CONTRORDINE
Contrordine. Dopo almeno tre anni di felpe, T-shirt, sneakers e pantaloni della tuta, la moda maschile fa punto e a capo e torna al classico.
A prima vista, l’operazione ha un sapore di restaurazione. Il ritorno al ben vestire, infatti, non viene proposto solo da designer istituzionali come Giorgio Armani ma da giovani outsider convertiti allo stile che fu. Due esempi su tutti: il debutto di Virgil Abloh (deus ex machina di Off-White, uno dei marchi più amati dai giovanissimi) da Louis Vuitton; e l’arrivo di Kim Jones da Dior per quanto riguarda le collezioni da uomo. In entrambi i casi, lo streetwear sembra essere sparito per lasciare spazio a giacche, completi e persino a qualche cravatta.
Il fenomeno, poi, si fa ancora più eclatante quando si parla di alta moda: l’haute couture da uomo è ormai una norma per molte maison. Tanto che il successo dell’Alta Sartoria di Dolce&Gabbana, linea maschile di massima eccellenza artigianale, racconta di un desiderio contemporaneo peculiare.
Come leggere, quindi, questa nuova, inaspettata tendenza? Il solito capriccio della moda? L’ennesimo stratagemma per vendere nuovi abiti? Niente di tutto questo: lo stile maschile raccontato dalle sfilate per la Primavera/Estate 2019 (ma anche da quelle per l’Autunno/Inverno 2019/20) è un vero e proprio laboratorio del presente dove si esamina, con la lente degli abiti, l’ampia rivoluzione culturale in atto. Dopo la sbornia da social media e da internet, la moda utilizza i vestiti di ieri per parlare della necessità di un
ritorno della tradizione e del passato in un mondo che ha fatto un balzo in avanti troppo velocemente, spesso scambiando per progresso quello che, alla fine, si è rivelato un regresso. Ma non prendete tutto questo per restaurazione o nostalgia: il senso della tendenza è ristabilire equilibrio e misura non solo nella moda, anche nella politica, nell’informazione e persino nei rapporti umani. Il nuovo classico maschile parla proprio di questo: del desiderio di fare un passo indietro, dopo la rivoluzione mediatica, per capire cosa ha funzionato ieri e cosa, invece, non sta funzionando oggi. Abbiamo pensato questo numero come una guida,
un libro di spunti. Sei capitoli per decodificare le tendenze più importanti, per conoscere i personaggi chiave di questo cambiamento, per scoprire gli sviluppi inaspettati della bellezza maschile e persino per affrontare gli «errori» necessari a dare profondità e attualità alla tradizione. Benvenuti nel nuovo Vanity Fair Uomo, un giornale da non scambiare «soltanto» per un magazine di moda. Perché quello che indossiamo e quello che portiamo sul nostro corpo raccontano molto, ma molto di più di quello che sembra.