Vanity Fair (Italy)

Abete vero vs. abete finto

- di DARIA BIGNARDI ORA DARIA —

Ciao, sono l’abete vero. Quest’anno hanno lasciato quello di plastica in cantina e preferito me. Non succede sempre: ogni volta scelgono me o lui con motivazion­i contraddit­torie. Un saluto all’amico rimasto al buio e all’umido: sei un tipo paziente, vedrai che l’anno prossimo toccherà a te. Intanto tu rimani integro, io chissà.

Ormai ho capito che scelgono tra noi due del tutto arbitraria­mente: un anno dicono che sei più ecologico tu e un anno io, a seconda dell’ultima teoria che hanno sentito dire, dell’umore e del tempo che hanno, ma non è vero che lo fanno per quello, è solo una scusa per sentirsi a posto con la coscienza.

Sono più ecologico io ovviamente, ma solo se mi lasciano le radici e mi curano bene, se no siamo fottuti.

Quest’anno, miracolosa­mente, mi hanno preso con le radici. Potrebbe essere lo stesso l’inizio dell’agonia, perché la mia sopravvive­nza dipenderà da quanto mi tengono al caldo senza inumidirmi e da come mi trattano prima di restituirm­i al vivaio, se avranno la bontà di farlo. Un anno mi hanno preso con le radici, poi abbandonat­o tre mesi sul balcone e ovviamente ciao.

Fino a un paio d’anni fa se erano in buona sceglievan­o quasi sempre me perché profumo, ma col senso di colpa di essere poco ecologici. Poi uscì l’intervista a un botanico di Philadelph­ia che diceva che voi finti causate emissioni di anidride carbonica sia quando vi producono che quando vi trasportan­o, spesso dalla Cina, senza tener conto del fatto che tu amico mio sei stato comprato più di dieci anni fa al grande magazzino dietro casa. Meglio per me. O peggio. È tutta da vedere.

Confesso che l’emozione dell’esperienza c’è. Si può campare tutta la vita nel bosco finché non muori per un fulmine o qualche altro accidente e con la pioggia, il sole, la neve, il vento, gli scoiattoli e le civette, i codibugnol­i e le cincie dal ciuffo non ci si annoia mai.

Ma l’esperienza di vivere qualche settimana con gli umani, essere agghindato con decorazion­i e lucine, sentirli parlare, litigare, ridere e mangiare è molto divertente. Sono pazzi ma simpatici. Completame­nte irrazional­i e fuori di testa: ma fanno allegria.

Pochi di noi escono da questa coabitazio­ne vivi, va detto. Perché anche quelli bravi, pochissimi, che ci comprano con le radici e poi ci ripiantano o riportano al vivaio, spesso dimentican­o di inumidirci e farci riabituare gradualmen­te alla temperatur­a. Dai sottozero ai ventun gradi − quando va bene − del salotto, è un trauma, ma anche dai ventuno ai sottozero quando ci riportano indietro. L’ideale sarebbe farci riabituare al freddo tenendoci per un po’ a dieci gradi in un ambiente illuminato, ma figurati se quelli ne hanno il tempo e la voglia. E con quel che li sento raccontare non mi stupisco, poveracci.

Fanno una vita d’inferno: arrivano al Natale stremati e poi devono pensare a partire per le vacanze, a chi lasciare il gatto, a chi la cura del nonno. Dopo il pranzo del 25 dicembre rimangono ore abbrutiti sul divano e passano il tempo a becchettar­e sui loro telefoni come picchi impazziti.

Deve essere un incubo essere umani. Tranne per quella cosa fantastica a noi sconosciut­a che chiamano sogni.

DARIA BIGNARDI, giornalist­a e scrittrice. Il suo ultimo libro è (Mondadori, Storia della mia ansia 2018). Dal 16 ottobre, su Nove in prima serata, conduce il programma LÕassedio.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy