Parola di Dago, I Divini
CORRETTEZZA Arrendetevi. Siete tutti razzisti. Per il New York Times quel capolavoro della Disney blackface, che è Mary Poppins è da bruciare: tutta colpa del la faccia annerita per ballare e cantare con gli spazzacamini, che in realtà rappresenterebbero i neri. Quindi un film degli anni ’60 basato sui romanzi degli anni ’40, in cui si lotta per il diritto di voto alle donne, non passa il controllo delle vestali del politicamente corretto per un po’ di fuliggine. Ancora. Un concessionario di Treviso viene bannato da Facebook perché si chiama Negro, e l’algoritmo suggerisce al titolare di «rimuovere le volgarità dall’inserzione» (peccato che quella volgarità sia il suo cognome). La nuova stagione di eccessi che l’ideologia del politically correct sta vivendo – vedi le erinni del #MeToo – ha condotto alla riscoperta «progressista» della censura (e dell’autocensura). Una questione che interroga da vicino la sinistra e i suoi intellettuali illuminati (dall’abat-jour) che hanno provato a importare questa ossessione americana che si illude di ridurre il tasso di intolleranza utilizzando un linguaggio appropriato, un comportamento che non urti la suscettibilità di nessuno, nella difesa di tutte le minoranze oppresse, compresi gli animali. Tutto inutile. Il politically correct è un’etichetta che, da noi, non attacca. Perché siamo scorrettissimi già nel Dna. Perché il ridicolo è più forte del pericolo. Abituati da sempre a irridere la schiena pronunciata di Andreotti, a svignettare la brevità di Fanfani, a canzonare la circonferenza di Spadolini, il politically correct, da noi, ci fa un baffo. Fa solo ridere. Non appartiene al nostro genoma il civismo che confina nell’eufemismo, la buona educazione che scivola mestamente nell’ipocrisia. Chi ha detto che brutto si deve dire «cosmeticamente diverso», calvo «follicolarmente svantaggiato», drogato «chimicamente imbarazzato», pazzo «emotivamente diverso», vecchio «cronologicamente dotato»? Nel lontano XVI secolo Daniele da Volterra si guadagnò l’appellativo di Braghettone per aver coperto, a seguito delle disposizioni del Concilio Tridentino, i nudi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Sono passati cinquecento anni e il «politicamente corretto» si è trasformato in una mannaia da abbattere sulla libertà di espressione. In principio era il Verbo. Ma alla fine c’è la Censura.