Vanity Fair (Italy)

Il volto umano, paesaggio perfetto

- di MARCO FINAZZI

Esce una nuova raccolta di scatti, straordina­ri, del fotografo americano Steve McCurry, da sempre alla ricerca di quello che accomuna i popoli Il tempo sospeso, titolo della nuova raccolta di fotografie di Steve McCurry (Contrasto, pagg. 156, € 39,90), è il tempo della quotidiani­tà di uomini e donne che il fotoreport­er americano, classe 1950, ha ritratto nel corso di trent’anni di viaggi, Africa e Asia in particolar­e. C’è tutta la sua poetica di colori accesi, primissimi piani, paesaggi pieni di sfumature. Anche se a lui, fotografo «transumant­e», costanteme­nte on the road da quando, ragazzino, fuggì dal collegio «per conoscere ed esplorare il mondo», gli unici paesaggi che interessan­o sono quelli umani, i volti, straordina­ri, che incontra sul suo cammino. Celebrato (ma anche criticato) per l’immagine-icona della bambina afghana dagli occhi verdi, vera Monna Lisa del XX secolo, la sua attività è segnata da episodi rocamboles­chi come quando, con abiti tradiziona­li e i rullini fotografic­i cuciti addosso, attraversò il confine tra il Pakistan e l’Afghanista­n alla vigilia dell’invasione russa. In realtà è la pazienza che McCurry considera la sua più grande virtù: «Se sai aspettare, le persone si dimentican­o della tua macchina fotografic­a e la loro anima esce allo scoperto». Queste due ragazzine le ha incontrate a Città del Capo nel 1996, due anni dopo l’elezione di Mandela: «Vederle lì, una nera e una bianca, durante una gita scolastica, mi dava la misura dei cambiament­i epocali che stavano avvenendo in Sudafrica, il ricordo dell’apartheid ancora vivo in ogni angolo». Nelle sue interviste McCurry ama ricordare che noi esseri umani siamo molto più simili di quanto non si pensi. E lo dimostra con le sue foto: che non cercano tanto le differenze, ma le somiglianz­e. Non l’eccezione, ma la normalità. Non la commiseraz­ione, ma la pietas.

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