Zachary Levi
I giovani hanno di bello che sono ciechi ai colori, non vedono razze né differenze, non giudicano
Sono le cinque del pomeriggio e Zachary Levi è reduce da una giornata in cui ha fatto di tutto: interviste singole, interviste in gruppo, incontri con i fan, firma poster, autografi, apparizioni televisive. Se fosse stanco, sarebbe più che comprensibile. «Per niente», risponde con un’energia invidiabile.
«Sono così estroverso che se mi metti a contatto con la gente mi ricarico». Per alcuni il suo volto è quello di Kipp in Perfetti…
ma non troppo. Per altri è il nuovo fidanzato di Midge nella
Fantastica signora Maisel (ma non dice se lo vedremo anche nella terza stagione). Per molti sarà sempre Chuck Bartowski, icona dei nerd di tutto il mondo, protagonista della serie omonima.
Forse non ci sperava più neanche lui, ma oggi, a 38 anni, il ruolo della vita arriva grazie a Shazam!, nuovo film dell’universo DC Comics. Nei panni del supereroe indossa muscoli
mai visti prima – ottenuti grazie a cinque allenamenti quotidiani per sei mesi e quattromila calorie al giorno – e un buonumore che non può essere solo di facciata, fa proprio parte del suo carattere. Se gli altri eroi mascherati adulti sono spesso un po’ ombrosi e affaticati dal peso della responsabilità nel dover salvare il mondo dai cattivi, Shazam è esattamente il contrario: intrappolato in quella tuta rossa c’è infatti un quattordicenne, Billy Batson (interpretato da Asher Angel). Il mago Shazam lo ha scelto come proprio campione e gli ha regalato il potere di trasformarsi in supereroe gridando la parola magica. Un misto tra Superman e Big, insomma. «Film che ho visto decine di volte e che ho avuto molto a mente durante le riprese», dice Levi. «Abbiamo preso in considerazione un centinaio di attori, ma quando Zachary ha fatto il provino è stato subito chiaro che era perfetto», aggiunge il regista David F. Sandberg. «È davvero rimasto un ragazzino e oltre al talento ha portato in dote l’entusiasmo del fan».
Quindi è vero: lei dentro è rimasto un quattordicenne.
«Sono attivo, estroverso, concentrato sul divertimento. Mi piace provare gioia e portare gioia agli altri. È sempre stato così e sempre lo sarà. E poi c’è la creatività: da bambini ne abbiamo in abbondanza, quando arrivano le responsabilità incomincia a scemare. La responsabilità ci deruba della capacità di essere frivoli, di lasciarci andare. Quindi sì, ho sempre cercato di mantenere vivi certi aspetti giovanili della mia personalità. Essere un attore aiuta, per il mestiere che faccio devo sempre tenere allenato il muscolo della creatività. Amo i videogiochi, i film, i fumetti, lo sport. È così che ci si mantiene giovani, no?».
È nato nel 1980. La voglia di non crescere pensa sia generazionale?
«Crescere non piace a nessuno. La differenza è che oggi molte più persone possono permettersi di non farlo, anche grazie alla tecnologia. Cento anni fa i bambini crescevano molto velocemente, lavoravano, aiutavano le famiglie. Oggi crescono in fretta, ma in modo diverso, per colpa di Internet, perché vedono cose che non dovrebbero vedere. Quello che penso non dovremmo perdere mai, da adulti, è la stupidità, il non prenderci troppo sul serio. E l’immaginazione, la gioia, la voglia di vivere. I giovani hanno di bello che sono ciechi ai colori, non vedono razze né differenze, non giudicano».
La generazione Z è molto sensibile a temi come il rispetto delle differenze.
«Questo perché per la prima volta nella storia dell’umanità parliamo di certi problemi e ne parliamo a lungo. Non è solo volontà: è necessità. Il mondo prima era scollegato. Gruppi di persone vivevano ignorando chi fossero i loro vicini. Oggi è il contrario, siamo tutti iperconnessi e questo ci costringe a considerare anche il punto di vista degli altri. Non possiamo farne a meno se vogliamo sperare di andare d’accordo. Nessun giudizio, nessun pregiudizio, nessun dito puntato. Una cosa che i ragazzini fanno in modo naturale, noi adulti ci dobbiamo sforzare».
