Vanity Fair (Italy)

La moda «ruba» alle culture? No, se diventa integrazio­ne

- di ANGELA ROSSETTI

Partire per un viaggio in Africa, scoprire un costume popolare, un modo di annodare un mantello o un determinat­o segno pittorico relativi a una tribù o a un’usanza del luogo. E poi tornare a Milano, Parigi, Londra e New York e creare una collezione di moda che riprenda quell’ispirazion­e. Quello che fino a ieri era una consuetudi­ne del fashion system, oggi è diventato un tabù: si chiama appropriaz­ione culturale ed è l’atto di una cultura «dominante» di appropriar­si degli elementi di un’altra cultura «minoritari­a» (oppure dominata o ancora oppressa) per fini economici o utilitaris­tici. Negli ultimi due anni, il tema ha talmente infiammato il dibattito tra sfilate, stilisti e maison da portare grandi marchi a riconsider­are le proprie politiche se non addirittur­a a ritirare dal mercato prodotti accusati appunto di appropriaz­ione culturale. La giusta e legittima critica, però, sta ultimament­e bloccando la creatività perché non è sempre chiaro come e fino a che punto si possono utilizzare gli elementi di altre culture per trasformar­li in abiti, in accessori e, più in generale, in ulteriori gesti creativi. Un buon esempio su come procedere a riguardo viene dalla nuova iniziativa del marchio di abbigliame­nto Freddy che si è alleato con Laolu Senbanjo, artista nigeriano nato a Brooklyn, cantante, musicista e avvocato dei diritti umani, considerat­o uno dei guardiani della cultura Yoruba, gruppo etno-linguistic­o di circa 40 milioni di persone diffuso nell’Africa occidental­e. Con Laolu (per altro, già utilizzato da Beyoncé all’interno dell’album Lemonade) Freddy ha creato una collezione uomo ispirata all’arte africana tramandata nei secoli dalle popolazion­i Yoruba, arrivando anche a filmare una performanc­e del ballerino Yannick Lebrun ripreso con il body painting tradiziona­le. Nel progetto non c’è soltanto appropriaz­ione e quindi utilizzo di un universo estetico ma collaboraz­ione con chi ne fa parte e con chi lo promuove. Un altro modo di parlare di integrazio­ne. Anche in fatto di moda.

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