Vanity Fair (Italy)

UNA MUSICA PUÒ FARE

Le canzoni l’hanno fatta sentire meno sola, il pubblico l’ha fatta sentire compresa. Perché per LEVANTE la felicità è reale solo se condivisa. E nell’attesa di ripartire con i live, è tempo di pensare a un nuovo mondo

- Di LEVANTE

8 giugno 2020 ho scritto un comunicato per annunciare ai fan che il mio tour estivo non sarebbe partito. In realtà il primo momento lavorativa­mente doloroso di questo lockdown è arrivato quando ho appreso che non ci sarebbe stato il tour europeo, programmat­o per la metà di maggio, ma rassegnars­i all’idea di quell’annullamen­to mi era parso (seppur doloroso) più semplice.

Era così ostile e immobile il mondo fuori che non sapevamo quando saremmo ritornati a uscire di casa senza dover fare la spesa o buttare l’immondizia (il cane non ce l’ho).

Insomma questo lockdown ha arrestato il Paese, il mondo, l’economia ma, lentamente, ha arrestato anche un po’ di speranze. Le mie.

Prima di ogni apocalisse l’intenzione era quella di fare un tour muscolare, energico, molto distante dal tour negli anfiteatri dello scorso anno, ma lo sanno tutti, nel rock’n’roll il pubblico è parte attiva e questo tempo non ci concede una libertà di movimento e di contatto che tanto vorrei tornare a provare.

La paura che un mio live potesse mettere in pericolo i fan per via del contagio, l’imprevedib­ilità del virus, le condizioni in cui tutti noi avremmo viaggiato e lavorato hanno spento l’entusiasmo dell’intera crew.

Dopo una lunga riflession­e, fatta soprattutt­o di confronti, in cui, a ogni motivazion­e trovata per lasciare in pausa il live si aggiungeva il dubbio di fare la scelta giusta, ho deciso di essere coraggiosa: la musica è fatta anche di pause.

E il lavoro? La responsabi­lità di aver arrestato un tour, rimandando­lo, mi assilla giorno e notte.

La crew sa di poter contare su di me per i mancati introiti economici che comunque non sarebbero lontanamen­te simili a quelli ipotizzati per il tour pre Covid-19.

In questi interminab­ili mesi il mio impegno rispetto al «dietro le quinte» è sensibilme­nte aumentato, ritrovando­mi in tavoli di discussion­e volti a capire e risolvere la situazione emergenzia­le e la ripartenza di un settore fortemente in crisi precedente­mente al Covid-19, goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il settore musicale, dal pubblico erroneamen­te ricondotto soltanto ai volti noti della musica, conta centinaia di migliaia di lavoratori tra musicisti, autori, editori, management, tecnici specializz­ati, organizzat­ori di eventi, live club, maestranze e ancora tanti altri.

Tra loro molti sono invisibili, appartengo­no alla sfera del non emerso e non rientrano nelle mappature dell’intera filiera. Tutto questo e molto, molto altro, devono essere presi in consideraz­ione in quello che dovrà essere un nuovo modo, un nuovo

LÕmondo della musica che, per resistere oggi e rinascere domani, necessita di tutele e assistenza da parte dello Stato.

Perché, per quanto appaia divertente e leggero, questo è un mondo di lavoratori, come tutti gli altri.

Siamo stati tra i primi a fermarci e saremo sicurament­e gli ultimi a ripartire perché, per le produzioni medio-grandi, avere un tetto massimo di mille persone a spettacolo significa comunque abbracciar­e un ennesimo danno economico.

Emotivamen­te stare lontano dal palco mi fa sentire un animale in cattività. Sono nata per fare questo e di certo tornerò a farlo con più forza e maggiore passione (se mai fosse possibile).

La musica mi ha fatto sentire meno sola, il pubblico mi ha fatto sentire compresa. Al momento ho solo la prima… ma presto avrò bisogno di ritrovare il secondo.

Si dice che la felicità è reale solo se condivisa. Non ne sono certa, ma di sicuro la musica insieme a voi è il mio stato di felicità.

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