Si parla di una possibile candidatura di Greta
Thunberg al Nobel per la Pace.
«A 16 anni? E io che credevo di aver combinato qualcosa nella mia vita».
I ragazzini ci salveranno?
«Credo sia importante ascoltare tutte le voci, comprese quelle dei molto giovani, ma penso anche che sia importante non perdere di vista il pensiero adulto. I giovani possono avere ottime intuizioni, ma non hanno esperienza. Rispettare la loro passione e il loro entusiasmo è giusto, ma penso che dobbiamo essere molto coscienziosi e ascoltare persone informate, intelligenti, empatiche. E informate, lo sottolineo di nuovo. Persone che capiscono veramente quali sono i problemi e quali le opzioni su come risolverli. Persone che siano oneste sui costi e i benefici, sulle implicazioni e sulle ricadute di ciò che si decide».
Come è entrato nella mente di un preadolescente?
«Lavorando sull’istinto. Ogni volta che sul set mi veniva da pensare troppo, mi fermavo e mi dicevo: a 14 anni non si hanno responsabilità, solo emozioni».
Lei che bambino è stato?
«Estroverso, divertente, intrattenitore, nerd. A quattro anni già sapevo che avrei fatto l’attore. Leggevo fumetti, facevo teatro, giocavo ai videogiochi. Soprattutto, fingevo di essere un supereroe. Nessun costume, ma con le mani lanciavo le ragnatele come Spider-Man».
Quindi un’infanzia felice?
«Sì e no. I miei genitori hanno divorziato molto presto. Mio padre è sparito. Mi ha cresciuto mia madre, una donna molto tormentata che era stata maltrattata psicologicamente da sua madre. Purtroppo l’abuso genera abuso, è una cosa che si passa di generazione in generazione, a meno che tu non possa identificarne le cause e fermarle, cosa che io e le mie sorelle siamo riusciti a fare grazie alla terapia. Quella mi ha aiutato a capirmi e ad amarmi. Che incredibile scoperta! Per tanti anni, anche da adulto, non sapevo come volermi bene e ho dovuto lavorare molto su me stesso per scoprirlo».
Fare spettacolo, esibirsi, l’ha aiutata in questo?
«Assolutamente. È stato come trovare una fonte d’amore. Se faccio ridere, allora sarò amato. Se canto una canzone, allora sarò amato. Credo sia comune a molti artisti».
Avere il primo ruolo da protagonista a 38 anni che cosa le fa dire? Finalmente, oppure perché non prima?
«In questo momento sento solo gratitudine. Di nuovo, il merito va alla terapia, al lavoro su me stesso, alla preghiera e alla meditazione. Sicuramente in passato ci sono stati molti momenti in cui ho pensato di aver perso il treno. Che non avrei mai più avuto un’occasione. Ho anche pensato di smettere».
Dice sul serio?
«Sì, ho pensato di lasciare la recitazione. E se avessi toccato il fondo dell’infelicità lo avrei fatto. Ma poi è arrivato un lavoro, poi un altro, poi questo ruolo. Oggi che rifletto sul personaggio e sulla trasformazione che sta portando nella mia vita, nella salute, nel mio aspetto fisico, ecco, oggi penso che il tempismo sia giusto e penso che nella vita bisogna fidarsi, perché le cose accadono in modo molto mirato. Evidentemente prima non ero pronto. Se avessi avuto questa occasione quando ero ancora infelice, sarebbe stato tutto molto difficile e triste. Quindi è giusto che succeda oggi che sono felice e guarito».
Per il mestiere che faccio devo sempre tenere allenato il muscolo della creatività. Amo i videogiochi, i film, i fumetti, lo sport. È così che ci si mantiene giovani, no?