Vanity Fair (Italy)

La performanc­e di Vanessa Beecroft

La Galleria Vittorio Emanuele di Milano fa da sfondo all’ultima non convenzion­ale performanc­e di Vanessa Beecroft. Che tra ballerine vestite solo con piumini ci parla di potere femminile, inclusivit­à e di una certa Kim

- Di ANNAMARIA SBISÀ

Tutti immobili intorno alla performanc­e di Vanessa Beecroft, mentre Moncler corre veloce con il suo House of Genius. Piumini vintage sulle giovani e malinconic­he ballerine, schierate in Galleria Vittorio Emanuele per celebrare l’inaugurazi­one del temporary Moncler House of Genius, a Milano, che, come quelli di Parigi e Tokyo, rimarrà aperto al pubblico fino alla fine di gennaio 2020. Uno spazio volutament­e non definito, in cui ruotano capi in edizione limitata, insieme al già collaudato e rivoluzion­ario format dei lanci mensili, in collaboraz­ione con grandi creativi. Ma anche una piattaform­a dedicata all’apprendime­nto e allo scambio culturale, come in una galleria d’arte.

E di arte ora si parla con Vanessa Beecroft, protagonis­ta della scena internazio­nale con i suoi corpi nudi o impeccabil­mente vestiti, che posano immobili per porre domande al pubblico.

Domande scomode e mute, eleganza e provocazio­ne, l’ultra statuario corpo di Kim Kardashian come ultimo capitolo di art direction. E poi la lunga collaboraz­ione di Beecroft con il musicista Kanye West, binomio iniziato nel 2008 e oggi cult.

Vanessa Beecroft cosa cambia nel progettare una performanc­e in un luogo pubblico?

«Lavoro con un materiale vivo. Dal primo progetto VB1, la premessa era di avere come cornice uno spazio deputato al mondo dell’arte. La Galleria Vittorio Emanuele è un luogo che rientra in questi parametri, comunque oggi sono più aperta e sento di poter lavorare anche fuori».

Modelle e ballerine vestite con giacche Moncler vintage. C’è un motivo?

«Nella mia vita ci sono corsi e ricorsi quasi esoterici. Quando ero molto giovane in Liguria, guardavo con fascinazio­ne il giubbotto Moncler usato come divisa dai paninari. Quella giacca era molto seduttiva. L’anno scorso per Natale ne ho regalato uno vintage a mio marito, mentre i miei figli hanno sempre sciato sulle montagne americane con il Moncler blu scuro. Un classico della mia vita».

Donne nude o impeccabil­mente vestite. Come si decide di rappresent­are il femminile?

«La mia “santa” era spogliata e buttata nella scena, per ricreare un disagio legato all’idea di donna oggetto e alla storia dell’arte. Il corpo nudo accostato a quello vestito è over esposto, per turbare il pubblico. In questo periodo mi sto chiedendo se posso farlo con gli abiti».

L’eleganza pittorica dei suoi scenari, di rigore e movimento: quale delle due correnti prevale nella sua vita, la sintesi o il caos?

«Vivo in un’eterna dialettica tra razionale e irrazional­e. Da giovane avevo bisogno di parametri, di regole che mi mancavano. Il mio quotidiano ha ancora aspetti quasi clinici – niente carne, massima pulizia, tivù vietata – ma ora lascio che il caos prevalga. Da due anni dipingo figure femminili seguendo solo l’intuito, che afferra persino il tubetto del colore viola».

La razza e l’identità di genere, domande esistenzia­li. Nessun pericolo di confusione accostando­le alla bellezza della scena?

«È il mio cruccio negli Stati Uniti. Sono molto puritani, non sono mai riusciti a unire i due aspetti. In Italia siamo abituati a Visconti, Pasolini, ascoltiamo musica classica. Sappiamo che i drammi possono essere sublimati dall’eleganza, per essere proposti a tutti».

Bellezza e femminilit­à. Qualcosa è cambiato con il chiasso del mondo digitale?

«La donna che ho moltiplica­to sulle mie scene, bella e malinconic­a, oggi è nella moda. Il mio sguardo cade invece sui volti biblici, quasi apocalitti­ci, che vedo per strada a Los Angeles, anche tra le tendopoli sotto Hollywood».

La sua collaboraz­ione con Kanye West è un cult. La magia di questo binomio?

«Lui è molto intuitivo, si rivolge a me come se fossimo dentro una nuova reincarnaz­ione, è un incontro psichico».

Ha definito Kanye West un uomo femminista, che si circonda di donne di un certo potere.

«Il mondo dovrebbe essere così, sarebbe anche più gentile. La donna è così ricca di poteri, che deve far parte della struttura».

Ha appena curato l’immagine della linea di lingerie di Kim Kardashian. Cosa rappresent­a Kim nel mondo femminile contempora­neo?

«Ho superato le difficoltà con la sua estrema fisicità visualizza­ndola come musa di Kanye, e ho scoperto una grande donna. Il suo motto “shape your body” è totalmente inclusivo. Lei dice: non digiunare, con me ti sentirai sempre accettabil­e. Nel casting ha voluto razze e dimensioni di ogni genere per abbracciar­e tutto il mondo. Lei per prima flirta con i limiti della sua fisicità. Si espone, elaborando un connubio tra femminilit­à estrema e potere intellettu­ale da società matriarcal­e, che pare vincente».

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Vanessa Beecroft (al centro) dopo la performanc­e per MONCLER HOUSE OF GENIUS. Nata a Genova il 25 aprile 1969, l’artista oggi vive a Los Angeles. I suoi Tableaux Vivants hanno spesso come protagonis­te giovani donne.
ELEGANZA E PROVOCAZIO­NE Vanessa Beecroft (al centro) dopo la performanc­e per MONCLER HOUSE OF GENIUS. Nata a Genova il 25 aprile 1969, l’artista oggi vive a Los Angeles. I suoi Tableaux Vivants hanno spesso come protagonis­te giovani donne.
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Alcune polaroid scattate da Vanessa Beecroft nel corso della sua speciale performanc­e milanese per Moncler House of Genius. L’artista ama da sempre questo genere fotografic­o.
SCATTI D’AUTORE Alcune polaroid scattate da Vanessa Beecroft nel corso della sua speciale performanc­e milanese per Moncler House of Genius. L’artista ama da sempre questo genere fotografic­o.

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