NATA CON LA CAMICIA
Nel caso di ANNA LOPEZ non è solo un modo di dire: al celebre capo d’abbigliamento e alla sartoria Barba Napoli ha dedicato metà della sua esistenza. Merito, secondo lei, del destino che non l’ha voluta segretaria
a prima cosa che fa Anna Lopez, da ventun anni, entrando in azienda, è il segno della croce. È il suo gesto scaramantico per cominciare bene la giornata. «Mi ha portato fortuna il primo giorno, ho continuato a farlo», racconta con il suo inconfondibile accento campano.
Quarant’anni a settembre, due figli di sedici e undici, è una colonna portante di Barba Napoli, la camiceria sartoriale partita nel 1965 da un piccolo laboratorio nella perifera della città partenopea e ora conosciuta a livello internazionale,
LSCUOLA PARTENOPEA
Alcuni momenti di lavorazione di una camicia Barba Napoli: in media si tratta di trenta fasi per circa due ore di lavoro. grazie anche alla boutique nella prestigiosa Jermyn Street, a Londra.
Anna Lopez si occupa della distribuzione del lavoro in tutte le sue fasi: dalla stesura al taglio, dalla confezione fino al magazzino. «Per realizzare una nostra camicia ci vogliono in media due ore di lavorazione suddivise in trenta differenti fasi. Per i modelli più particolari i tempi naturalmente aumentano».
Il suo è un ruolo d’organizzazione e responsabilità, costruito passo dopo passo all’interno dell’azienda, grazie alla fiducia, dice, che hanno riposto in lei i suoi titolari: «Sono arrivata appena diplomata. Era la mia prima esperienza di lavoro. Ero emozionatissima, a pensarci ho ancora i brividi. Avevo studiato ragioneria, pensavo di fare la segretaria. E invece mi proposero il reparto confezioni. Non osai dire di no anche se non avevo idea di quello che significasse. Sapevo compilare una fattura, ma non avevo mai tenuto in mano un paio di forbici!», ricorda ridendo.
«Sono convinta che ognuno di noi abbia un destino: molto probabilmente come segretaria non avrei funzionato. E, invece, in reparto sono cresciuta tanto». Una crescita personale che è andata di pari passo con quella dell’azienda: «All’inizio eravamo una camiceria di trenta persone, ora siamo in cento, molte delle quali donne».
Se le chiedi il perché di questa prevalenza femminile, ha pochi dubbi: «Siamo più forti e organizzate, abituate a gestire diverse situazioni contemporaneamente. Io mi alzo alle 5 del mattino e comincio a correre. Arrivo in Barba alle 7.15 e ci resto, se va bene, fino alle 18.30. Torno a casa stremata ma felice, perché questo è un lavoro stimolante: ogni giorno è diverso dal precedente».
Il segreto per arrivare a una funzione di coordinamento partendo da zero, secondo lei sta nel carattere ma anche nella capacità di «rubare il lavoro» ai colleghi esperti: «Lo dico sempre ai ragazzi che arrivano qui dalla scuola: frequentare un corso di taglio e cucito può aiutare ma la professione, ancora oggi, s’impara sul campo. Bisogna osservare attentamente gli artigiani esperti e carpire da loro i segreti del mestiere. Ci vuole curiosità. Ma anche tanta umiltà e pazienza, perché per vedere i risultati della propria fatica è necessario del tempo. E poi, da ultimo, ma fondamentale, ci vuole passione: non si può pensare solo al fattore materiale. Creare una camicia è quasi un gesto artistico».
Inutile chiederle se rifarebbe tutto da capo: «Certo! Non altre mille volte perché non sono eterna. Se vuole sapere tuttavia dove mi vedo tra dieci anni, le rispondo sempre qui, perché ho ancora tanto da imparare».