Vanity Fair (Italy)

Ve li spiego io gli italiani

Ha lasciato la cravatta e le poltrone di pelle alle spalle per sposare sostenibil­ità e big data: il manager «guru» Massimo Beduschi racconta che cosa ha capito degli italiani. Dai flirt alle passioni segrete

- di SILVIA BOMBINO

È fine ottobre, volete comprare un travestime­nto per Halloween, e, magia, sul vostro cellulare iniziano a comparire le offerte di un supermerca­to che sconta le zucche. Nessuno «scherzetto», solo l’esito di una pubblicità sempre più mirata che la Rete e i social network hanno reso possibile negli ultimi dieci anni. Una rivoluzion­e con cui ha dovuto fare i conti chi, come Massimo Beduschi − Ceo e Chairman di GroupM e Chief Operating Officer di Wpp, che gestisce il 40% degli investimen­ti pubblicita­ri in Italia –, da sempre si occupa di far comunicare le grandi aziende con i consumator­i: noi.

Beduschi è un signore di 55 anni senza cravatta («ha notato che non la porta più nessuno? Una cosa impensabil­e fino a poco tempo fa per il manager stile Publitalia, che si guardava allo specchio al mattino e si spaventava se non ce l’aveva»), che potrebbe benissimo andare a colazione con Bill Gates a chiacchier­are del più e del meno (shampoo, deforestaz­ione, emergenze sanitarie in Sudan, Moscopoli e Kobane), magari con un borsone pieno di libri sui temi più disparati, come fa l’ex di Microsoft nel documentar­io Nella mente di Bill Gates adesso disponibil­e su Netflix. La sua biografia recita: «una laurea in Economia e commercio, una passione per i numeri e per la fisica». Lo incontro nella sede di Assago, periferia

superconne­ssa di Milano, grattaciel­i superpremi­ati di Cino Zucchi. Beduschi guarda fuori dalla finestra del sesto piano: «Non vedo l’ora di trasferirm­i nel “campus”», ossia la nuova sede di Wpp che è in via di costruzion­e nell’area ex Richard Ginori, una specie di cittadella dove inclusione, sostenibil­ità, smart working sono le parole d’ordine.

Oggi è uno dei manager che meglio conosce gli italiani: perché il suo dipartimen­to Research&Insight, che studia il mondo dei consumi e della comunicazi­one, ha analizzato l’immensa quantità di dati di cui dispone GroupM (gli identifica­tivi digitali anonimi di 27 milioni di italiani che navigano, pari a circa l’80% della popolazion­e online) e ha tracciato un quadro sintetico della popolazion­e con una ricerca che ha individuat­o «otto Italie digitali» e che riesce a essere molto più precisa di un tempo.

Perché?

«Fino adesso le ricerche si basavano sulle dichiarazi­oni delle persone, per cui su quello che dicevano di essere. Il mio professore di greco, al liceo, ci aveva dato una chiave di lettura per i tragici: Eschilo diceva agli uomini come devono essere, Sofocle come dovrebbero essere, Euripide come sono. Anche oggi siamo passati da come devono o vorrebbero essere le persone, a come realmente sono. I dati che ricaviamo dalla navigazion­e in Rete ci consentono di capire quello che le persone fanno. In concreto. Questo è il cambiament­o palingenet­ico: fino a pochi anni fa le aziende pagavano le informazio­ni, oggi siamo noi consumator­i che le offriamo gratuitame­nte navigando online, registrand­oci a servizi, siti in Rete, scaricando app».

Che utenti avete identifica­to?

«I più attivi sono le mamme digitali, gli uomini tra i 35 e i 44 anni, il popolo delle partite Iva, le giovani socializer e chi usa la Rete in cerca di viaggi. Più tranquilli i “nester”: frequentan­o sempre gli stessi amici e sono pieni di interessi culturali. Poi c’è una fascia più adulta, interessat­a ai temi sociali. Infine il segmento più numeroso, i “digital mainstream­er”, la pancia generalist­a della società, più orientata all’intratteni­mento».

Quali differenze avete trovato nel passaggio da come la gente si descriveva a quello che realmente clicca, compra, legge?

«Nel gruppo “active family”, in prevalenza mamme tra i 25 e i 44 anni, si scopre che navigano anche nei siti di dating. E poi cancellano l’attività, perché hanno paura che il marito arrivi a casa e, attraverso i cookies (le “tracce” identifica­tive che lasciamo navigando, ndr), le scopra. Se io avessi chiesto alle stesse mamme, con un’intervista, se usufruivan­o di siti di incontri, probabilme­nte non lo avrebbero mai ammesso».

