Vanity Fair (Italy)

CONTRORDIN­E

- simone marchetti

Contrordin­e. Dopo almeno tre anni di felpe, T-shirt, sneakers e pantaloni della tuta, la moda maschile fa punto e a capo e torna al classico.

A prima vista, l’operazione ha un sapore di restaurazi­one. Il ritorno al ben vestire, infatti, non viene proposto solo da designer istituzion­ali come Giorgio Armani ma da giovani outsider convertiti allo stile che fu. Due esempi su tutti: il debutto di Virgil Abloh (deus ex machina di Off-White, uno dei marchi più amati dai giovanissi­mi) da Louis Vuitton; e l’arrivo di Kim Jones da Dior per quanto riguarda le collezioni da uomo. In entrambi i casi, lo streetwear sembra essere sparito per lasciare spazio a giacche, completi e persino a qualche cravatta.

Il fenomeno, poi, si fa ancora più eclatante quando si parla di alta moda: l’haute couture da uomo è ormai una norma per molte maison. Tanto che il successo dell’Alta Sartoria di Dolce&Gabbana, linea maschile di massima eccellenza artigianal­e, racconta di un desiderio contempora­neo peculiare.

Come leggere, quindi, questa nuova, inaspettat­a tendenza? Il solito capriccio della moda? L’ennesimo stratagemm­a per vendere nuovi abiti? Niente di tutto questo: lo stile maschile raccontato dalle sfilate per la Primavera/Estate 2019 (ma anche da quelle per l’Autunno/Inverno 2019/20) è un vero e proprio laboratori­o del presente dove si esamina, con la lente degli abiti, l’ampia rivoluzion­e culturale in atto. Dopo la sbornia da social media e da internet, la moda utilizza i vestiti di ieri per parlare della necessità di un

ritorno della tradizione e del passato in un mondo che ha fatto un balzo in avanti troppo velocement­e, spesso scambiando per progresso quello che, alla fine, si è rivelato un regresso. Ma non prendete tutto questo per restaurazi­one o nostalgia: il senso della tendenza è ristabilir­e equilibrio e misura non solo nella moda, anche nella politica, nell’informazio­ne e persino nei rapporti umani. Il nuovo classico maschile parla proprio di questo: del desiderio di fare un passo indietro, dopo la rivoluzion­e mediatica, per capire cosa ha funzionato ieri e cosa, invece, non sta funzionand­o oggi. Abbiamo pensato questo numero come una guida,

un libro di spunti. Sei capitoli per decodifica­re le tendenze più importanti, per conoscere i personaggi chiave di questo cambiament­o, per scoprire gli sviluppi inaspettat­i della bellezza maschile e persino per affrontare gli «errori» necessari a dare profondità e attualità alla tradizione. Benvenuti nel nuovo Vanity Fair Uomo, un giornale da non scambiare «soltanto» per un magazine di moda. Perché quello che indossiamo e quello che portiamo sul nostro corpo raccontano molto, ma molto di più di quello che sembra.

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