FABIO TROIANO Nato due volte, per recitare
Lasciare gli studi in Architettura per un’incerta carriera da attore è stata per Fabio Troiano una scelta importante e non sempre facile, ma che gli ha dato la vitalità tipica di chi realizza i propri sogni
Maurizio torna a casa, a Foligno, per il funerale della madre. Sono passati anni da quando è partito. Allora era una ragazza e si chiamava Teresa. Oggi ha la barba e, anche se la carta di identità lo identifica ancora come donna, è diventato uomo. L’uomo in questione è il 45enne Fabio Troiano, protagonista di Nati 2 volte di Pierluigi Di Lallo, al cinema dal 28 novembre. Fabio è reduce da una vacanza a New York con Eleonora Pedron, la ex Miss Italia al suo fianco da qualche mese. In pausa fra una replica e l’altra della Camera azzurra, spettacolo tratto da Georges Simenon, sta leggendo un post: «Ascolti quello che ha scritto Alessandro Borghese: “In aereo durante una turbolenza le ho detto: ci spostiamo? Lei ha capito: ci sposiamo? Non mi potevo più tirare indietro”. Ma queste battute sono rubate dal Giorno + bello, un film che ho girato con Violante Placido!».
Un plagio, insomma. E un’occasione per parlare di matrimonio...
«Oddio, no. I miei genitori sono legati da anni e io credo nel matrimonio inteso come la famiglia che ti crei, non come vincolo di un pezzo di carta».
La sua compagna ha due figli. Come vive la situazione?
«Ammiro il suo modo di gestire i figli, così presente, così mamma. È un lato di Eleonora che mi piace molto».
A partire da Violante Placido, lei ha sempre avuto donne molto belle. L’aspetto conta?
«Sì mi piacciono le belle donne, ma non sa quanti no ho ricevuto. Sono abbastanza imbranato nell’approccio».
E nel momento dell’addio?
«È difficile lasciare qualcuno, ci sono abitudini che devi rompere, un dolore».
Interpretare Maurizio, invece, quanto è stato difficile?
«Ho parlato con persone che hanno fatto la transizione ed è un percorso faticoso, ti costringe a rinunce, prima su tutte la sessualità: non avrai mai più quel piacere che provi con il tuo organo genitale. Perciò, se decidi di farlo è perché hai una spinta fortissima. Succede di nascere in un corpo sbagliato, ti guardi allo specchio e non ti riconosci».
Quanto peserebbe per lei la rinuncia alla sessualità?
«Il sesso è un termometro della salute della relazione. Non ne potrei prescindere. Come una torta: può essere bella quanto vuoi, ma se non c’è lo zucchero quando la mangi fa schifo».
Il problema della transizione riguarda anche il rapporto con gli altri.
«E il rischio di essere vittima di bullismo. Eppure, chi fa la transizione ha una grandissima vitalità, perché finalmente può essere quello che dentro è sempre stato e nessuno ha mai accettato».
Nel film recita anche Vittoria Schisano, che questa transizione l’ha fatta davvero.
«Noi ci svegliamo la mattina abbrutiti, lei è travolgente. Il fatto è che viviamo in un mondo in cui ci dà fastidio la felicità dell’altro».
Invidiosi?
«Sì, altrimenti perché vittimizzare una persona che fa la transizione? Forse perché noi non abbiamo il coraggio di fare cose molto più piccole».
Lei è mai «nato 2 volte»? Qual è stata la sua trasformazione più importante?
«Scegliere questo lavoro. Studiavo Architettura e lasciare il certo per l’incerto non è da tutti».
Nella sua filmografia ci sono molti personaggi gay.
«Sì, in commedia. Ho fatto coppia gay con Dino Abbrescia in Cado dalle nubi di Zalone e in Non c’è 2 senza te. E avevo un amore omosessuale nella serie Amore pensaci tu».
Come ha affrontato questi ruoli?
«Temevo di sbagliare: non volevo mancare di rispetto, perché in genere si tende a fare la macchietta. Anche per Nati 2 volte mi sono detto: io di femminile nell’aspetto non ho nulla. Poi ho guardato in Rete persone che hanno fatto la transizione FtM (da donna a uomo, ndr) e vengono fuori immagini molto virili».
Il film nasce da una storia vera?
«Maurizio esiste, è primario nell’ospedale di Pescara. E ha detto al regista, che è suo amico: “Ma vuoi mettere che io tutte le mattine mi faccio la barba?”. Quando l’esigenza è così forte, anche un particolare come la barba conta».
Questo primario ha problemi nella comunità?
«No, ma il nodo centrale del film è essere accettati».
Anche dal punto di vista burocratico.
«Luxuria mi ha detto: “Quando sul documento era scritto ancora Vladimiro, facevo fatica. Mi dicevano: fai venire tuo
fratello”. La burocrazia crea problemi e ti emargina».
Lei ha girato un corto contro la violenza sulle donne, ha scritto un film sul bullismo...
«Faccio un mestiere in cui ho la responsabilità anche di far parlare di certi problemi».
Questo film farebbe parlare anche di più se andasse in tv.
«Lo vorrei in prima serata su Raiuno. La gente deve sapere. Non bastano trasmissioni e approfondimenti».
La fiction colpisce di più, come nel caso di Vittoria Schisano, nel cast di Un posto al sole.
«Così arrivi in più case. Se c’è una trasmissione su un tema importante, chi non è interessato cambia canale. Se invece il tema è inserito in una fiction, ci si cade dentro».
E il teatro? Come va la tournée della Camera azzurra?
«All’inizio, in scena, Irene Ferri mi dice: “Mi ami, Tony?”. E io rispondo: “Penso di sì”. La gente su quella battuta ride sempre: mi ha dato una identità da commedia, anche se lo spettacolo è tragico».
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