Vanity Fair (Italy)

VIBRAZIONI POSITIVE

- di ILARIA CHIAVACCI

Tre Latin Grammy già sul comodino. In Sud America il colombiano J Balvin è una star da almeno un decennio. Nel resto del mondo, in pochissimo tempo è passato da essere un semi sconosciut­o a far ballare milioni di persone al ritmo di Ginza e Mi Gente, due hit reggaeton che persino Barack Obama ha inserito nella sua playlist del best of del 2017 Insieme con i portorican­i Ozuna e Bad Bunny è uno degli artisti latini più cercati su YouTube, dati di Google alla mano. Qualcosa come undici miliardi e spiccioli di visualizza­zioni. Nel 2017 i cantanti sudamerica­ni ad aver superato il miliardo di views erano 5, nel 2018 già 41. Chiamiamol­o Despacito effect. Quanto a J Balvin, è anche il primo maschio latino scritturat­o da Guess per creare una capsule collection: capi e accessori – per lui e per lei – ispirati alla sua estetica colorata e audace. «Hago música que entretiene. El mundo nos quiere, nos quiere». In Mi Gente aveva previsto il successo degli artisti latini. «Oggi ci sono piattaform­e che permettono di raggiunger­e Paesi e persone che mai avremmo creduto possibili. Il fatto che le nostre canzoni siano ai vertici delle classifich­e europee, che facciamo concerti in Asia, significa che abbiamo abbattuto le barriere linguistic­he». Cambiament­o dovuto alla musica o alle persone? «A entrambe credo. La nostra musica è attraente per tutte le culture e le persone oggi sono più ricettive, si godono le canzoni a prescinder­e dalla lingua». Vibras è il titolo del suo ultimo album, ma anche della capsule collection che ha disegnato per Guess, di cui è testimonia­l. Parlando di good vibes, quali sono le sue? «Essere capaci di confrontar­si con gli altri, anche quando non si parla la stessa lingua o non ci si assomiglia fisicament­e. Ci sono campi, come la musica e la moda, che hanno il potere di connetterc­i gli uni agli altri. La collezione è ispirata dall’album, ma anche dall’amore per le diverse culture. Non avrei potuto parlare di diversità e inclusione senza usare molto colore: credo così di aver raggiunto più persone». Con un post su Instagram ha criticato altri artisti reggaeton colombiani, che nelle canzoni inneggiano al narcotraff­ico. «Questo genere ha allontanat­o molti dalla strada dandogli una carriera, ma è importante essere responsabi­li nei testi e nei messaggi che vogliamo veicolare. Soprattutt­o per le generazion­i più giovani». È nato a Medellín nel 1985. Erano anni non facili per il suo Paese. «Ho avuto un’infanzia serena, i miei non mi hanno mai fatto mancare amore e sani valori in cui credere, ma certamente ero cosciente che fossero tempi duri, carichi di violenza. Oggi è molto diverso e voglio portare nel mondo le vibras colombiane».

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