Una vita senza like
Controllavate ossessivamente il numero di «mi piace»? Instagram ora li nasconde. Per smascherare chi «bara», e fare business
A chiederlo per primo, a suo modo, era stato un anno fa Kanye West: «Avere il numero di like sotto ogni post è come girare con una maglietta con stampata la misura del tuo pene. Voglio un incontro in streaming con Zuckerberg».
Pare che il buon Mark l’abbia ascoltato. Da fine settembre Instagram non ci fa più vedere il numero di cuoricini sotto i post dei nostri amici. La nuova grafica è al momento operativa in sette nazioni, tra cui l’Italia, ma dovrebbe estendersi presto al resto del mondo: «Vogliamo che gli utenti si concentrino sempre più sui contenuti, e sempre meno sui like», ha detto la società, preoccupata dalla crescente pressione sociale attorno ai mi piace, considerati ormai come unico parametro del successo sul social.
Per Mike Schmidt, fondatore di Dovetale, società americana che valuta la «genuinità» dei follower degli influencer, la mossa di Instagram ha piuttosto a che fare con il calo di engagement (il tasso di interazione) registratosi sulla piattaforma a partire dal 2018: «Zuckerberg vuole convincere le aziende che l’attenzione degli utenti ai contenuti sta crescendo». Solo in base a questo, spiega, «le corporation continueranno a investire sugli influencer».
L’obiettivo è quello di avere sempre più contenuti unici e interazioni genuine, non falsate dalla ricerca ossessiva dei cuoricini di gradimento. Per Mike, che sul riconoscimento dei falsi seguaci ha creato un business, il mercato nero di follower e like subirà un arresto, grazie alla crescente diffusione di strumenti capaci di smascherarli e a una maggiore consapevolezza delle aziende. Il tutto per la gioia dei content creator «onesti»: quelli che hanno visto i colleghi crescere a ritmi impensabili (mille follower al giorno) con meccanismi opachi.
Come Sara Melotti, 31 anni, travel influencer «pentita». Per alcuni mesi ha giocato «sporco» su Instagram, «presa dall’ansia dei like». Poi, ha deciso di liberarsi di quella pressione sociale, accontentarsi dei suoi «appena» 40 mila follower reali e denunciare le pratiche scorrette di molti colleghi.
«La più semplice è quella dell’acquisto di follower. Su diversi siti puoi comprare qualche migliaio di “amici” con 100 dollari. Il prezzo varia in base alla “qualità”. I profili vuoti, senza neanche un’immagine, costano molto meno di quelli che hanno una parvenza di vita».
Più «raffinati» sono invece quei portali che mettono a disposizione i loro Bot, come Instagress o Archie.co (entrambi chiusi): «Per una decina di dollari al mese, prendono possesso del tuo profilo e con quello iniziano a “corteggiare” centinaia di altri utenti. Mettono mi piace alle loro foto, postano commenti o iniziano a seguirli, per poi mettere l’unfollow pochi minuti dopo. Il risultato è che l’utente, incuriosito dai mi piace ricevuti, inizierà a seguirti».
Lo stratagemma più «umano» è invece quello dei comment pods, i gruppi segreti di scambio like: «Su Telegram ciascuno segnala il proprio post a migliaia di partecipanti, affinché gli altri possano mettere subito “mi piace” e farlo schizzare in cima al feed dei follower». Ora che è uscita dal gruppo, Sara si dice più serena: non insegue più «quegli scorci di perfezione» e ha smesso di stimare se stessa in base ai like. «Questo sì, “mi piace”».