Vanity Fair (Italy)

Jesse è tornato nel film El Camino

- di GIANMARIA TAMMARO foto ERIC RAY DAVIDSON

Divenuto celebre come «cuoco della droga» in «Breaking Bad», l’attore è tornato, dopo sei anni, a vestire i panni di Pinkman nel film «El Camino», sequel della serie cult. E in futuro lo rivedremo anche nella terza stagione di «Westworld»

Confession­i sussurrate: «Non so dirle per quale motivo, ma non riesco a non pensare a Yesterday, alle parole di quella canzone. All my troubles seemed so far away, dice. Sono perfette per quello che è successo a Jesse». Aaron Paul – classe 1979, nato a Emmett, Idaho – stringe per un momento gli occhi e rimane in silenzio. Poi ricomincia, sorridendo: «È stato facile mantenere il segreto mentre giravamo. È diventato più complicato quando sono trapelate le prime informazio­ni. I primi articoli di giornale. Ma durante le riprese, non c’è stato nessun problema. Dovevamo mentire per tutto il tempo a tutti».

È passato quasi un mese da quando El Camino, il film sequel di Breaking Bad diretto e scritto da Vince Gilligan, è arrivato su Netflix. Nella prima settimana è stato visto da 25,7 milioni di utenti. «Quando abbiamo cominciato a lavorare mi sono sentito ispirato», riprende Paul. «Non c’è mai stato un momento in cui ho avuto paura o in cui non sono stato convinto. Sapevo che sarebbe stato un viaggio incredibil­e. E non solo per me, come attore, ma anche per Vince Gilligan».

Perché?

«La prima volta che mi ha parlato di quest’idea di girare un sequel di Breaking Bad non aveva scritto niente, nemmeno una pagina. Voleva capire se la cosa poteva interessar­mi. Solo a quel punto, quando gli ho detto di sì, ha cominciato a scrivere. Ma non mi ha mai fatto promesse: non sapevamo come sarebbe andata a finire».

Quanto tempo ci è voluto per scoprirlo?

«Sette mesi. Vince ha finito la sceneggiat­ura e mi ha richiamato per farmela leggere. Ero davvero felice di poter “incontrare” di nuovo Jesse Pinkman; è sempre stato un amico, per me. Una parte importante della mia vita. Ero curioso di sapere che cosa gli fosse successo».

El Camino è il modello dell’auto su cui Jesse scappa. Ma ha molti, molti più significat­i. Sembra un riferiment­o al romanzo di Cormac McCarthy.

«La strada, il sentiero, il viaggio. El Camino è tutte queste cose. Quello che volevamo mostrare era Jesse finalmente libero, pronto a ricomincia­re e a cercare un nuovo inizio. Volevamo portare Jesse dalla gioia bestiale dell’ultima scena di Breaking Bad a qualcosa di diverso: di più consapevol­e».

Girare questo film, per qualcuno, non era necessario.

«È vero: Breaking Bad finisce nel migliore dei modi, e non c’era alcun motivo per El Camino. La serie è stata perfetta. Il lavoro che gli scrittori hanno fatto è stato incredibil­e, come quello di Bryan Cranston, che interpreta Walter White».

Però?

«Mi sono fidato di Vince Gilligan, come avevo fatto durante le riprese di Breaking Bad. Vince è l’ultima persona al mondo a volerne rovinare il finale, mi creda: sa benissimo che cosa ha lasciato, qual è la sua eredità. Si è posto una domanda, solo una: “Che cosa è successo a Jesse?”. E tutto quello che ha voluto fare, con El Camino, è stato trovare una risposta».

Ci è riuscito?

«In questo film, ogni cosa è bilanciata. Non ci sono scene d’azione pazzesche. Non ci sono esagerazio­ni. Non c’è niente fuori tono, o fuori traccia. Non ci sono sparatorie infinite; non ci sono inseguimen­ti senza senso. Vince ha pensato a ogni cosa. E ogni cosa ha un motivo. Un perché».

Alla fine, El Camino è un western.

«Come Breaking Bad, del resto. Pensi agli incredibil­i spazi aperti, ai primi piani, ai lunghi silenzi. Alla posizione dei personaggi e all’angolatura delle riprese. Anche El Camino è così. Non per una scena specifica, non per una citazione particolar­e, ma per il ritmo e la forma che ha tutto il film».

Interpreta­re Jesse Pinkman le ha cambiato la vita?

«Penso che Breaking Bad abbia cambiato la vita di tutti quelli che ci hanno lavorato. Nel mio caso, ha dato una scossa alla mia carriera. Mi ha aperto molte porte. Jesse è sempre stato un ruolo complicato, ma costruito magnificam­ente».

È stato un rischio?

«È stato importante. Mi ha permesso di lavorare insieme ad alcuni degli attori più bravi di questa generazion­e. Mi sono trovato benissimo con Bryan; ho trovato un amico».

In El Camino condividet­e una delle scene più intense: seduti al tavolo di un diner, a fare colazione, a parlare del futuro.

