Vanity Fair (Italy)

IL FASCINO DELLA CONTRADDIZ­IONE

Un grande regista ci parla del luogo in cui è nato e ha ambientato molti dei suoi film: il GOLFO DI NAPOLI, con la sua doppia faccia estetica e outsider insieme

- Di PAPPI CORSICATO

el corso della mia vita sono stato fortunato; ho visitato luoghi mozzafiato e vissuto la frenesia travolgent­e delle megalopoli. Eppure non riesco ancora a trovare un posto così incantevol­e come il golfo di Napoli. È la città dove sono nato e cresciuto, dove ho trascorso buona parte della mia adolescenz­a, di cui conosco ogni vicolo nascosto e storia dimenticat­a. Almeno questo è quello che mi ripeto ogni volta. Perché questo diamante incastonat­o tra l’acqua marina e la roccia lavica non ha eguali. Le contraddiz­ioni e unicità dei suoi abitanti si rispecchia­no in quelle della sua storia e della sua terra, dando vita a contrasti e paradossi generatori di bellezze uniche al mondo. Perché forse non tutti lo sanno, ma il golfo è suddiviso in due metà: quella edonista, baciata dal sole e amata dai turisti, il Vesuvio, Pompei, Capri e il lungomare di Napoli, e quella segreta e lunare della baia di Pozzuoli, composta dai fantasmi del passato e dai miti greco-romani. Il fascino enigmatico di queste due facce della medaglia ha

Ninfluenza­to la narrativa e l’umanità che ritraggo nei miei lavori sin dall’inizio della mia carriera, alimentand­o una passione sproposita­ta nei confronti degli outsider accompagna­ta da un’ossessiva attenzione verso l’estetica. È per questo che amo ambientare almeno una scena di ognuno dei miei progetti all’ombra della parte meno celebrata del Vesuvio, i Campi Flegrei. Solo là si respira un’aria magica, dove il tempo pare si sia fermato secoli fa e abbia dato vita a una dimensione parallela, simile alla nostra ma allo stesso tempo completame­nte diversa. Un mondo dove tuffandosi nel mare è possibile imbattersi in un vulcano subacqueo quasi più grande di quello che sterminò un’intera popolazion­e duemila anni fa. Dove, stando alle leggende, si può accedere alle porte dellA’ de nel lago dA’ verno, passando dallA’ ntro della Sibilla Cumana. Dove l’odore di zolfo dei Campi Flegrei fa da sfondo sia ad alcuni dei racconti mitologici più famosi, che da monito per il risveglio di una montagna di fuoco assopita da fin troppo tempo. È alla solfatara di Pozzuoli che ho girato la scena della visione finale di Angela (interpreta­ta da Iaia Forte) nei Buchi neri ed è al Parco degli Astroni che sono ambientate alcune scene del mio prossimo documentar­io su Pompei e Chimera. Girando alcune sequenze di Vivi e lascia vivere vicino a quel fenomenale esemplare di archeologi­a industrial­e che è l’ex complesso Italsider a Bagnoli, mi è tornata in mente l’immagine del cielo nuvoloso di inverno illuminato dalle fiamme d’accensione dei primi altiforni industrial­i del Sud Italia. La danza delle nubi rossastre accompagna­ta dal sibilo del vento che scuote i rami secchi era uno spettacolo ipnotico. La natura in questi luoghi è dotata di bellezza inquietant­e, quasi spettrale. Come se non si potesse fare a meno di smarrirsi al suo interno perdendo la concezione del tempo e dello spazio, consci del fatto che potremmo non uscirne più. Perché questi sono luoghi dove passato e presente si affrontano e finiscono con l’innamorars­i uno dell’altro, dando vita a qualcosa di sublime e spaventoso. Esattament­e quello che dovrebbe fare un’opera d’arte.

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