Chi ha abbattuto il Muro?
Il Pd ha celebrato i trent’anni della caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989) con uno stravagante tweet: la foto dei ragazzi tedeschi all’assalto del Muro con le mazze, e sotto la scritta «potrete costruire muri, ci troverete ad abbatterli». Più misteriosa della Stele di Rosetta: d’accordo, nessuno nel Pd ha costruito muri, ma tantomeno ne ha abbattuti. E poi quel «potrete» a chi era rivolto? Il Muro è stato tirato su dai comunisti nel 1961 per impedire ai berlinesi dell’Est di passare a Ovest, cioè nell’Europa democratica e liberale. Il Pd nulla ha da spartire con gli architetti politici del Muro, quantomeno per motivi anagrafici, a parte un dettaglio: l’albero genealogico. Nato dall’unione fra ex democristiani e ex comunisti, il Pd ha avuto per fondatore e fra i suoi segretari due uomini cresciuti nel Pci (Walter Veltroni e Pierluigi Bersani). Dunque, di nuovo: quel «potrete» a chi era rivolto?
A proposito dell’anniversario della caduta, che portò in capo a due anni al cambio di nome del Pci (in Pds), alcuni superstiti di quella stagione hanno detto la loro. Beppe Vacca, ex deputato del Pci ed ex direttore dell’Istituto Gramsci, ha detto che l’Occidente non capì e non seguì la sfida proposta da Michail Gorba ëv al comunismo, nella necessità di cambiarlo. Massimo D’Alema, unico ex comunista intronato a Palazzo Chigi, ha detto che la caduta del Muro fu una liberazione poiché già negli anni Settanta i regimi comunisti manifestavano «un processo di ossificazione». Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci e primo segretario del Pds, ha detto che, durante la repressione di piazza Tienanmen (sempre di quello straordinario 1989), loro andarono sotto l’ambasciata cinese a protestare: «Se questo è il comunismo, il comunismo è morto».
Fantastico, vero? Ecco spiegato il tweet del Pd: sembrerebbe che il comunismo lo abbiano spazzato via i comunisti. Tocca ricordare a D’Alema (e a Occhetto), il quale ancora negli anni Settanta manifestava a favore di quel sesquipedale macellaio di Pol Pot, e nel ’79 fu spedito da Enrico Berlinguer a riallacciare rapporti coi comunisti cinesi, su cui Occhetto avrà l’illuminazione dieci anni più tardi, che il comunismo era ossificato da quando Lenin riempì i gulag di socialisti rivoluzionari colpevoli di non essere bolscevichi, cioè dal 1922, e da quando Stalin negli anni Trenta governò il Paese con la più sanguinaria delle oppressioni, era ossificato dalla Rivoluzione culturale di Mao, cioè il bel nome della mattanza di milioni di uomini, altro che Tienanmen. Tocca ricordare a Vacca che la sfida al comunismo non fu lanciata da Gorba ëv, che Gorba ëv mai intese indire elezioni democratiche, né nessun comunista italiano lo sollecitò, che Gorba ëv voleva salvare con qualche riforma il partito unico e totalitario, che la sfida al comunismo fu lanciata dieci, venti, trenta, cinquant’anni prima da riformisti che pagarono il loro riformismo con la morte nei campi di lavoro o fucilati o sotto i carrarmati sovietici, che la lanciò Ignazio Silone, per esempio, quando nel 1938, in Vino e pane, fece dire a un suo personaggio che i comunisti volevano abbattere il fascismo soltanto per sostituire una dittatura con un’altra, e fino a Lech Wałesa, al cui Nobel per la Pace (1983) il Pci rispose con l’irrisione, e passando per Camus, Solženicyn, Herling, Ágnes Heller e centinaia di altri, che la sfida al comunismo durò tutto il Novecento, e i comunisti italiani vi opposero sordità e crudeltà. *editorialista de La Stampa.