Vanity Fair (Italy)

LA PASSIONE VUOLE TEMPO

Anche quella per una città come VENEZIA. Piccola storia di un colpo di fulmine mancato che poi è diventato un grande sentimento. Complice una notte di luna piena

- Di ALBERTO BARBERA

enezia anche per noi, che veniamo dalla campagna, con il sole in piazza rare volte, e il resto è pioggia che ci bagna (mi auguro che Paolo Conte non me ne voglia, se utilizzo in maniera infedele uno dei suoi bellissimi versi), Venezia, dicevo, non è un’idea come un’altra, a differenza di Genova. Non fosse altro perché è unica e irripetibi­le, nonostante i numerosi tentativi d’imitazione o di replica. Se pare impossibil­e sfuggire alla sindrome di Stendhal che coglie il visitatore alla vista della sua incomparab­ile bellezza, è pur vero che l’eccesso di tanto crudele splendore può generare in alcuni l’effetto opposto: un moto di rifiuto inconsapev­ole, una temporanea cecità indotta, per così dire, un gesto estremo di autodifesa per non esserne travolti e restarne impietriti. Il rischio esiste. Avversione al posto dell’amore, disinteres­se in luogo dell’attrazione. Avevo trent’anni la prima volta che ci ho messo piede, da turista impreparat­o. Stupore, e molta reticenza a lasciarsi conquistar­e del tutto, anche per via dell’apparenza di parco a tema (in crescita, con l’incremento esponenzia­le del turismo di massa). Partita sospesa, rinviata a data da destinarsi. Ci sono tornato diciotto anni più tardi, come Direttore della Mostra del Cinema. Venuto per restarci, il mio permesso di soggiorno si esaurì dopo soli tre anni, senza che nel frattempo fossi mai riuscito neppure a scalfire l’impenetrab­ile coltre di acqua, luce e marmi che ne proteggono da sempre il fascino immenso e misterioso. Come un amante respinto, ne avevo conservato un ricordo intriso di amarezza e spirito di rivincita. Un nuovo rinvio, apparentem­ente sine die. E invece, tredici anni dopo, il colpo di fulmine: autentico, fatale e definitivo. Per scacciare il maleficio, servì la congiunzio­ne casuale di tre elementi: il calore di una notte d’estate, la luna piena sulla città deserta nell’ora antelucana, e l’estasi amorosa di un legame sentimenta­le ai blocchi di partenza. La magia era compiuta, l’incanto radicato per sempre.

Da allora, fine dei dubbi. Nessuna città al mondo (ne ho visitate e amate tante) ha inciso in me un’impression­e altrettant­o profonda di quella provata in quel momento. Venezia è unica nella sua magia priva di eguali. Venezia è anche la conferma che tutti i luoghi comuni che aleggiano su di lei possiedono un fondo di verità: la città degli innamorati, popolata da fantasmi più che da esseri umani, avvolta in una luce singolare che non esiste da nessun’altra parte. Se non avete mai visto un tramonto a Venezia – meglio se dalla riva del Lido che costeggia la laguna, punto di osservazio­ne privilegia­to per osservare lo skyline della città con i suoi campanili un po’ sghembi sullo sfondo infuocato del cielo – non potete capire che cosa intendo

Vdire. Sostengono i sensitivi (ma ho il sospetto che qualche fisico quantistic­o sia disposto ad avallare la teoria) che dopo la morte di un essere vivente, o la conclusion­e di un grande evento storico, permanga nel luogo da esso frequentat­o una forma di energia inesauribi­le, che si percepisce anche a distanza di tempo. Provate a perdervi per le calli poco frequentat­e dai turisti – esiste una Venezia che nessun cinese o giapponese ha mai visto nelle 24 ore trascorse in laguna – e poi ditemi se non vi siete sentiti trasportat­i indietro di qualche secolo, quando Venezia era la dominatric­e del Mediterran­eo orientale. O se, saliti su un motoscafo che percorre il Canal Grande, non avvertite la presenza della moltitudin­e di divi che vi hanno preceduto, alimentand­o da decenni il glamour inarrivabi­le della Mostra del Cinema.

La macchina del tempo non è l’invenzione di uno scrittore di fine ottocento. Esiste da sempre. Si chiama Venezia.

CINEFILO

Alberto Barbera, 70 anni, è nato a Biella. Dal 2011 è Direttore della Mostra del Cinema di Venezia (che quest’anno si terrà dal 2 al 12 settembre). Nel 2004 è stato nominato direttore del Museo nazionale del Cinema di Torino.

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