CHE COSA DICE IL MEDICO
Pause di 10 minuti ogni ora, piedi sollevati da terra e luce ben inclinata
ostretti a sviluppare il cosiddetto «home working», in molti si sono arrabattati nell’allestire uno spazio dove poter lavorare in casa. Qualcuno lo fa dal divano, magari addirittura sdraiato sul letto. Se tutto questo poteva andare bene per i tempi lunghi, ma comunque limitati, della quarantena, non può diventare la prassi e qualche accorgimento bisognerà pur metterlo in atto, per non incorrere in problemi di salute, che possono poi diventare seri. Quanto fa male alla schiena lavorare stravaccati sulla poltrona? Quanto fa male agli occhi avere un’illuminazione sbagliata? Quanto danneggia la circolazione stare seduti nella stessa posizione per ore e ore? Patologie della colonna vertebrale, disturbi della vista, problemi neurologici e tunnel carpale sono lì pronti, in agguato. A rispondere è Vittorio Agnoletto: medico, conosciuto dai più per essere uno dei massimi esperti europei in tema di Aids, ha una specializzazione in Medicina del lavoro e ormai da anni partecipa alle commissioni sull’invalidità dell’Inps: «Anche a casa bisognerebbe stare attenti ad alcune regole importanti: il computer, per esempio, dovrebbe essere sempre messo perpendicolare rispetto alla fonte di luce, che non deve riflettere sullo schermo né arrivare diretta sugli occhi. Poi, c’è sicuramente un problema di postura: inutile dire che la schiena dovrebbe essere eretta e i piedi andrebbero sollevati da terra, appoggiati su una piccola pedana».
CQuanto è importante lo schermo su cui si lavora?
«Guardando un tablet o uno smartphone teniamo il collo inevitabilmente piegato in avanti e, a lungo andare, può essere problematico per la cervicale.
A sinistra, Ascent di Daniel Rybakken può avere numerosi gradi di intensità luminosa,
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Sotto, il portatile Envy15 con telaio in alluminio eì tastiera all-in-one, (da 1.499 €).
LUCEPLAN
Sarebbe meglio avere un desktop o comunque un computer portatile da appoggiare però su un tavolo, mai tenerlo sulle ginocchia e, in ogni caso, dovremmo mantenere almeno mezzo metro di distanza dallo schermo, quanto le braccia tese. Stare troppo davanti a uno schermo non fa bene ed è per questo che ci sarebbero delle pause da rispettare: almeno 10 minuti ogni ora, alzandosi, distogliendo lo sguardo da qualsiasi supporto informatico».
Ma lo stare a casa non ci permetterebbe proprio una migliore gestione del tempo?
«Da un certo punto di vista sì, dall’altro sento sempre più spesso gente che finisce per lavorare dopo cena, quando magari ha messo a letto i figli, quando tutto il resto è sistemato. Stare al computer prima di andare a dormire produce non pochi problemi di insonnia. Un abuso del computer porta irrequietezza e irascibilità».
Ma se le persone lavoreranno sempre più da casa, chi controllerà come si sono organizzate?
«Fino a ora ci si è concentrati sulla formazione: il medico formava i dipendenti, che poi, in casa propria, si autogestivano, si spera con responsabilità. Le aziende intanto, al loro interno, per i propri lavoratori, sono state tenute a fare periodicamente una valutazione dello stress lavoro-correlato e probabilmente presto dovranno organizzarsi per fare le stesse indagini sui dipendenti che sono in smart working, per capire quali problemi possono esserci. Fino a ora era impensabile, anche per una banale questione di privacy, che il medico del lavoro mandato dall’azienda potesse entrare in casa del dipendente, adesso chissà, magari si riscriveranno delle regole».