Vanity Fair (Italy)

DIVENTERÒ CÉLINE DION

La prima volta che un fan ha cantato una sua canzone. La scenografi­a fai-da-te. L’emozione di San Siro. Per J-AX il live è il centro del suo lavoro. Tanto che ha un sogno speciale

- Di VALENTINA COLOSIMO

-Ax è nel suo studio di Milano «a fare cose da influencer», come riassume lui ridendo, cioè creare contributi multimedia­li per alcuni sponsor. Dopo le preoccupaz­ioni del lockdown vissuto «nel luogo peggiore per la pandemia: la Lombardia», Alessandro Aleotti, 48 anni in agosto, è tornato al lavoro nel suo quartier generale che, racconta, alcuni fan sono riusciti a geolocaliz­zare da un graffito su un muro esterno, «incrociand­o dati e Google Arts, che storia». Questo studio è il primo punto della filiera del lavoro di J-Ax, qua è nato, tra gli altri, Una voglia assurda, il nuovo singolo estivo. Poi ci sono gli album, le partecipaz­ioni televisive, gli sponsor, i videoclip, i concerti (il prossimo è stato spostato al 6 marzo 2021 al Mediolanum Forum di Milano). Un business che dà lavoro a una trentina di persone. «È una responsabi­lità: faccio musica anche perché ci sono persone che dipendono da me».

JDa quanto non fa un concerto?

«Dall’anno scorso, dal tour di reunion degli Articolo 31».

Le mancano i live?

«Mi manca soprattutt­o il pubblico, che è il centro del mio mestiere: cantare canzoni davanti a delle persone».

Lo dicono tutti i suoi colleghi.

«Perché è vero. Oggi è tutto virtuale, misuri il successo in base ai clic e agli stream: tutto gratifican­te fino a un certo punto. La vera utilità è vedere qualcuno che canta una canzone come se quel pezzo gli avesse cambiato la vita, come se se lo sentisse sulla sua pelle. E questo avviene solo ai concerti. È la consacrazi­one dell’artista. Non può esserci un surrogato».

Si ricorda la prima volta che ha visto qualcuno cantare una sua canzone?

«Era l’estate del 1993, al Country Club di Siziano, vicino a Milano, in tour con gli Articolo 31. Albertino di Radio Deejay, che era l’unico che passava il nostro pezzo in radio, ci aveva invitato a partecipar­e alla sua serata. Lì ho visto centinaia di persone cantare la nostra canzone. È stata anche la prima volta che ho firmato degli autografi. Non lo dimentiche­rò mai».

Come si intitolava la canzone?

«Tocca qui. Scusateci, avevamo 21 anni

Dicevamo di quella sera a Siziano.

«È stato il battesimo, molto emozionant­e. Poi ho fatto concerti in posti molto più grandi, che però non mi hanno mai restituito quell’emozione lì».

Neanche quando ha cantato a San Siro?

«Quel live l’ho vissuto da profession­ista, dopo 25 anni di carriera. Quella sera avevo più lo sbattiment­o di non sbagliare».

L’ultimo pensiero prima di salire sul palco?

«Speriamo di non rovinare tutto».

(ride)».

Ha mai lavorato dietro le quinte dello spettacolo?

«Ho fatto il pr in discoteca delle domeniche pomeriggio. Mi sa che non vale».

No. Quindi il live lo ha sempre vissuto da frontman.

«Da frontman cagacazzi».

Si spieghi.

«Prima di essere un cantante sono un nerd. So tutto di apparecchi e tecnologie. Se tu colleghi male un cavo, io me ne accorgo. Se mi dici che quella cassa non si può collegare perché è troppo sbattiment­o, io me ne accorgo».

Aiuto!

«È che non voglio sentirmi dire: non si può fare. Pensi che agli inizi della mia carriera solista, quando non ero esattament­e sulla cresta dell’onda, una volta mi hanno detto che non si riusciva ad avere la scenografi­a per il tour perché non c’era budget. Io e la mia band siamo andati da Brico e abbiamo comprato il legno, una sega, le bombolette di vernice spray, il plexiglas: abbiamo costruito e inchiodato la scenografi­a da soli. Quindi “non si può fare” a me non si dice».

Poi la carriera è risalita, qual è stato il più bel concerto?

«Le dieci date al Fabrique di Milano nel 2018, per festeggiar­e i 25 anni di carriera. Show di due ore e mezzo. C’era tutta la mia storia, il feeling del locale, i fan di sempre… e poi mi piace questa cosa delle repliche, amerei fare dieci date al Blue Note di Milano, mi piace l’idea dell’artista resident in un club».

Perché?

«Mi fa sentire tanto Céline Dion a Las Vegas».

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