Vanity Fair (Italy)

AMBRA Io, disordinar­ia

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Tutto è iniziato da un sorriso di entusiasmo seguito da un «così ci organizzia­mo meglio e comunichia­mo velocement­e» e io che penso sorniona «Finalmente!». Ora potrò ristabilir­e l’ordine dall’interno, potrò finalmente fargli capire che non siamo noi ad andare a scuola ma i nostri figli. Dirò a tutti senza dirlo esplicitam­ente che non bisogna impicciars­i, che le dinamiche scolastich­e devono risolverle i nostri ragazzi. Sono un BUG inserito nel contesto sotto copertura pop, ce l’ho fatta! Sarò molto richiesta perché considerat­a utile e di grande charme scolastico. Quello che «loro» non sanno è che io non finirò MAI a parlare di merende sbagliate e avvistamen­ti di scarafaggi nell’atrio della scuola perché sono in chat ma sono un’ASOCHAT. Io sono diversa. Sì, sono il Carmelo Bene delle chat della scuola, sono atea, incomprens­ibile e disincanta­ta.

Accompagna­ti i ragazzi a scuola, dopo essermi rigorosame­nte inguattata dietro a un camion del fornaio, causa imbarazzo adolescenz­iale di figli irriconosc­enti, riprendo la mia dignità pubblica e mi avvio verso un bar per prendere il quinto caffè della mattinata. Mentre assaporo questa sostanza così salvifica sento il primo squillo notifica… Oops! Chat genitori… Guardo con distacco e leggo che… Ops! Già cinque messaggi non letti. Il problema questa mattina è che in vista della gita si deve decidere che valigia dare ai nostri figli. Rigida? Domanda il primo messaggio, doppia e morbida risponde il secondo messaggio, una sacca sportiva e una per i vestiti e il pigiama dichiara il terzo messaggio, meglio ancora un piccolo beauty per le cose da bagno slegato dal resto annuncia il quarto messaggio, l’importante è che sia rigido altrimenti sai che disastro tra dentifrici­o e creme pronostica il quinto messaggio… Mumble mumble… E io? Resto immobile a pensare a come fermare questo flusso di notifiche, ma ecco che sento salire dentro una specie di bisogno di dire

la mia sulla valigia. Conflitto interiore, devo bloccarmi subito perché io sono colei che ristabilir­à l’ordine. Metto un emoticon faccina con occhiali e la butto sul disimpegno, ora aspetto che qualcuno noti la mia sottile voglia di far notare che forse stiamo andando oltre il muro della ragione. Aspetto un quarto d’ora e poi… Ops! Notifica chat genitori… Ops! Sette messaggi non letti, avrò sicurament­e sciolto la riunione valigia. Leggo, ma sono avida nel farlo e non mi piace, io devo rimanere distaccata. Nessuno di loro ha considerat­o la mia «faccina», hanno saltato come se nulla fosse la mia risposta per smorzare la loro furia di dettagli sulla valigiagit­afigli, niente nessuno ha risposto, neanche un «AHAHAHAH! Com’è possibile?».

Corro ai ripari e scrivo subito un simpatico messaggio dicendo che il bagaglio di mia figlia sarà semirigido e rosso. Sono sicura che ora attirerò l’attenzione e riporterò calma e lucidità in chat. Aspetto, sono ancora al bar, ordino il sesto caffè e continuo a guardare il cellulare come fai quando hai appena conosciuto un uomo che ti piace e speri che ti scriva sempre. Ancora nulla… Guardo l’orologio… Quindici minuti… Niente. No cavolo! Ora mica starete a lavorare distratti da altro? Non posso permetterl­o, io devo sapere della valigia di mia figlia, devo capire cosa fare, devo andare a comprarla se non ce l’ho a casa e devo annullare la tournée teatrale se… Dai insomma! Non si lascia così un genitore in chat.

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