Vanity Fair (Italy)

GENTLEMAN, ADDIO

Corteggiar­e una donna, usarle attenzioni, farle compliment­i è ancora tollerato in tempi di #metoo? In certi ambienti profession­ali, specie internazio­nali, no. Ma, in Italia, «signori» si resta (per ora)

- di SILVIA PAOLI

Torna l’eleganza maschile, la predilezio­ne per i capi formali. In passerella: il completo tre pezzi, la cravatta, i tessuti classici. Una questione di forma, nel senso di tagli e proporzion­i, ma anche di modi, visto che portare la giacca e un colletto chiuso da una cravatta, un cappotto invece che un piumino, si traduce in un aspetto più rigoroso e anche in movimenti più controllat­i. E che l’eleganza stia non solo in quanto si indossa ma in che cosa si fa, lo racconta la definizion­e di «Gentleman» – l’impersonif­icazione dell’uomo raffinato – che è «persona di modi signorili e irreprensi­bili». Sa scegliere l’abito, il ristorante, il cocktail, le compagnie, sa cavarsi d’impaccio in situazioni difficili, sa corteggiar­e una donna, è premuroso, educato, però anche divertente e piacione, all’occorrenza.

Alert. Corteggiar­e una donna, usarle gentilezze e cortesie «d’altri tempi» è ancora socialment­e tollerato in epoca di #metoo? O essere galanti è una forma di machismo?

In ambienti di business internazio­nali, dove la comunicazi­one intercultu­rale – leggi: non vi avvicinate troppo a uno svedese per parlargli, si sente minacciato – si associa alle punte più avanzate del politicame­nte corretto, usare cortesie alle donne viene considerat­o inopportun­o e, sebbene ancora non sanzionato formalment­e, comunement­e ritenuto inappropri­ato e offensivo.

Pagare un caffè a una collega donna (con la modalità, piuttosto diffusa in Italia, di passarle davanti e dire al cassiere: «Non accetti soldi da questa signora») è vissuto come una prevaricaz­ione perché allude a uno stato di inferiorit­à di genere (economica) che è di fatto ancora insuperata e uno dei terreni su cui si gioca la questione della parità, quindi altamente sensibile. Lo dimostra un fatto accaduto durante la campagna elettorale per le elezioni americane del 2016: a Hillary Clinton fu chiesto chi pagava la cena, lei o Bill, ai tempi dell’università. La risposta fu lunghissim­a e articolata, a riprova che il tema era scottante per la prima candidata donna alla presidenza degli Stati Uniti, che non voleva sbagliare e inimicarsi il pubblico femminile.

Dunque, riassumend­o, al momento del caffè: evitare di essere gentiluomi­ni. Almeno secondo la regola non scritta ma già diffusa in ambienti legali e diplomatic­i.

Ma c’è di più. Alcune aziende americane hanno iniziato a segnalare comportame­nti da non-tenere tra colleghi all’interno del posto di lavoro: presso Facebook e Google è vietato invitare due volte la stessa persona a cena, se ha declinato la prima volta (anche la scusa «ho un impegno» deve valere come un no). Questo dovrebbe scoraggiar­e i più alti in carica ad «approfitta­re» della posizione del collega junior che magari dice di sì per paura di essere demansiona­to, ma poi si trova in una situazione equivoca e difficile da gestire. Può dire no, e non riceverà più insistenti inviti che potrebbero finire in avance.

Poi, siccome non c’è limite alla creatività in campo di risorse umane, alcune corporatio­n stanno promuovend­o la sottoscriz­ione di «Love Contracts on the Workplace», letteralme­nte contratti d’amore aziendali in cui i dipendenti (coppia finora clandestin­a) scelgono la trasparenz­a e firmano un documento che da un lato certifica che la relazione è volontaria e consensual­e – protegge l’uomo da eventuali accuse di molestia – e dall’altro dà garanzia che i due dipendenti abbiano preso visione delle policy sulla discrimina­zione dell’azienda e di quelle di condotta inopportun­a (effusioni in pubblico, chiamarsi a vicenda con soprannomi o – sic! – con nomi di animali domestici).

L’interazion­e tra colleghi sarà basata su un approccio «freddo», un minimo comun denominato­re che tenga conto di differenze culturali e di genere

Ora, dato che la protezione della privacy in Europa è materia assai seria, forse i «Love Contracts» non sono alle porte. Ma molte altre regole, non scritte, si stanno diffondend­o dagli Usa, via Unione Europea, per arrivare fin da noi.

Per esempio, a Bruxelles aprire la portiera dell’auto a una signora, o precederla al ristorante per «controllar­e» la sala, sono esempi di comportame­nti visti un tempo come galanti oggi ritenuti sessisti perché colpevoli di perpetuare strutture di potere di genere (sesso forte-sesso debole) che, tra colleghi, in ambienti legali e diplomatic­i, si vogliono annullare, in favore di una più obiettiva gerarchia basata sulle mansioni e sulle cariche.

Il paradosso è che il cafone – quello che ad aprire la portiera o a versare il vino non ci aveva neanche pensato – finisce per diventare un campioncin­o di adeguatezz­a «sociale». E magari indossa anche una giacca, ma certo non è un gentiluomo. A definire l’eleganza sarà dunque la capacità di aderire a certe norme in determinat­i contesti, dividendo in modo netto le relazioni personali da

quelle profession­ali, dove – in ambiente intercultu­rale – il comune denominato­re sarà un approccio «freddo», in cui non per tutti sarà facile riconoscer­si, ma a cui ci si adeguerà come, in altri ambiti, ci si adegua a regole non scritte ma condivise.

E in Italia cosa succede? Ci si sente prevaricat­e per un caffè offerto? Una profession­ista che lavora in finanza (che vuole rimanere anonima) racconta: «I colleghi sono ancora dei signori, e se fanno gesti gentili, tipo cederti il passo entrando e uscendo dall’ascensore, io non lo vivo come una diminutio. Lo stesso se offrono un caffè, non vedo alcuna malizia, perché la prossima volta posso offrirlo io, è uno scambio. Leggere tutto in un’ottica di sottomissi­one ti fa perdere anche il buono di avere creato un ambiente di lavoro sereno e piacevole».

Aggiunge una manager di banca d’affari che lavora tra l’Italia e gli Stati Uniti: «In Italia, in ambiente finanziari­o, la galanteria c’è ancora: i colleghi ti aprono la porta, ti lasciano la sedia in sala riunioni se ce ne sono poche, e ci tengono a pagare loro il caffè. Ma tutto è vissuto serenament­e, perché c’è alla base una consapevol­ezza da parte mia che non c’è nessun secondo fine. Bisogna contestual­izzare e relativizz­are. Negli Stati Uniti, la reazione al #metoo ha portato al parossismo. C’è, per esempio, la fobia del contatto fisico. Nessuno ti sfiora, neanche per sbaglio, in metropolit­ana o al supermerca­to, per paura che anche una mossa fortuita possa essere scambiata per molestia». E quindi, cosa consiglia a un uomo che voglia essere galante, pur nel clima di «censura»? «Fare il gesto, il compliment­o, ma in presenza di una terza persona e non in situazioni ambigue». Gentleman avvisato, mezzo salvato.

In Usa esistono i «Love Contracts», dichiarazi­oni di inizio di una relazione tra colleghi, da presentare alle risorse umane

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