La campagna anti-ritocco
«L’Unesco metta sotto tutela le nostre facce». È la provocazione di Lorella Zanardo, che lancia una campagna «anti-ritoccone»
Esercizio salutare: prendete un vostro selfie, uno di quelli in cui vi piacete parecchio. Applicate Faceapp o Facetune, testate solo una lieve modifica al giorno e continuate per una settimana. Ora confrontate il selfie iniziale, il vostro preferito, con quello finale: vi piacete ancora? Lorella Zanardo, attivista, già autrice del Corpo delle donne (un documentario da 21 milioni di visualizzazioni sul web), questo esercizio lo ha fatto: «Ho scoperto difetti di cui non mi ero mai accorta», dice.
Cedere alla bellezza insta-omologata non è privo di conseguenze e per questo Zanardo ha lanciato Volto Manifesto, un documentario e una campagna di sensibilizzazione sull’uso consapevole e responsabile del proprio viso (sarà presentato al Festival della Peste! a Milano, 7-10 novembre). La provocazione: «L’Unesco, che salvaguarda le bellezze in pericolo, dovrebbe mettere sotto tutela il volto reale: è ormai un bene in via d’estinzione». Siamo in effetti in piena emergenza se persino Instagram ha annunciato che presto rivedrà le regole per un uso più moderato dei filtri e, pochi giorni fa, ha tolto dalla circolazione i tre che più esplicitamente ammiccavano al “ritoccone”: FixMe (quello dei tratti di pennarello sul volto tipici degli interventi chirurgici), Plastica (che mostrava, esasperandoli, gli effetti su zigomi e labbra della plastica facciale) e HolyNatural (noto per le lentiggini e per la bocca carnosa, affatto naturali).
I chirurghi estetici di mezzo mondo denunciano intanto, specie tra gli under 30, una tendenza da non sottovalutare: la selfie-dismorfia: «Prima si andava dal chirurgo con la foto della modella preferita, oggi si porta il proprio selfie photoshoppato, che spesso ha proporzioni irrealizzabili in natura. Volti più ovali, sorrisi sempre più larghi, nasi più sottili: i filtri deformano l’identità, la percezione di sé e non ce ne rendiamo conto», osserva Zanardo. Il modello estetico di questa bellezza-monstre (poiché innaturale) è alimentato dagli influencer digitali (come Miquela Sousa, alias @LilMiquela, 1,6 milioni di follower su Instagram), «e anche dagli androidi, nel 90 per cento dei casi modellati su visi di giovani donne, tutte simili».
Stiamo entrando davvero nell’era del Grande Volto Uniforme? L’omologazione on e offline si combatte con robuste iniezioni di autostima e consapevolezza: «Servono interventi mirati nelle scuole», conclude Lorella Zanardo, impegnata su questo fronte già dalla prossima primavera, «anche perché il voyeurismo digitale nutrito a ritmo di selfie identici uno all’altro alimenta tra i giovani il rifiuto della diversità e del tempo che passa. Ovvero di ciò che ci rende umani».