«Lavorare ancora con Bryan è stato meraviglio­so. Siamo riusciti a tornare indietro nel tempo, a fermarci a un momento preciso per riprendere il controllo della vita dei nostri personaggi. Come se non fosse passato nemmeno un giorno. In quella sequenza, Jesse e Walter stanno festeggian­do, non sanno che cosa li aspetta. Sono ancora ingenui, in un certo senso. Avevo dimenticat­o quanto amassi interpreta­re quella parte del carattere di Jesse, quella più sincera, quasi infantile».

Sempre in quella scena, Walt e Jesse sembrano padre e figlio.

«In parte. Quell’istante, secondo me, dura poco. Pensi a come si conclude, con Walt che dice a Jesse di invidiarlo perché è riuscito a vivere momenti incredibil­i nella sua vita. Rifletterc­i col senno di poi, sapendo che cosa gli succederà, è devastante» (Walt è morto nell’ultimo episodio della serie, ndr).

Meglio il cinema o la television­e?

«Storie incredibil­i vengono raccontate ovunque, ma ora come ora è innegabile che la television­e rappresent­i il luogo migliore in cui farlo. Ci sono tante serie, tanto contenuto. È la Terra promessa per attori, registi e scrittori».

Si ricorda quando ha deciso di diventare un attore?

«Ero ancora un bambino. La prima volta che ho partecipat­o a una vera lezione di recitazion­e frequentav­o la quinta elementare. Ricordo che avevo una cotta per una bambina che interpreta­va un elfo nella recita scolastica. E ricordo che un altro bambino venne da me per chiedermi se volessi diventare il fidanzato di questa bambina. Io risposi di sì e pensai: “Mio Dio, il corso di recitazion­e è stupendo!”».

Amore a prima vista.

«Ma non è mai stato solo per questo. Volevo far parte del mondo dello spettacolo, ne ero affascinat­o. Ho cominciato a risparmiar­e da che ne ho memoria. Prima qualche dollaro e poche monete, raccolte in un vecchio barattolo sotto al mio letto. Volevo trasferirm­i. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, fin dal primo giorno, erano orgogliosi di me. Pensavano fosse solo la fase di un bambino, un innamorame­nto passeggero che sarebbe passato».

Ma non è mai passato.

«Mi sono diplomato abbastanza presto, con un anno d’anticipo, e a 17 anni mi sono trasferito a Hollywood. Ho riempito la mia macchina con tutto quello che avevo e sono partito. Mi ci è voluto un po’ per trovare il mio primo incarico. Ma, mi creda, nemmeno così tanto».

Che incarico era?

«Una pubblicità di cereali. Da quel momento ho lasciato il mio lavoro, quello che facevo di giorno per mantenermi, e ho cominciato a recitare a tempo pieno».

Che cosa ha significat­o per lei?

«Era un sogno che diventava realtà. Per me, quello dell’attore è il lavoro migliore che ci sia – se possiamo parlare di lavoro. È il coronament­o di ogni cosa. È tutto. Per molto tempo non c’è stato altro».

Come per Jesse e la sua vita da narcotraff­icante.

«Uno dei momenti più significat­ivi di El Camino è il finale, quando si rimette in macchina, sorridente, finalmente sereno, e parte nel freddo dellA’ laska. Davanti a lui, ad aspettarlo, c’è il suo futuro, la sua nuova vita. Dietro di lui, ogni cosa che ha fatto e che ha dovuto subire. È libero».

Le piacerebbe tornare a interpreta­rlo ancora una volta? Magari nella serie Better Call Saul.

«Dovesse chiedermel­o Vince, lo farei. Direi subito di sì. Mi fido ciecamente di lui. E so che se lo facesse sarebbe perché ha una buona ragione. Ma non so se Jesse, dopo tutto quello che ha passato, sarebbe pronto a tornare indietro, a immergersi nuovamente nella sua vecchia vita».

Ora la aspetta Westworld, la serie Hbo di Lisa Joy e Jonathan Nolan.

«Sono sempre stato un fan; ho adorato le prime due stagioni. Per la loro bellezza e per la loro ambizione. Questa stagione lo sarà ancora di più: ancora più bella e ambiziosa. Il mondo in cui la storia si svolge è cambiato in modo netto, drastico. Il mio personaggi­o rappresent­a il punto di vista di chi non ha mai visitato il parco, e ha sempre vissuto nel mondo esterno. Fa da guida, in un certo senso, al pubblico. Gli mostra quello che c’è da vedere. E, mi creda, c’è molto da vedere».

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Aaron Paul, 40 anni, è noto principalm­ente per il ruolo di Jesse Pinkman nella serie televisiva Breaking Bad, dalla quale è stato tratto il film El Camino, diretto e scritto da Vince Gilligan.
SIMPATICO «CATTIVO» Aaron Paul, 40 anni, è noto principalm­ente per il ruolo di Jesse Pinkman nella serie televisiva Breaking Bad, dalla quale è stato tratto il film El Camino, diretto e scritto da Vince Gilligan.
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Aaron Paul in El Camino, ora in onda su Netflix. El Camino è il modello della macchina su cui viaggia Jesse Pinkman alla ricerca di una nuova vita.
IN VIAGGIO PER LA LIBERTÀ Aaron Paul in El Camino, ora in onda su Netflix. El Camino è il modello della macchina su cui viaggia Jesse Pinkman alla ricerca di una nuova vita.
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