Guerra ai machi
«Lo stupratore sei tu». Hanno iniziato a scandirlo, cantarlo, marciarlo, ballarlo, centinaia di ragazze del collettivo cileno Las Tesis il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Erano vestite come Myss Keta, anche se probabilmente non sanno chi sia: segno che in modo sottile e inesorabile, che lo si faccia urlando o cantando, la consapevolezza che il dominio maschile sulle donne abbia ormai i giorni contati attraversa il mondo, si veste degli stessi colori, gioca con le stesse maschere e pretende le stesse rose.
In Cile, dove stiamo assistendo a una sistematica violazione dei diritti umani, non solo i collettivi femministi denunciano le violenze contro le donne che manifestano da parte delle forze dell’ordine, lo fa anche Amnesty International. C’è un rapporto durissimo che parla di repressione, pestaggi, stupri e torture per dissuadere le manifestanti a partecipare alle proteste. Ci sono state anche due morti misteriose, due donne «trovate uccise»: dopo Daniela Carrasco, l’artista di strada conosciuta come «el Mimo» trovata impiccata alla periferia di Santiago, la fotografa Albertina Martinez Burgos, pugnalata nel suo appartamento.
Ma guardate il video intitolato Un violador en tu camino. Lo stanno replicando ovunque in America Latina e in Europa e domenica 8 dicembre alle due del pomeriggio ci sarà un flashmob organizzato dal movimento Non una di meno anche a Milano, in piazza Duomo.
Guardatelo subito: è impossibile non sentirsi coinvolti. Perché ogni donna ha incontrato uno stupratore sul suo cammino, anche se non è stata picchiata o violentata, come in Italia succede ogni quarto d’ora, quasi sempre da mani conosciute.
Lo stupratore a volte picchia e violenta, a volte, con la sua ignavia, con la sua paraculaggine, con la sua indifferenza, con la sua pigrizia, si limita ad approfittarsi delle donne: del loro lavoro, del loro amore, del loro tempo. Il testo scandito nel flashmob cileno quando parla di «Stato macho e oppressore» parla anche di noi. Uno Stato giusto e non patriarcale le donne le difende non solo nei tribunali, quando le difende, ma si occupa del loro lavoro, della loro libertà, dei loro diritti, di ogni aspetto della loro vita, dal prezzo degli assorbenti alla parità di salario. Non capire che la condizione femminile, il lavoro femminile, il ruolo femminile nella società vanno in ogni modo difesi, rilanciati e ripensati per ripensare e rilanciare la società stessa, non è solo miope ma è colpevole.
Come dice Lilli Gruber nel suo ultimo, lucidissimo libro intitolato Basta!: «Pace a tutti gli uomini di buona volontà ma guerra agli altri, perché ne abbiamo abbastanza di aggressioni scioviniste sul web, risse, stupri, omicidi, ne abbiamo abbastanza del machismo al potere».