Non ci resta che sognare
Torna The OA, la serie più strana dello streaming. Con nuove sorprese e nessuna spiegazione
Che cos’è The OA? A più di due anni dal debutto della serie fenomeno di Netflix, uscita in sordina spiazzando critica e pubblico, forse riusciremo a dare una risposta. Forse. Perché il mystery soprannaturale di Brit Marling e Zal Batmanglij vuole sperimentare, piuttosto che dare soluzioni, come confermano gli otto episodi finali (disponibili dal 22 marzo). Ognuno con durata diversa (dai 40 ai 70 minuti) e una trama sempre più complicata. Riassunto delle puntate precedenti: Prairie Johnson (Marling), una ragazza adottata e non vedente scomparsa da sette anni, torna a casa: ora ci vede e dice di essere un angelo (The OA sta per «The original angel», «Il primo angelo»). Prairie «recluta» cinque persone a cui racconta la sua storia (che include uno scienziato pazzo, resurrezioni e dimensioni alternative) e insegna loro una sequenza di «mosse» che sprigiona poteri magici e apre varchi spaziotemporali. Nei nuovi episodi, Prairie si risveglia nel suo corpo, ma ha vissuto un’altra vita: non è mai stata adottata e non è cieca. Intanto, un investigatore privato indaga sulla scomparsa di un’adolescente vietnamita. Qual è il collegamento? The OA può piacere o meno, ma sull’originalità non si discute. Va guardata abbracciando lo spirito dei creatori: solo così la si può apprezzare. Spiegarla, forse, è chiedere troppo.