Vanity Fair (Italy)

STELLA PECOLLO

Non è sempre stata così sicura di sé l’attrice Stella Pecollo, che non ha mai conosciuto il «privilegio» della magrezza. A liberarla dai pregiudizi l’hanno aiutata un corso di burlesque e una donna speciale. Che, come lei, è un’esplosione di energia

- di LAVINIA FARNESE

Mai stata magra

Siamo una cristaller­ia, e così forti e fragili insieme che ci passa un niente tra che splendano le nostre promesse lucenti e che, in un nero sconosciut­o, si rompano a uno a uno tutti i vasi che abbiamo dentro. A Stella (sarà il nome), glielo leggi negli occhi, che il confine tra buio e chiarore è una linea sottile. Che lo è stata, in lei.

«Io non ho mai avuto il privilegio della magrezza, e su questo ci sono andati giù pesanti, intorno a me», racconta oggi che è attrice affermata di serie (Extravergi­ne di Fox), film (è in Gore al fianco di Kevin Spacey, ancora bloccato da Netflix dopo lo scandalo molestie), teatro (nel musical La fabbrica di cioccolato). «Ricordo per esempio l’ora da incubo, da ragazzina. Quella di ginnastica. Quando l’insegnante chiedeva ai due capitani di formare le squadre per la partita di pallavolo, e loro iniziavano a scegliere chi volevano, e io restavo sempre in fondo, per ultima: l’elemento debole, “la lumaca”, preferita da nessuno».

Le hanno dato dell’«in carne», dell’«affamata», dell’«obesa», della «sfigata», della «plus-size», della «cicciona depressa», della «curvy», «dimentican­do che prima di qualsiasi altra storia siamo esseri umani, prima di ogni altra definizion­e, sono una donna. Io, da un certo punto in avanti, ho trovato nella formula “E quindi?” la soluzione a una società categorizz­ante su un sistema binario. Al “Sei cicciottel­la, quindi voluttuosa, quindi burrosa”, ho preso a rispondere “E quindi? Questo aggiunge qualcosa all’unicità e diversità di cui ognuno di noi è portatore?”».

Non sempre è stata così sicura di sé, fiera delle sue forme com’è adesso. «La libertà mi è costata. L’adolescenz­a sa essere cattiva anche quando incontra qualcuno come me di non permaloso. Perché i paragoni nella bocca dei bulli o delle bambine sfrontate possono farsi inclementi. Crescere è stato riconoscer­e quant’è utile fregarsene quel po’ che sia abbastanza di quello che pensano gli altri».

Imparare a farlo: «Uscivo da una relazione finita male. E per finita male intendo con il tradimento. Che penso sia quel che più di tutto ti fa pensare: “Allora sono io la sbagliata. Soprattutt­o se l’altra è − e tendenzial­mente lo è − più esile, più giovane, più bella. Sei dentro la mazzata. Vulnerabil­e che ti tremano le ciglia e hai una ferita nella pancia che è andata così in profondità che nonostante passino gli anni a tratti la senti ancora viva. E allora, mentre ti stai rovinando i giorni, ti devi raccoglier­e. Ci sono diversi modi, ognuno trova il proprio: l’analista, lo yoga. Il mio è stato iscrivermi a un corso di burlesque. Conoscere il mio corpo, muoverlo in modo sensuale, non volgare, è significat­o dargli potere». La nudità. «Mi sono spogliata tutta la prima volta per Roberta Torre in Riccardo va all’inferno. Poi in Siberia di Abel Ferrara, al fianco di quel gentleman di Willem Dafoe. Dovevo interpreta­re un sogno, un ballo in estasi affidata alla natura».

I provini. «Ci sono stati: ruoli a cui ho dovuto dire “no” perché non accetterei mai di essere presa in giro, denigrata nel corpo, e altri per cui mi ero candidata e non sono neanche stata chiamata sempliceme­nte perché non ero magra».

Il pregiudizi­o «suona» così: «Se pesi, sei brutta, e non puoi fare tutta una serie di cose. E non è vero. Guardavo le americane, queste giganti in costume sulle copertine dei tabloid, queste più immense di me. E ho iniziato a ispirarmi. Con l’aiuto anche della mia guru di recitazion­e, Gloria Gifford, statuniten­se, donnona di colore e bomba di energia: una power house, si dice lì, fu lei la prima a dirmi: “Ma ti rendi conto che puoi far cadere gli uomini come le mosche?”».

Si è resa conto. «Sono molto passionale in tutti gli ambiti della mia vita. Amo i maschi, il cibo, il sesso, la buona compagnia. Come quando da piccola, figlia unica di maestra e geometra, in provincia di Cuneo suonavo, giocavo a basket, m’iscrivevo a karate, invitavo orde di amici a casa, le provavo tutte e non mi bastavano mai, allestivo banchetti di giocattoli inutilizza­ti, leggevo, scrivevo, disegnavo, parlavo mille lingue chissà come, mi compravo le cassette di Alanis Morissette, volevo entrare a tutti i concerti, da quelli dei Take That a quello di Jovanotti, andavo dai nonni, guardavo Non è la Rai e poi imitavo Ambra Angiolini, con mio papà che mi registrava».

Quando si è accorta che sarebbe stata un’attrice? «Con i primi corsi che passava il convento, poi quando a 20 anni ho lasciato un lavoro a tempo indetermin­ato come broker che vendeva carni, e mi sono trasferita a Milano, poi a Roma, poi a Londra prendendom­i un agente perché desideravo diventarlo seriamente. Nessun gioco che vuoi è davvero leggero».

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Stella Pecollo, 34 anni. È tra gli interpreti di Extravergi­ne, serie tv con Lodovica Comello, su FoxLife il mercoledì alle 21.05. L’8 novembre debutterà in teatro a Milano con il musical La fabbrica di cioccolato.
foto ANNA CATALANO AUTOIRONIA VINCENTE Stella Pecollo, 34 anni. È tra gli interpreti di Extravergi­ne, serie tv con Lodovica Comello, su FoxLife il mercoledì alle 21.05. L’8 novembre debutterà in teatro a Milano con il musical La fabbrica di cioccolato.
 ??  ?? COMEDY AL FEMMINILE In alto, Stella Pecollo in Extravergi­ne nel ruolo di Violante, con Lodovica Comello, la protagonis­ta Dafne. Qui sopra, con Pilar Fogliati, Samira, Melissa Anna Bartolini, Ginevra, e la Comello.
COMEDY AL FEMMINILE In alto, Stella Pecollo in Extravergi­ne nel ruolo di Violante, con Lodovica Comello, la protagonis­ta Dafne. Qui sopra, con Pilar Fogliati, Samira, Melissa Anna Bartolini, Ginevra, e la Comello.

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