GENTLEMAN, ADDIO
Corteggiare una donna, usarle attenzioni, farle complimenti è ancora tollerato in tempi di #metoo? In certi ambienti professionali, specie internazionali, no. Ma, in Italia, «signori» si resta (per ora)
Torna l’eleganza maschile, la predilezione per i capi formali. In passerella: il completo tre pezzi, la cravatta, i tessuti classici. Una questione di forma, nel senso di tagli e proporzioni, ma anche di modi, visto che portare la giacca e un colletto chiuso da una cravatta, un cappotto invece che un piumino, si traduce in un aspetto più rigoroso e anche in movimenti più controllati. E che l’eleganza stia non solo in quanto si indossa ma in che cosa si fa, lo racconta la definizione di «Gentleman» – l’impersonificazione dell’uomo raffinato – che è «persona di modi signorili e irreprensibili». Sa scegliere l’abito, il ristorante, il cocktail, le compagnie, sa cavarsi d’impaccio in situazioni difficili, sa corteggiare una donna, è premuroso, educato, però anche divertente e piacione, all’occorrenza.
Alert. Corteggiare una donna, usarle gentilezze e cortesie «d’altri tempi» è ancora socialmente tollerato in epoca di #metoo? O essere galanti è una forma di machismo?
In ambienti di business internazionali, dove la comunicazione interculturale – leggi: non vi avvicinate troppo a uno svedese per parlargli, si sente minacciato – si associa alle punte più avanzate del politicamente corretto, usare cortesie alle donne viene considerato inopportuno e, sebbene ancora non sanzionato formalmente, comunemente ritenuto inappropriato e offensivo.
Pagare un caffè a una collega donna (con la modalità, piuttosto diffusa in Italia, di passarle davanti e dire al cassiere: «Non accetti soldi da questa signora») è vissuto come una prevaricazione perché allude a uno stato di inferiorità di genere (economica) che è di fatto ancora insuperata e uno dei terreni su cui si gioca la questione della parità, quindi altamente sensibile. Lo dimostra un fatto accaduto durante la campagna elettorale per le elezioni americane del 2016: a Hillary Clinton fu chiesto chi pagava la cena, lei o Bill, ai tempi dell’università. La risposta fu lunghissima e articolata, a riprova che il tema era scottante per la prima candidata donna alla presidenza degli Stati Uniti, che non voleva sbagliare e inimicarsi il pubblico femminile.
Dunque, riassumendo, al momento del caffè: evitare di essere gentiluomini. Almeno secondo la regola non scritta ma già diffusa in ambienti legali e diplomatici.
Ma c’è di più. Alcune aziende americane hanno iniziato a segnalare comportamenti da non-tenere tra colleghi all’interno del posto di lavoro: presso Facebook e Google è vietato invitare due volte la stessa persona a cena, se ha declinato la prima volta (anche la scusa «ho un impegno» deve valere come un no). Questo dovrebbe scoraggiare i più alti in carica ad «approfittare» della posizione del collega junior che magari dice di sì per paura di essere demansionato, ma poi si trova in una situazione equivoca e difficile da gestire. Può dire no, e non riceverà più insistenti inviti che potrebbero finire in avance.
Poi, siccome non c’è limite alla creatività in campo di risorse umane, alcune corporation stanno promuovendo la sottoscrizione di «Love Contracts on the Workplace», letteralmente contratti d’amore aziendali in cui i dipendenti (coppia finora clandestina) scelgono la trasparenza e firmano un documento che da un lato certifica che la relazione è volontaria e consensuale – protegge l’uomo da eventuali accuse di molestia – e dall’altro dà garanzia che i due dipendenti abbiano preso visione delle policy sulla discriminazione dell’azienda e di quelle di condotta inopportuna (effusioni in pubblico, chiamarsi a vicenda con soprannomi o – sic! – con nomi di animali domestici).
L’interazione tra colleghi sarà basata su un approccio «freddo», un minimo comun denominatore che tenga conto di differenze culturali e di genere
Ora, dato che la protezione della privacy in Europa è materia assai seria, forse i «Love Contracts» non sono alle porte. Ma molte altre regole, non scritte, si stanno diffondendo dagli Usa, via Unione Europea, per arrivare fin da noi.
Per esempio, a Bruxelles aprire la portiera dell’auto a una signora, o precederla al ristorante per «controllare» la sala, sono esempi di comportamenti visti un tempo come galanti oggi ritenuti sessisti perché colpevoli di perpetuare strutture di potere di genere (sesso forte-sesso debole) che, tra colleghi, in ambienti legali e diplomatici, si vogliono annullare, in favore di una più obiettiva gerarchia basata sulle mansioni e sulle cariche.
Il paradosso è che il cafone – quello che ad aprire la portiera o a versare il vino non ci aveva neanche pensato – finisce per diventare un campioncino di adeguatezza «sociale». E magari indossa anche una giacca, ma certo non è un gentiluomo. A definire l’eleganza sarà dunque la capacità di aderire a certe norme in determinati contesti, dividendo in modo netto le relazioni personali da
quelle professionali, dove – in ambiente interculturale – il comune denominatore sarà un approccio «freddo», in cui non per tutti sarà facile riconoscersi, ma a cui ci si adeguerà come, in altri ambiti, ci si adegua a regole non scritte ma condivise.
E in Italia cosa succede? Ci si sente prevaricate per un caffè offerto? Una professionista che lavora in finanza (che vuole rimanere anonima) racconta: «I colleghi sono ancora dei signori, e se fanno gesti gentili, tipo cederti il passo entrando e uscendo dall’ascensore, io non lo vivo come una diminutio. Lo stesso se offrono un caffè, non vedo alcuna malizia, perché la prossima volta posso offrirlo io, è uno scambio. Leggere tutto in un’ottica di sottomissione ti fa perdere anche il buono di avere creato un ambiente di lavoro sereno e piacevole».
Aggiunge una manager di banca d’affari che lavora tra l’Italia e gli Stati Uniti: «In Italia, in ambiente finanziario, la galanteria c’è ancora: i colleghi ti aprono la porta, ti lasciano la sedia in sala riunioni se ce ne sono poche, e ci tengono a pagare loro il caffè. Ma tutto è vissuto serenamente, perché c’è alla base una consapevolezza da parte mia che non c’è nessun secondo fine. Bisogna contestualizzare e relativizzare. Negli Stati Uniti, la reazione al #metoo ha portato al parossismo. C’è, per esempio, la fobia del contatto fisico. Nessuno ti sfiora, neanche per sbaglio, in metropolitana o al supermercato, per paura che anche una mossa fortuita possa essere scambiata per molestia». E quindi, cosa consiglia a un uomo che voglia essere galante, pur nel clima di «censura»? «Fare il gesto, il complimento, ma in presenza di una terza persona e non in situazioni ambigue». Gentleman avvisato, mezzo salvato.
In Usa esistono i «Love Contracts», dichiarazioni di inizio di una relazione tra colleghi, da presentare alle risorse umane