Vanity Fair (Italy)

ROBERTO D’AGOSTINO

- PAROLA DI DAGO — di ROBERTO D’AGOSTINO

Per un grammo di coca

Abbiamo sempre immaginato la fine del mondo come un evento esterno: guerra atomica, poli che si squagliano, meteoriti giganti... E se invece arrivasse con una gigantesca overdose di cocaina? A giudicare dal ciclone promoziona­le, la «neve» deve avere sviluppato, per motivi di competizio­ne con l’eroina, pasticche Mdma e superalcol­ici, un senso delle pubbliche relazioni abnorme, capillare, da multinazio­nale della pubblicità. Per imprendito­ri, politici, finanzieri, calciatori di serie A e B che dovrebbero quantomeno temere i controlli antidoping, uno sniffo vale uno spritz al Campari. Per i personaggi dello spettacolo (di serie A e di serie B) che non potrebbero permetters­i di far scivolare la propria immagine su una pista di polvere bianca, una «striscia» vale sì e no un caffè macchiato. I pusher fidati sono divenuti a loro volta invitati d’onore per feste e salotti.

Commessi, pizzicagno­li, impiegati statali, benzinai, casalinghe inquiete e no, contro il logorio della vita moderna pippano tutti allegramen­te. La cocaina ha perso perfino il suo valore di diabolico status symbol: qualche settimana fa un prete è andato in overdose mentre accompagna­va in gita a Cremona alcuni ragazzi dell’istituto Don Bosco di Alassio. Molto cocainica è l’autobiogra­fia di Elton John, appena pubblicata da Mondadori. La perla in polvere è quando racconta di un party nel giardino di casa sua: la nostra popstar era così alterata dalla cocaina da scambiare Bob Dylan per il giardinier­e!

Del resto si può fare la storia dei Beatles cambiando stupefacen­te. Una canzone come Got to Get You Into My Life si rifà alla marijuana. Day Tripper è sugli acidi.

L’uso di varie sostanze come mezzo per aumentare la creatività artistica ha una lunga storia. Alcune sculture ritrovate in America Centrale fanno ritenere che già nel 1500 a.C. l’uso di funghi allucinoge­ni da parte dell’artista era considerat­o un mezzo per ricevere una ispirazion­e divina. Dopo di che, il diluvio. Dai Paradisi artificial­i di Baudelaire alla benzedrina di Sulla strada per Jack Kerouac. Ci sono delle pagine di Proust dove lui racconta talmente bene, talmente a lungo la preparazio­ne, l’uso, gli effetti della cocaina, che lascia pensare che ne facesse uso abbondante.

Probabilme­nte la psicanalis­i deve la sua fondazione, almeno in parte, alla passione di Sigmund Freud per la coca, che ai tempi era un medicinale che si poteva acquistare liberament­e, seppur a caro prezzo, in farmacia. Nel 1884, Freud scrisse un libro, Über Coca, nel quale descriveva «l’eccitazion­e meraviglio­sa» della prima ingestione, una «esilarante e duratura euforia». Secondo molti saggisti, se c’è una persona a cui imputare l’ascesa della cocaina a droga ricreativa, quella persona è Freud. Lo scrittore Aldous Huxley ha persino sostenuto che l’arte del ventesimo secolo sarà ricordata per l’impatto e le conseguenz­e che su di essa hanno avuto i farmaci allucinoge­ni. «Non so tollerare la vita», scrive Gabriele d’Annunzio, «se non esaltata da un leggero delirio». Il Vate di Pescara definiva la coca il suo «piatto freddo» preferito, quello che divorava prima delle orge.

Hashish, oppio, Lsd, eroina, cocaina, alcol, hanno scritto, suonato, recitato, e Sting osserva: «Non dico che bisogna assumere droga per diventare artisti, ma non si può non considerar­e il lavoro dei Beatles, che nel periodo in cui prendevano Lsd hanno fatto album grandiosi. O di Miles Davis, che ai tempi in cui faceva uso di eroina ha prodotto la sua musica più straordina­ria». Creatività e droga, facce della stessa medaglia? Risponde Patty Pravo: «La droga è un fatto personale. Certe volte non si può rifiutare, se non altro per cortesia». Meno diplomatic­o il compianto Robin Williams: «La cocaina è il modo in cui Dio ti avvisa che stai guadagnand­o troppo».

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