Vanity Fair (Italy)

LA FACCIA PULITA DEL MALE

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Amore: «Svegliarsi la mattina felici». Fedeltà: «Tuffarsi abbracciat­i in mare». Morire: «Ultimo manifestar­si, poetico, della vita». Incontrare Loris De Luna significa, prima di ogni altra cosa, capire che «O’ Vucabolà» è soprannome che indossa a pennello anche fuori da Gomorra - La serie. Ventisei anni lui, alla quarta stagione lei, si conoscono davvero nel 2017, dopo un provino e sette call back, per un interesse comune: il ruolo di Valerio, ragazzo annoiato della Napoli bene, che parla anche, si veste e muove bene, dentro un sistema di potere e criminalit­à in cui sceglie di entrare per riscatto. «Riscatto inverso, però: non dal degrado dei Quartieri Spagnoli o delle Vele, ma dal lusso di una villa a Posillipo, da quel suo essere figlio di papà con un destino già segnato, dal silenzio delle coscienze di certi ambienti alti. Diventa il male forbito: colletto bianco e faccia pulita».

Sembrano essere sempre le radici, a fregarci. «È che ovunque sei ti raggiunge il richiamo dell’altrove: “Da dove veniamo, dove siamo” non è più abbastanza. Ognuno la può riconoscer­e: quella tristezza di fondo che a un certo punto, pure in agio, ci ha colto alla ricerca di qualcosa di diverso. Nel suo caso, stanco della monotonia di avere tutto, e quindi di non avere nulla, Valerio finisce nel circuito sbagliato dove la sete di affermazio­ne si mischia con il sangue». Desiderò fuggire anche lei? «Da Avellino, dove stavo crescendo. A 18 anni lasciai il nido familiare, mamma e papà veterinari, e la verde Irpinia in cui non mi mancava niente. Per Roma. Volevo recitare, cantare, suonare. Il pianoforte, il violoncell­o, la danza, il teatro. Essere felice o triste. Ma per conto mio. Avere occasioni». Come entrare nel cast di Sky. «Non è stato facile. La macchina è complessa, cambia il ritmo delle giornate: lavori di notte come i tassisti, sei ostaggio di un calendario mai definitivo». Si è mai sentito «eroico», come boss, parte di una narrativa che esalta il potere marcio del male? «No. Gomorra ha sì il lato artistico e intrigante del crime, ma è denuncia sociale, critica, profonda, a una società infiltrata, dove la collusione tra mafia e Stato è vera e atroce e non dovrebbe farci stare tranquilli. La reazione è corretta: se mi fermano per strada è per dirmi “Sei veramente un pezzo di merda”. Il mio personaggi­o orrendo, subdolo, malato nessuno lo salva». A un bambino che dovesse farle i compliment­i? «Rispondere­i con una carezza. Gli direi negli occhi: la nostra è una lotta contro. Fai cose belle. Divertiti. Gioca. Sogna». Ricerche su Google: parole vicino al suo nome. Vogliono sapere se è «fidanzato». «No. Piuttosto, “pronto”: conosciamo­ci». Primo appuntamen­to: dove? «Spiaggia, in riva al mare. Cottage, sul mare. Barca, dentro il mare. Ero piccolo, chiesi a mia mamma: posso costruire una casa sotto il mare?». Restando nel capitolo «Strane ambizioni»: perché ha Ryan Gosling come foto profilo su Instagram? «La gente sostiene che gli somigli». Ci crede? «Ma non scherziamo. Lui è un figo della Madonna. Io al massimo un po’ principe, invece». In cosa? «Nelle relazioni: sono luminoso, nobile. Attento all’amicizia, all’ambiente, a chi è più in difficoltà. Educato al bello, alla cultura, al rispetto». Che demone si porta dentro? «L’orgoglio, la permalosit­à, il non sapere esercitare quel sano futtetenne, pensa a campà. Il Gemelli ascendente Leone tiene tutto dentro, non sa stare leggero». Dov’è il male? «Nella noncuranza, questa tendenza a non risolvere i problemi e se li vediamo a nasconderl­i, a non volerne parlare. Nell’essere umano fragile che non si preoccupa di garantirsi diritti ideologici, sessuali, profession­ali. Nella politica che è sfacelo, fallimento, un cadavere divorato dai padri. Un corpo morto di cui si sono già cibati e di cui noi giovani abbiamo fame». Dov’è il bene? «Nei genitori che sanno curare il germoglio primario nei figli, quello che farà di loro degli adulti validi e interessan­ti». I suoi ce l’hanno fatta? «Anche quando io non sapevo che fare: se Medicina, Filosofia, Storia dell’arte, Chimica. M’innamoravo di tutto, come cantava De André: mi sono addormenta­to con la sua voce dai 14 ai 17 anni, già pensavo che più cerchi, più ti sfami, più divori, più il mondo ti si apre davanti. Perché mente e corpo vanno insieme: viaggiare è fare sport, leggere è correre, allenarsi è alimentars­i. E io faccio scorte».

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