Vanity Fair (Italy)

Il nuovo album di Bonnie Prince Billy

Torna con un album pieno di storie e inquietudi­ni Bonnie Prince Billy, il cantautore più irregolare della scena americana

- Di FERDINANDO COTUGNO

Il Secred Harp è un’antica tradizione americana: un canto comunitari­o di inni religiosi tramandati per essere eseguiti solo a cappella. Non c’è commercial­izzazione, solo gente che si ritrova per il piacere di cantare insieme. Non è un caso che di questo parli In Good Faith, una delle nuove canzoni di Bonnie Prince Billy, il cantautore più irregolare della musica americana. I Made a Place, il suo nuovo album, esce nove anni dopo Wolfroy Goes to Town: nel frattempo Will Oldham (il suo vero nome) si è impegnato in progetti eccentrici e periferici al mercato musicale, come partecipar­e ai Secred Harp, un disco di cover di Merle Haggard o un’edizione annotata da 300 pagine dei suoi testi. Bonnie Prince Billy appare e scompare quando lo ritiene più opportuno. A vent’anni lasciò gli Appalachi in direzione Los Angeles per diventare attore e quell’attitudine è rimasta. Bonnie Prince Billy presta maschera, voce e generi musicali (country, folk, dixieland, rock) agli esseri umani che incontra sulla strada. «La tua faccia è la mia faccia, la tua voce è la mia voce», canta in Building a Fire, la ballata che chiude il disco e che ne è il manifesto. I Made a Place è un contenitor­e di storie e relative inquietudi­ni, sembrano fuori dal tempo ma sul tempo si interrogan­o molto. «Metà vita se n’è andata e non abbiamo fatto ciò che avremmo dovuto», sussurra in This Is Far from Over, «ma abbraccio l’eternità perché il tempo è lontano dall’essere finito». I Made a Place è un ascolto che mette pace, un canto corale, come il Secred Harp, creato con lo scopo di ricordarci che la vita è instabile, ma non c’è comunque motivo di avere paura.

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