GIULIANO SANGIORGI
Giuliano Sangiorgi e i Negramaro hanno scelto di percorrere la strada della buona vecchia amicizia. Che ora diventa un film «meraviglioso»
Solista neanche per sogno
«Quando lascerai la band per intraprendere la carriera solista?».
La solita domanda ricorrente, a ogni album dei Negramaro.
È il mio appuntamento fisso con la stampa, per ogni santo release di un disco o di un tour qualsiasi e, puntualmente, non ho mai avuto voglia di rispondere, con le parole, se non con i fatti.
Son passati vent’anni da quando i miei amici e io abbiamo dato vita a una nuova famiglia musicale e vitale, quella «meravigliosa» dei Negramaro.
Son passati vent’anni e la nostra unione gode di ottima salute, ma questo, si sa, non suscita interesse in quelli che aspettano solo che io risponda coi fatti e metta fine a questa storia fantastica lunga una vita.
«Sangiorgi...», mi disse uno dei tanti giornalisti in trepida attesa del nostro scioglimento, che secondo molti non sarebbe tardato a venire, «non fate più notizia con i vostri reiterati successi... noi qui, si aspetta la fine... quella sì che farebbe discutere, tanto».
Allora, che si fa? Si va avanti e si decide per la strada più lunga e noiosa, quella della buona e vecchia amicizia, che non conosce limiti e, anzi, i limiti stessi li supera e a volte li distrugge fino a farli scomparire del tutto, fino a farci dimenticare che, in fondo in fondo, ognuno di noi ha un contorno ben definito che non può mescolarsi del tutto a quello dell’altro da sé.
È davvero noioso pensare a qualcosa che ti fa stare bene e che vorresti non finisse mai? È davvero poco interessante raccontare una verità fatta di bellezza e condivisione di vita, musica e sogni? È davvero inutile continuare a raccontarla a tutti i costi, costi quel che costi?
Be’, chiediamolo a Lele, nostro fratello e super chitarrista, se ne valeva la pena attraversare le tenebre, sconfiggere la morte, venir fuori dal coma e ritornare da noi con una chitarra in mano e nel cuore e negli occhi tutta la forza di infinite galassie per splendere ancora e sempre, come non mai.
Ne vale la pena sempre, perché una storia come la nostra può annoiare tanto, perché costellata di tanti successi e luci abbaglianti, milioni di dischi venduti e altrettanti biglietti per tour infiniti e bla, bla, bla... ma se si avesse il tempo di conoscerne i retroscena, la storia antica e gli anni passati in una cantina, grande (si fa per dire grande) due metri per due, scavata sottoterra da noi stessi, passati a sognare di emozioni senza confini, allora sarebbe molto più attraente e ne verrebbe fuori la vera unicità.
È quello che abbiamo voluto fortemente quando abbiamo deciso di realizzare il nuovo documentario L’anima vista da qui.
Volevamo raccontarvi tutto e volevamo farlo senza dilungarci, sfruttando un tempo non lunghissimo, adattandolo a quello di attenzione massima che oggi si riuscirebbe ad avere. Come il tempo di un’unica puntata di una serie tv qualsiasi.
Concedetecelo, concedetevelo e sentirete qualcosa che è tutt’altro che noioso.
Avvertirete la strana sensazione che quell’amicizia che vi troverete davanti, la sua lungaggine e la sua estenuante e infinita durata, siano necessarie a che il pianeta continui a girare nel verso giusto.