MEMOIR TROVATO A SARAGOZZA
Da Madrid ai Pirenei, passando da Barbastro: una ruta sentimental nel Nord Est della Spagna «praticamente sconosciuto a chiunque, anche ad alcuni spagnoli», guidati dallo scrittore del momento Manuel Vilas
Chi viaggia davvero, lo fa in entrambe le dimensioni: spazio e tempo. Manuel Vilas ne è capace per tutte le 410 pagine di In tutto c’è stata bellezza, il romanzo che lo ha consacrato uno degli scrittori spagnoli più amati di questi anni, assieme a Fernando Aramburu, con il quale condivide la ricerca della verità nella Storia.
Da un punto di vista cronologico, si tratta di un lunghissimo viaggio all’indietro («il passato non va mai via») innescato dalla solitudine, che prende il via dalla notte in cui i suoi lo concepirono e arriva fino all’appartamento da neo divorziato dove, mentre si lava i denti, sente alle spalle la presenza dei genitori morti («mi accarezzano i capelli mentre dormo»). Nel mezzo, un continuo saltare avanti e indietro, a grattare via la polvere dalle esistenze misconosciute degli antenati, a rammaricarsi per il lungo alcolismo, a dichiarare sfacciatamente, e sembra unilateralmente, l’amore per i due figli. La «cascata dei fatti» si condensa poi come una nebulosa attorno agli anni Sessanta e Settanta, i decenni dell’allegria, quando lui era bambino e i suoi erano i genitori più belli di tutti: «Che i miei fossero così belli è la cosa migliore che mi sia mai successa nella vita». C’è la dolcezza, e c’è la nostalgia per un’epoca in cui i sentimenti creavano imbarazzo, c’è la ricerca della propria identità.
Da un punto di vista dello spazio, invece, il suo percorso si srotola tra tre punti cardinali, Madrid, Saragozza e i Pirenei, dove Vilas è nato nel 1962: in sostanza quel Nord Est della Spagna che, ci dice, «è praticamente sconosciuto a chiunque, anche a molti spagnoli».
IL PUBBLICO
«I luoghi per me sono uno stato emotivo. Amo il mio Paese perché è quello in cui sono nati i miei. Tutti abbiamo dei posti legati all’infanzia, che poi diventano simbolo di qualcos’altro. Sono luoghi geografici, ma soprattutto mentali».
In tutto c’è stata bellezza si apre con l’autore incravattato che si reca a Palazzo d’Oriente dove il re Felipe VI e la consorte Letizia Ortiz lo hanno invitato ufficialmente per la cerimonia del premio Cervantes. Quel posto, tra magnificenze e barocchismi, è il simbolo dello Stato. «È lì che ho avuto un pensiero forte: così si costruisce l’idea di una nazione, attraverso determinati simboli. In quel periodo», continua lo scrittore, «era da poco morta mia madre. Di lei e di mio padre avevo delle fotografie, ma dei miei nonni praticamente nessuna. Per contrasto, ho pensato che il re dei suoi antenati non solo possiede foto, ma addirittura quadri. Che si trovano al Prado e sono stati dipinti da Francisco Goya».
Uno dei suoi quartieri preferiti di Madrid, nonostante negli ultimi anni sia diventato iper turistico, resta il barrio de Las Letras, dove tra il XVI e il XVII secolo vissero Miguel
de Cervantes e Lope de Vega, i due mostri sacri della letteratura spagnola. A pochi passi da qui c’è il Prado, altra tappa del cuore di Vilas con la Biblioteca Nacional, «dove è conservato il manoscritto originale del Poema del mio Cid, anonimo del 1140, uno dei testi fondativi della nostra lingua».
«Eppure», continua, «i luoghi che mi interessano di più restano gli spazi periferici, quelli che si vedono dal treno quando si arriva in città, e che non si trovano in nessuna guida, ma dove le persone vivono. Le periferie sono brutte e brutali, le conosco bene, bisognerebbe fare una rivoluzione per la dignificazione dell’architettura per la gente comune».
IL PRIVATO
Da Madrid a Saragozza, scrive, «si tratta di attraversare un pezzo di Spagna, con un paesaggio rossastro, desertico. Ci sono grandi ponti, opere d’ingegneria anonima». Saragozza, la capitale dell’Aragona sul fiume Ebro, è la città dove Vilas ha studiato, dove ora abita (alternandola con Iowa City) e dove vivono i suoi figli. «La mia Spagna non è quella delle coste, ma dell’interno, quasi desertica. L’Aragona ha una superficie come quella dei Paesi Bassi, e solo un milione di abitanti contro i loro 17. È la Spagna arretrata che si vede in alcuni film di Buñuel, anche lui originario di qui». Tra i luoghi di Vilas, la Basilica di Nostra
Signora del Pilar, dove nel 1936 vennero sganciati due ordigni che, miracolosamente, non esplosero, e l’Aljaferíaa, lo splendido castello arabo del IX secolo, una commistione di architetture islamica, cristiano-medioevale e contemporanea.
LE ORIGINI
«Barbastro è il mio paese, ma anche un simbolo che, con il passare del tempo, acquisisce la forza di un destino cosmico, e allo stesso tempo privato». Il paese dove suo padre a Natale «comprava un albero vero, li vendeva un taglialegna sulla piazza del mercato». Barbastro è un comune di 15 mila abitanti conosciuto per la produzione del vino Somontano. Manuel Vilas, per il quale fare il bagno nei ruscelli montani è tuttora una delle cose preferite, ricorda che il padre li portava in vacanza nella valle di Ordesa (che è il titolo originale del libro), 70 km più a nord, che è anche Parco nazionale. Scrive: «Tutto si concentrò in un nome, che è un toponimo: Ordesa, perché mio padre riservava un’autentica devozione alla valle pirenaica di Ordesa perché lì c’è una famosa e stupenda montagna che si chiama Monte Perdido. Più che morire, ciò che fece mio padre fu perdersi, squagliarsela. Si trasformò in un Monte Perdido».
Il culmine di In tutto c’è stata bellezza è proprio un episodio avvenuto qui, nel 1969, quando su uno dei rettilinei montani si forò una ruota della Seat 850 del padre. Quello fu il momento, indimenticato, in cui Vilas «fu cosciente della sua vita, la prima volta che fu cosciente che cominciava il tempo».