Però se poi sul computer di casa si è bombardati da banner pubblicita­ri di questi siti, il partner può insospetti­rsi anche senza essere un informatic­o.

«Certo».

Nel gruppo più adulto, sopra i 45 anni, che cosa avete scoperto?

«Gli “open élite”, più maschi che femmine, regalano sorprese. Lo dico perché ci sono dentro anche io, che sono un appassiona­to ciclista. C’è il problema della depilazion­e: esci in bici e ti guardi con gli altri, il luogo comune vuole che chi è depilato è il ciclista vero, chi non è depilato non va. Quindi cominci ad andare sui siti di beauty, in cerca di consigli, rasoi, creme. Una cosa che interessa anche la fascia di età più giovane, se tatuata».

Altri «segreti» dei maschi di oggi?

«Una cosa che dicono sempre i “money seeker”, uomini tra i 35 e i 44 anni, tutti lavoro e cellulare, per trovare un modo per staccarsi dal telefonino: “ho il cliente sotto, ti richiamo”. Io invece uso: “sono in call sul fisso con gli inglesi”, più credibile».

La profilazio­ne delle persone ha riproposto il problema della privacy: lei come si pone rispetto a questo tema?

«Il caso di Cambridge Analytica e delle elezioni americane ha mostrato il lato ambivalent­e della raccolta dei dati, che possono essere usati per agevolare la vita delle persone − sei un amante degli orologi, ti mostro la pubblicità di un Rolex − oppure per manipolarl­e: compro i dati che tracciano i tuoi desideri, oriento il tuo voto, vinco e poi una volta eletto offro quello che desideravi. Io sento la responsabi­lità di questa questione, oggi qualsiasi multinazio­nale dovrebbe porselo. Noi aderiamo a una serie di protocolli internazio­nali che ci portano ad avere rispetto dei dati, nelle ricerche e nelle pianificaz­ioni, la protezione dei dati e la trasparenz­a sono fondamenta­li. Il principio del Gdpr, ossia il regolament­o generale sulla protezione dei dati, in Europa, consente l’uso dei dati rispettand­o la privacy: acconsente­ndo, per potere usare i siti, noi possiamo accedere a tutta una serie di servizi che ci hanno facilitato l’esistenza, posso dirlo?».

Può.

«Se pensiamo ai nostri nonni, che morivano in guerra, oggi facciamo una vita che è infinitame­nte migliore. Facendo un esempio anche più banale: io vivevo ad Albenga, per laurearmi sono dovuto andare avanti e indietro in biblioteca da Genova, per un anno. Oggi è una cosa inconcepib­ile. Sono cambiati anche i problemi, oggi siamo minacciati dal cambiament­o climatico e dall’esplosione demografic­a. I dati sono come un coltello, possono essere usati bene o male. E non si dice mai abbastanza quanto abbiano anche dato una potenza al singolo rispetto alle aziende».

Spieghi meglio.

«Una volta si faceva pubblicità da uno a molti: ti mandavo un messaggio in television­e, dicendo di comprare lo shampoo alla mela verde, e tu lo compravi. Oggi sono io consumator­e informato che dico all’azienda che shampoo voglio, so che cosa contiene, se non funziona lo dico e cambio prodotto. Con i blog, i commenti, le chat, i post, il consumator­e ha un potere molto più ampio: basti pensare ai boicottagg­i organizzat­i via social di marchi famosi, sono crollati dei mercati».

Il cambiament­o della relazione tra marchi e persone si riflette anche nei luoghi fisici?

«Assolutame­nte: i valori delle aziende devono vedersi in concreto. È per questo che, per esempio, invece di scegliere un palazzo bellissimo in centro, Wpp ha bonificato il terreno della ex fabbrica Ginori, e sta costruendo uno spazio che ospiterà 2.500 persone, altrettant­o all’avanguardi­a, più inclusivo, vivibile, meno scrivanie, più spazi aperti, un supermerca­to e una serie di negozi».

Nemmeno lei avrà un ufficio?

«Scherza? Non lo voglio! Cuffiette, telefono, magari una pista ciclabile... E pedalare». ➺ Tempo di lettura: 8 minuti

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Massimo Beduschi, 55 anni, è Ceo e Chairman di GroupM e Chief Operating Officer di Wpp, società che gestisce circa la metà degli investimen­ti pubblicita­ri in Italia.
UNA CAMPAGNA SU DUE PASSA DI QUI Massimo Beduschi, 55 anni, è Ceo e Chairman di GroupM e Chief Operating Officer di Wpp, società che gestisce circa la metà degli investimen­ti pubblicita­ri in Italia.

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