Vanity Fair (Italy)

Non ci resta che sognare

Torna The OA, la serie più strana dello streaming. Con nuove sorprese e nessuna spiegazion­e

- di MARGHERITA CORSI

Che cos’è The OA? A più di due anni dal debutto della serie fenomeno di Netflix, uscita in sordina spiazzando critica e pubblico, forse riusciremo a dare una risposta. Forse. Perché il mystery soprannatu­rale di Brit Marling e Zal Batmanglij vuole sperimenta­re, piuttosto che dare soluzioni, come confermano gli otto episodi finali (disponibil­i dal 22 marzo). Ognuno con durata diversa (dai 40 ai 70 minuti) e una trama sempre più complicata. Riassunto delle puntate precedenti: Prairie Johnson (Marling), una ragazza adottata e non vedente scomparsa da sette anni, torna a casa: ora ci vede e dice di essere un angelo (The OA sta per «The original angel», «Il primo angelo»). Prairie «recluta» cinque persone a cui racconta la sua storia (che include uno scienziato pazzo, resurrezio­ni e dimensioni alternativ­e) e insegna loro una sequenza di «mosse» che sprigiona poteri magici e apre varchi spaziotemp­orali. Nei nuovi episodi, Prairie si risveglia nel suo corpo, ma ha vissuto un’altra vita: non è mai stata adottata e non è cieca. Intanto, un investigat­ore privato indaga sulla scomparsa di un’adolescent­e vietnamita. Qual è il collegamen­to? The OA può piacere o meno, ma sull’originalit­à non si discute. Va guardata abbraccian­do lo spirito dei creatori: solo così la si può apprezzare. Spiegarla, forse, è chiedere troppo.

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