NEL REGNO DEL RAGNO
Manolo è una leggenda italiana vivente dell’arrampicata. Il suo habitat naturale sono le montagne trentine e le Pale di San Martino, «un’emozione totale»
«A 62 anni l’emozione per la “pietra” da vivere outdoor ce l’ho ancora tutta “nelle mani” e in Trentino di pareti ce ne sono talmente tante che la tentazione viene sempre. C’è una varietà unica qui, dalle Dolomiti alle falesie che scendono a picco sul Garda, che non ci si annoia mai. Oggi l’arrampicatore professionista passa quasi tutto il tempo indoor, ma quello a cui mi riferisco io va oltre lo sport… è un modo di vivere che ti fa sentire la montagna in modo diverso: ogni parete per me è come un foglio su cui ci vedo scritte cose che magari esistono solo per me e che poi mi sogno di notte. È difficile spiegare cosa spinge un arrampicatore a misurarsi con l’alta montagna nel suo grado più estremo, sapendo che ci vogliono fisico, rispetto, esperienza e che basta un piccolissimo errore per rovinare tutto.
«La montagna cambia sempre in base alle stagioni e alle condizioni meteo, non è solo un bel paesaggio: improvvisamente, come in mare, arriva la buriana e sono guai. Nella mia lunga carriera ho scoperto che buona parte delle Dolomiti più belle e affascinanti sono qui: tutto il Trentino per arrampicare è stupendo ma con le Pale di San Martino ho un legame affettivo particolare, avendoci fatto le mie prime esperienze. Sono diverse dalla Marmolada e dalle Tre Cime, ma quello che ‘cattura’ è la loro irregolarità che spacca l’orizzonte: si passa da altipiani e valloni a guglie e pareti di mille metri in un attimo, e questo ti permette di vivere la montagna e l’alpinismo in maniera totale. Lo scorso gennaio ho deciso che volevo ritentare la scalata del monte Totoga nel quarantennale della prima via aperta da me nel 1980. Non essendo più un ragazzino ero nervoso, perché non sapevo con certezza se avessi la forma giusta. Quel giorno, il 30 gennaio, le condizioni mi sembravano sufficienti ed è andata bene: è stato un piacere immenso rifarla e, come scrivevo, ogni volta è una storia diversa. D’altronde così vanno l’alpinismo e l’alta montagna».