Cose da serve», sentenzierebbe un umanista ferito nel cuore. «La finestra sul porcile», titolerebbe un moralista indispettito. Ma già Fruttero e Lucentini, la sublime coppia della letteratura italiana, osservavano: «Tagliare i panni addosso agli altri è forse l’ultima trincea del libero pensiero…». Ecco: il gossip è una bugia che dice la verità. Infatti, lo spettegolamento non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezzo. Come disegnare i baffi alla Gioconda. Per lentamente diventare un aforisma di Lec: «I pettegolezzi quando invecchiano diventano miti».