Vanity Fair (Italy)

DARIA BIGNARDI

- ORA DARIA — di DARIA BIGNARDI

Oggi parlo di un’altra Daria

La scorsa settimana, al Teatro dell’Arte di Milano, ho seguito rapita una rassegna sul lavoro di due artisti eccezional­i: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini. Avevo visto un loro spettacolo in giugno, nello stesso teatro, con l’emozione di quando incontri all’improvviso qualcosa che ti scuote nel profondo e ti riguarda. Quello spettacolo si chiamava Quasi niente e prendeva spunto dalla figura di Giuliana, il personaggi­o interpreta­to da Monica Vitti in Deserto rosso di Antonioni, e la sua difficoltà a esistere.

Deflorian e Tagliarini sono difficili da raccontare: vanno visti e ascoltati a teatro. Hanno un modo di stare in scena totalmente originale: entrano ed escono dalla storia che hanno scelto di rappresent­are conversand­o apparentem­ente del più e del meno, come in un dialogo tra amici in un pomeriggio di domenica, di quelli in cui resti a casa a chiacchier­are di quel che ti passa per la testa. Lavorano su testi che affrontano temi drammatici come la depression­e, il suicidio, la crisi economica: dai 748 diari sui quali la casalinga polacca Janina Turek registrava ossessivam­ente ogni suo atto per lo spettacolo Reality al suicidio di quattro pensionate greche in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupaz­ioni,a Café Müller di Pina Bausch in Rewind. Evocano la storia e poi la abitano a modo loro. Sono dialoghi intimi, leggeri: l’ultima volta che hai baciato qualcuno per strada, un incontro su Grinder, un ricordo d’infanzia, qualcosa che hai mangiato. Si ride molto, si sente molto, rimane tanto. Senti che in quel lavoro abitano le loro vite fatte di letture, ricerche, disagi, amori, convinzion­i, rese, come nelle vite di tutti, che la loro drammaturg­ia trasforma in arte. Senti un lavoro preciso e infinito, che viene da lontano. Daria Deflorian somiglia a Julianne Moore ma le leggi in faccia l’intensità di una ricerca artistica senza rete.

Ha lavorato coi più bravi registi prima di fidarsi di sé e diventare regista e autrice di se stessa. La vedremo in una parte piccola e preziosa nel nuovo film di Nanni Moretti tratto da Tre piani del «nostro» Eshkol Nevo e nella serie L’amica geniale. Ma queste sono divagazion­i. Antonio Tagliarini è più giovane e ha un altro tipo di magnetismo: nasce ballerino e coreografo poi con Daria, più di dieci anni fa, inizia un percorso di autore oltre che di attore meraviglio­so.

Era dai tempi di Carmelo Bene che non incontravo un teatro così vivo, così reale. Domenica Deflorian e Tagliarini hanno vinto il Premio Riccione per l’innovazion­e drammaturg­ica «per il loro sguardo acuto sulla realtà e sull’arte, per la capacità di raccontare la febbre di un tempo stanco ma ancora carico di desiderio».

Ecco, Malcom (Pagani, vicedirett­ore di Vanity Fair, ndr) mi avevi chiesto di scrivere dell’Assedio che parte il giorno in cui esce il giornale, mercoledì 16, su Nove. Ti assicuro che l’ho fatto, anche se non vedrai Deflorian e Tagliarini nella prima puntata. Ma dentro di me sì, e molto a lungo.

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