LA BIBLIOTECA DI TESSUTI
Stampe, pezzi unici, fantasie perdute. Nell’archivio di ETRO c’è tutta la storia della moda. Il suo custode l’ha aperto per una scrittrice
L’EREDITÀ
Marco Strati lavora in Etro fin da giovanissimo. Ora è Manager of Heritage Department & Print Research.
olori, sfilate, modelle, celebrities. Eppure, la moda si fa in biblioteca: l’odore della carta, il silenzio degli scaffali. Una collezione si prepara – prima di tutto – in archivio, tra libri da sfogliare e suggestioni visive da consultare; con lo sguardo all’indietro dentro la storia, anche se a passi decisi sul terreno della contemporaneità. O almeno: così è per Etro e per Marco Strati, che lavora nella maison da quindici anni ed è Manager of Heritage Department & Print Research.
«Tutto è iniziato da una vestaglia e da un colpo di fulmine», racconta. La nonna di Gimmo Etro, fondatore della casa di moda, aveva fatto confezionare negli anni Quaranta una bellissima vestaglia utilizzando uno scialle del 1850. Il nipote, otto anni, ogni volta si impossessava di quel capo, lo indossava e sfrecciava per i corridoi con quel manto che lo vestiva fino ai piedi, come un re. Si perdeva nei mille meandri del tessuto paisley: le sue infiorescenze, le sue gocce, i percorsi infiniti, come infinita è la storia dei tessuti, fatti di trame che hanno sempre aneddoti da raccontare. Nell’archivio, che Marco Strati conosce in ogni minimo angolo, oltre ai molti volumi della biblioteca è conservata la collezione che la famiglia Etro ha raccolto in cinquant’anni di storia dell’azienda e in altrettanti di viaggi. Ci sono paramenti sacri del Settecento, kimono giapponesi, abiti dell’Ottocento e del periodo Déco. E naturalmente i preziosi scialli antichi disegno paisley, tessuto jacquard, da cui tutto è partito e che rappresentano una sorta di Dna dell’azienda. Quante volte siamo rimasti incantati a guardare i disegni cachemire, cullandoci tra le gocce ricurve, nelle suggestioni dei colori, come davanti a un caleidoscopio? Quante volte ci siamo chiesti se in quell’infinita ripetizione non si nascondesse una regola dell’universo? Quasi fossimo lì a farci raccontare attraverso gli occhi l’ennesima storia da Sherazade.
Anche se l’origine è indiana, il nome paisley viene dall’omonima città della Scozia, dove un tempo c’erano aziende tessili con centomila dipendenti e telai giganteschi con cui si dava vita al prezioso tessuto. Prima ancora di arrivare in Inghilterra, dall’Oriente la storia del tessuto passa direttamente in Francia. Napoleone, per tutelare la paternità francese della produzione, aveva imposto ai tessitori che gli scialli venissero
CCOLLEZIONI ANTICHE
L’archivio di Etro custodisce numerose raccolte di abiti: dai kimono tradizionali ad alcuni pezzi Déco e dell’Ottocento. E naturalmente fantasie paisley. firmati. Possedere uno di questi preziosi capi, che potevano costare quanto una piccola abitazione – racconta Marco Strati –, era una questione di status. In una specie di cortocircuito, ho subito immaginato le dita di Madame Bovary percorrere uno di questi tessuti; con gli occhi pieni di desiderio, ordinarlo al mercante Lheureux, forse credendo che la bellezza di quella stoffa potesse portarle finalmente l’amore.
«La mia fortuna è stata lavorare a stretto contatto con il signor Etro, la sua energia, le sue idee. Ho assorbito il più possibile da lui. Mi ritengo fortunato». Marco Strati è arrivato giovanissimo. C’era l’archivio da riorganizzare e passando le sue giornate tra disegni, pezzi unici e libri, si è appassionato al lavoro che assomiglia a un viaggio. «L’archivio è il cuore dell’azienda: è da qui che parte tutto. Quando iniziamo a lavorare su una collezione, la prima cosa che facciamo è aprire questa scatola magica». Da lì arriva sempre una nuova suggestione, una nuova strada da percorrere che non si era ancora considerata. In un angolo dell’archivio c’è una grande cassettiera di legno. Lì sono custoditi i duemila, bellissimi, disegni paisley realizzati a mano dai disegnatori francesi che da sempre collaborano con l’azienda. Per molti anni il disegnatore di fiducia è stato Maury, che aveva un archivio infinito e molti allievi, esattamente come in un atelier; o meglio ancora, come in una bottega rinascimentale. A Maury è succeduto Florent, suo allievo. Ogni anno l’azienda convoca l’artista e commissiona tra dieci e quindici disegni che verranno realizzati a mano in tecnica gouache. Ogni disegnatore, però, come ogni vero artista, ha bisogno di essere ispirato in vario modo. Sono le contaminazioni a dare la possibilità di variare la decorazione, che deve comunque essere riconoscibile. Contaminazione, connessione, mescolanza, ibridazione: dalla purezza non nasce mai niente. E allora i disegni cachemire possono fondersi con le suggestioni del circo, con il modernismo di Gaudí, con il cubismo di Delaunay, il futurismo di Depero. Ma anche con la grafica del backgammon o con quella folle e dinamica dei flipper anni Sessanta che la famiglia Etro ha acquistato da un collezionista due anni fa: leve, palline, luci in metamorfosi tra i disegni paisley. Anche i flipper fanno parte dell’archivio; come gli elaborati ricami suzani dell’Uzbekistan da cui è nato il tessuto omonimo; o i preziosi gilet del Settecento, collezionati dal grande Nureev, che sono stati comprati a un’asta organizzata nel 1994 dopo la morte dell’artista.
I disegni che arrivano da Parigi passano subito all’ufficio incisori e poi ai variantisti, che li ricolorano a seconda di quella che sarà l’applicazione del motivo. È un lavoro artistico e artigianale, nel quale ogni passo è pensato e ragionato. Nel quale tutto parte da una biblioteca e da un viaggio, e si trasforma nei mesi. Nel quale ogni capo ha una storia molto lunga da raccontare. «Ho fermato una signora sul lungolago di Arona», racconta Strati. «Aveva uno stile particolare e indossava la nostra borsa Arnica. Le ho raccontato la storia di quella borsa, lei mi ha ascoltato incantata». Così succede a ogni evento pubblico: lo stupore di chi d’un tratto si rende conto di quante intenzioni, motivazioni, evocazioni ci possono essere dietro a un cappotto, una giacca, una camicia. La trama del tessuto e la trama del racconto coincidono, al di là di ogni metafora. Ed è come indossare un intreccio di parole che ci seduce a ogni passo. ➺ Tempo di lettura: 6 minuti