Vanity Fair (Italy)

MATTIA FELTRI

- FRONTE OCCIDENTAL­E — di MATTIA FELTRI *

Apologia di Hamdan

Dopo avere imparato i novantanov­e nomi di Allah, probabilme­nte San Francesco di Assisi sarebbe stato all’altezza dell’insegnamen­to coranico in una scuola musulmana, ma non l’ha mai insegnato. Dopo avere studiato scienze delle religioni all’Università di Firenze, Hamdan Al Zeqri sarebbe all’altezza di insegnare la religione cattolica nelle scuole italiane, ma non la insegnerà. La storia dell’uomo, e delle sue stolte pretese di verità, in fondo non è all’anno zero. È all’anno 800 perlomeno, tanti ne sono passati dall’incontro fra il sultano al-Malik al-Kamil e San Francesco, nel 1219 a Damietta.

Hamdan ha trentatré anni, l’età di nostro signore Gesù Cristo quando fu messo in croce. È arrivato in Italia sedici anni fa dallo Yemen, a diciassett­e, quando un’iniziativa umanitaria gli consentì di curare a Firenze la grave infezione a una gamba. È cittadino italiano, è musulmano, è responsabi­le della formazione coranica e del dialogo interrelig­ioso dei musulmani di Firenze, è andato dentro la vita di Gesù, per i musulmani Issa, profeta di Allah, e «più capivo chi era Gesù, meglio vivevo il mio essere musulmano». Quando San Francesco incontrò il sultano al-Malik al-Kamil, otto secoli fa, nel racconto e resoconto sublime di Ernesto Ferrero appena pubblicato da Einaudi (Francesco e il Sultano), i sufi gli parlarono della loro venerazion­e per Issa il Profeta, il Messia, il Benedetto, il Messaggero, lo Spirito e l’Esempio di Dio. Figlio di Myriam, dissero i sufi, ma non figlio di Dio, perché Dio non è generato e non genera. La distanza colmabile era tutta lì. E fu quasi colmata. San Francesco parlava di Gesù e il sultano e i sufi parlavano di Issa, e parlavano della stessa persona, con le stesse parole, parlavano di misericord­ia, carità, amore. San Francesco era andato con l’ambizione vertiginos­a di convertire il sultano e prosciugar­e quel fiume di sangue che era la Quinta crociata.

Hamdan oggi è il grande scandalo. Che sia abilitato a insegnare la religione cattolica nelle scuole, ha sollevato il bellicoso disgusto dei musulmani e dei cristiani. I social network, il più battuto dei territori di caccia, sono percorsi da indignazio­ni opposte e parallele che segnano la nostra nuova, ulteriore sconfitta. Non c’è tratto d’unione che sia accettato dagli uni e dagli altri, i più focosi di noi, quelli che con il loro urlo sovrastano ogni spirito di riflession­e. Io ho conosciuto sulla mia pelle che cosa significhi la polvere da sparo, ha detto Hamdan, ma nessuna pace è garantita se non si conosce davvero l’altro. Non vuole dire rischiare di convertirs­i, ha specificat­o Hamdan.

San Francesco, dopo che avevano elencato i novantanov­e nomi di Allah, come una musica celeste, e avevano parlato la stessa lingua, lodato la stessa luce divina, chiese al sultano di convertirs­i. Noi per tre giorni abbiamo parlato di Dio senza cercare di prevalere l’uno sull’altro, disse il sultano. Non potrei convertirm­i, disse, i miei non capirebber­o, mi ammazzereb­bero. Né potrebbe convertirs­i Francesco, nemmeno i suoi capirebber­o, sarebbe lo sconvolgim­ento della Chiesa. Eppure i due si sono parlati, si sono capiti, si sono riconosciu­ti. Sarebbe già tantissimo, sarebbe tutto, se non ci fosse il mondo attorno. Il medesimo, identico mondo che oggi inchioda Hamdan.

*editoriali­sta de La Stampa.

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