Vanity Fair (Italy)

La Buonanotte di Luca Dini

- di LUCA DINI * ANTONINA BRUSCA *Direttore Editoriale Condé Nast

Sicilia, novembre 1936. Con un fiore in mano Giuseppina corse in braccio a Michela, la Mamma, che la prese in braccio e la riempì di baci. «Mamma mamma, il fiore è per la sorellina, lo poggiamo sulla tua pancia perché lei è nascosta». Michela sorrise. «Non siamo certi che sarà una bambina, ma di sicuro sente quanto le vogliamo bene. A giorni nascerà e faremo una grande festa». Giuseppina fece appena in tempo a varcare la porta che fu tirata su in un abbraccio da Papà Gerlando, tornato in congedo dalla caserma per gli ultimi giorni di attesa: «Non potevo stare lontano dalla mia piccolina. Adesso però Giuseppina devi dormire. Vai da Zia Angela, ti racconterà la storia di Cecino». «Non voglio dormire papà, voglio stare con te e con la mamma». «Se non dormi resterai piccola come Cecino e non potrai fare le cose belle che fanno le bambine grandi: salire su Marietto l’asinello e andare in cima alla collina dei girasoli con la sorellina. Correrete tra i fiori, libere nel vento, e la magia dei girasoli vi farà passare tutte le tristezze». «Ma perché, papà, i girasoli sono streghe?». «No, sono fate buone». «Allora vado a dormire e divento grande». Angela, la Zia donna bambina di nemmeno diciott’anni, la prese per mano e la portò con sé.

Arrivò il giorno di San Martino. Il sole riscaldava ancora. Michela con le sorelle ricamava api e farfalle su un lenzuolino. A un tratto, si afferrò la pancia e sussurrò: «Ci siamo». In un attimo si passò dalla quiete alla frenesia. Michela venne portata sul letto matrimonia­le. Fu mandata a chiamare la donna che aveva fatto nascere tutti i bimbi del paese: quando arrivò, Gerlando fu fatto uscire dalla stanza. Dopo un tempo che sembrò una vita nacque una bambina che i genitori chiamarono Aloisia. Michela guardava felice la sua seconda figlia. Le mani del marito e di Giuseppina si intrecciar­ono alle sue, nell’abbraccio d’amore della famiglia che cresceva. Poi Michela chiuse gli occhi per riposarsi.

Passò qualche ora, la bambina doveva essere allattata ma Michela non si svegliava. Gli occhi chiusi, priva di forze, immobile tranne le labbra che bisbigliav­ano: «Non lasciate sole le mie bambine». Un sudore freddo la imperlava. Mentre le sorelle trovavano una balia per Aloisia, che piangeva, Gerlando preoccupat­issimo andò a chiamare il medico. La porta si chiuse, il dottore restò solo con Michela. Quando infine uscì, il medico era cupo in volto. «C’è una complicazi­one, è molto fragile, le ho dato una medicina ma non sono sicuro che fermerà l’infezione». Gerlando si chiuse qualche minuto da solo nella stanza dove Michela di solito ricamava. Ne uscì distrutto. Accarezzò i capelli di Giuseppina e andò al capezzale della moglie a pregare. Non si allontanav­a mai, così pure Angela, che gli dava il cambio per poche ore di sonno.

A sedici giorni dalla nascita di Aloisia, in un pomeriggio di vento, la vita di Michela si spense. Giuseppina cercava la Mamma, che non poteva più risponderl­e. Era uno strazio vedere un giovane uomo inerme e due bambine sole. Erano i giorni del dolore: si parlava poco, si mangiava meno. Poi Gerlando dovette tornare in caserma e si raccomandò con Angela che riempisse di amore le due creaturine.

Passarono le settimane e i mesi. Le bambine si legarono sempre più alla Zia, e lei a loro. Dalla tristezza di Gerlando nacque un sentimento verso la giovane sorella della moglie perduta. Sentimento ricambiato. Poco tempo dopo si sposarono, e la famiglia si ricompose. Angela non si separava dalle bambine: non avrebbe mai affidato a un’estranea le figlie della sua Michela, spiegò alle altre sorelle. Così Giuseppina e Aloisia crebbero nell’amore di una Zia Mamma, donna bambina. Per mano a lei salivano sulla collina dei girasoli, con lei correvano, cantavano e si buttavano a terra, stremate. Sempre insieme nei giorni della guerra, quando con poco si giocava anche tra i bombardame­nti e le paure. Sempre insieme quando le bambine diventaron­o due bellissime ragazze e poi donne e Angela, l’ex donna bambina, diventò la mia cara Nonna, e al loro trio mi unii io che, a mia volta, fui tanto amata.

Mi piace ricordarle sempre insieme. Il calore degli abbracci, la complicità delle risate. Io sono nata in un tempo diverso, ma loro non sono state solo le persone che ho amato di più. Sono state anche le mie migliori amiche, donne speciali: oggi le chiamerei donne irregolari. Ormai non ci sono da un pezzo, i girasoli però sono sempre lì, a far rivivere nella magia le bambine di un tempo finito.

A Mamma Aloisia, Zia Giuseppina e Nonna Angela.

C’è poco da dire, anzi niente, se non che mi ha commosso, e spero commuova anche voi.

Grazie del regalo prezioso, Antonina.

E buonanotte.

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