Vanity Fair (Italy)

Una 007 con l’ansia

Non ha avuto paura, a 12 anni, di lasciare il suo Paese e il suo papà. In compenso, Caterina Shulha è terrorizza­ta da aerei, topi e provini con Donato Carrisi

- di RAFFAELE PANIZZA foto FABRIZIO CESTARI

La due parole che Caterina Shulha ripete più spesso sono «ansia pazzesca». Ansia per i tanti provini con il regista e scrittore Donato Carrisi che, dopo aver scartato trenta candidati (maschi compresi), l’ha voluta per la parte di Linda, la ragazza transgende­r del thriller L’uomo del labirinto, al cinema dal 30 ottobre. Ansia per il primo giorno di riprese con Toni Servillo. Ansia all’idea che tutto questo possa presto finire: «In caso, però, faccio l’aiuto regista».

Nata nella cittadina bielorussa di Hrodna ma in Italia dal 2005, mamma di Lorenzo, avuto dal produttore Marco Belardi, a 26 anni Caterina Shulha vive il suo momento migliore. Sta girando in Bulgaria il musical The Land of Dreams, con una New York anni ’20 ricostruit­a negli studios di Boyana. E il 21 novembre sarà nelle sale nei panni di Petra, consorte tedesca di Antonio Albanese in Cetto c’è, senzadubbi­amente: la scena dove accetta le banconote del consorte, che dopo l’amore l’ha confusa con una escort, ha già fatto il giro del web.

Come è cambiata la percezione della sua sessualità dopo aver interpreta­to un transgende­r nell’Uomo del labirinto?

«In quel ruolo sono stata comoda. Vivo struccata e sono un maschiacci­o: esprimere questo lato di me è stato liberatori­o».

La sua essenza ha vibrato di più nei panni del trans o ballando la lap dance nella Vita possibile di Ivano De Matteo?

«Interpreta­ndo Linda. Pali della lap dance mai più: molto meglio la tuta e le scarpe da ginnastica. Apparire femme fatale non mi è mai interessat­o e, se devo scegliere tra il mio lato femminile o maschile, scelgo il secondo. Vorrei essere 007, non certo una Bond Girl».

Anche il suo profilo Instagram è piuttosto casto.

«Sul lavoro non sono timida: nell’Uomo del labirinto mi presto a molte scene di nudo integrale. Sui social, invece, non mi va di esporre il mio corpo: faccio l’attrice, mica l’influencer».

Il lato b, sul grande schermo, è il suo?

«Certo! Su un set americano mi è capitato di vedere una collega che sceglieva il sedere da utilizzare come controfigu­ra, con tutte queste ragazze in fila, poverette, al suo cospetto. Ma dico: scegliti un personal trainer e rassodati, come faccio io, cinque volte alla settimana. Fa parte del lavoro».

Nel film di Carrisi appare la figura di un uomo-coniglio, onirico e spaventoso. Lei di che cosa ha paura?

«Di volare».

Come la esorcizza?

«Fissando le hostess o leggendo il manuale di evacuazion­e. Ah, anche i ratti mi terrorizza­no».

Carrisi le incuteva timore?

«Durante le riprese è di una serietà pazzesca: la troupe non fiata. I primi giorni, per l’ansia credo di aver perso dieci chili. Poi l’ho rincontrat­o alla prima proiezione insieme al resto del cast ed era un’altra persona».

Diventare madre era in cima alle sue priorità?

«Sì. Se non fosse per il mio lavoro, farei un figlio all’anno».

Cosa le piace della maternità?

«Il fatto di poter giocare quattro ore su un tappeto e dimenticar­e di essere diventata adulta».

Ha partorito con lievità?

«Con lievità direi proprio di no: ero ingrassata 20 chili. Inoltre, portavo i capelli rasati da un lato e sembravo una tossicodip­endente. Avevo appena finito di girare Hotel Gagarin: interpreta­vo una punk e sono finita in ospedale così».

Come ha fatto a perdonare sua mamma, che a 12 anni l’ha portata via da suo padre e dal suo Paese?

«Al contrario: l’ho sempre ringraziat­a. È arrivata qui senza parlare la lingua, con soltanto un’amica ad aspettarla alla stazione Tiburtina. Io non so se ne sarei mai stata capace».

E papà non le è mancato?

«Sì. Ma è pur sempre un uomo bielorusso che non è mai uscito dal suo Paese, con una certa mentalità e ideali sulla vita. Il mio mestiere neppure lo capisce e, forse, non lo giudica neppure un vero lavoro. Non mi avrebbe accolta. La vita che ho adesso, fossi rimasta in Bielorussi­a, non l’avrei mai vissuta».

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Pagina accanto: giacca, DSQUARED2. Styling Gloria Ripamonti. Make-up and hair Emanuela Di Giammarco using Sisley Paris. Produzione Rockett.

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Caterina Shulha, 26 anni, è moglie (del produttore Marco Belardi), mamma (di Lorenzo) e attrice affermata: dal 30 ottobre la vedremo al cinema nell’opera seconda di Donato Carrisi, LÕuomo del labirinto.
RAMPA DI LANCIO Caterina Shulha, 26 anni, è moglie (del produttore Marco Belardi), mamma (di Lorenzo) e attrice affermata: dal 30 ottobre la vedremo al cinema nell’opera seconda di Donato Carrisi, LÕuomo del labirinto.

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